Fanghi e profumi

Una delle ultime tendenze nel mondo della cosmetica è l’utilizzo sempre più diffuse di prodotti in ambito skin-care che sono very e propri fanghi da applicarsi sulla pelle con proprietà miracolose e ringiovanenti. Questa corrente arriva dal Nord Europa e dai paesi asiatici, dove importanti players come Josie Maran hanno elaborato nuove linee di maschere con proprietà idratanti e nutrienti grazie all’attività di particolari attivi contenuti nei diversi fanghi delle linea; la grande casa coreana Missha ha puntato sull’uscita nel mercato conlinee contenenti i fanghi del vulcano Rotorua in Nuova Zelanda, in grado di controllare e regolare la secrezione del sebo a livello cutaneo. Anche un colosso come L’Oreal ha deciso di puntare sul lancio di maschere purificanti e detox con la presenza di fanghi particolari. A livello olfattivo rendere l’idea del fango con una fragranza è un impresa difficile e stimolante in quanto non esistono nell’organo che comunemente un profumiere utilizza una materia prima con una caratteristico odore di fango, sempre che lo stesso abbia un odore caratteristico e univoco, dal momento che spesso nell’immaginario collettivo è la risultante di sentori terrosi, verdi, acquatici e legnosi. Le fragranze con il claim “fango” hanno in genere una parte di testa molto balsamica, con sentori di salvia, eucalipto e pino al fine di suscitare nel consumatore la sensazione di essere in una SPA ed di applicarsi un prodotto trattamento di bellezza. Dopo i primi sentori di testa, con sfumature anche verdi e leggermente marine, arrivano poi le calde note dei legni come il legno patchouly e soprattutto il vetiver, con il suo corollario di sensazioni terrose e affumicate che avvicinano decisamente al concetto fango. Il fondo delle composizioni è di solito decisamente ambrato, utilizzando le note che meglio si sposano con il resto della fragranza al fine di rendere il concetto ‘mud’, che nel consumatore deve ricordare il mondo ovattato dei centri benessere, sempre più reclamizzati e presenti sul suolo italiano.

di Luca Ilorini, chimico cosmetologo