Free Animal Testing: a che punto siamo?

Costanza Rovida

Recentemente sulla newsletter della European Chemical Agency (ECHA) è uscito un interessante articolo sui test alternativi alla sperimentazione animale in cui si è fatto un po’ il punto della situazione. Punto di partenza del ragionamento è la certezza che sarebbe necessario ridurre quanto più possibile l’uso di test animali per le sostanze chimiche, ma che esistono ancora regolamentazioni che li richiedono in modo specifico. Una prima riflessione è quindi che la politica deve fare la sua parte e vietare sempre di più i test animali in favore di quelli alternativi. E non solo. Oggi le aziende che utilizzano test alternativi hanno una risposta da parte delle Autorità solo se i test non vanno bene: il mondo istituzionale al momento non incoraggia le aziende nell’uso di test alternativi a quelli animali e così logico che le aziende tendano a utilizzare i vecchi metodi. Anche perché i nuovi sono spesso più costosi, almeno all’inizio. Eppure le vie oggi praticabili sono molte, dai test in vitro a quelli in silico. Ma a cambiare è soprattutto l’approccio. Se prima di parlava sempre e solo di 3R (replacing, reducing, refining), oggi si cerca infatti di guardare al problema da un punto di vista diverso: capire cosa accade quando una sostanza viene a contatto con il corpo umano e l’ambiente. Si ragiona quindi in termini di Adverse Outcome Pathway. E si cerca di arrivare a una tossicologia capace di predirre con perfezione cosa accadrà quando una certa sostanza toccherà organi umani. Cosa che sempre più voci dal mondo della scienza dicono non si può fare utilizzando il topo come modello. O qualsiasi altro animale. Certo, per poter scegliere la via dei test alternativi, occorre avere esperti al proprio interno e al momento solo le grandi aziende li hanno. «Ecco dunque l’importanza di puntare sulla formazione – sottolinea la dottoressa Costanza Rovida del Centre for Alternatives to Animal Testing di Costanza, che ricorda – esiste una direttiva specifica che richiede la formazione anche in ambito di metodi alternativi per il mondo della ricerca. Speriamo che questo aiuti a migliorare la situazione». Poi, certo, occorre conoscere anche le fonti utili per poter usare alcuni metodi alternativi, come quelli computazionali che richiedono di avere sostanze analoghe di cui si conoscono già meccanismi d’azione ed effetti possibili. Alcuni ottimi database sono elencati nell’articolo di ECHA: eChemPortal; ChemIDplus (advanced); OECD QSAR Toolbox; TOXNET; PubMed.

https://newsletter.echa.europa.eu/home/-/newsletter/entry/an-end-to-testing-on-animals-how-close-are-we-

di S.Somaré