Odori in libertà

 Portare le persone a recuperare l’universo olfattivo, educarle a utilizzare il proprio naso quanto occhi e orecchie, rendere accessibili conoscenze tecnico scientifiche sugli odori, nella visione di Sissel Tolaas, potrebbe diventare un obiettivo strategico anche per l’industria delle fragranze

Sembra un muro bianco, in realtà è una galleria di ventuno ritratti olfattivi di uomini da diverse parti del mondo mentre stanno provando la paura. Sitratta dell’installazione di Sissel Tolaas Fear che ha fatto il giro del mondo. Un’opera che si pone fra arte, scienza e tecnologia cosmetica, in cui l’autrice, che ama definirsi una professional provocateur, per proporre la sua rappresentazione della paura ha raccolto, studiato e riprodotto in laboratorio ventuno diversi campioni di sudore di persone durante un attacco di panico, che ha in seguito microincapsulato e steso sul muro, per offrire al pubblico l’odore della paura ma anche un’apertura su un universo olfattivo che spesso rimane, ai più, ignoto e ignorato.  L’interesse di Sissel Tolaas per gli odori è a tutto campo, ne conserva oltre 6700 nel suo Re_searchLab a Berlino, non limitandosi alla creazione di composizioni olfattive che utilizzino odori reali ma ponendo lo studio degli odori in una prospettiva multidisciplinare che interessa la linguistica, la sociologia, la matematica, la chimica, le arti visive, tutte discipline che ha studiato in diversi atenei tra la Norvegia, suo paese di origine, il Regno Unito, la Russia,la Polonia. Viaggia in tutto il mondo, ha ricostruito l’odore e vere mappature olfattive di diverse città, fra cuila stessa Berlino, s’impegna in progetti internazionali in collaborazione con centri di ricerca, istituzioni, grandi corporations, anche cosmetiche, con lo scopo di creare e studiare sistemi di odori come base per la comunicazione.

Lei parla dell’Occidente come di una società cieca agli odori: cosa intende esattamente?

Nel farci un’idea di quello che ci sta intorno, nel prendere decisioni, nel comunicare, difficilmente usiamo l’olfatto. Il naso è lì per farci respirare ma, a parte questo, non siamo coscienti di come possa essere uno stupefacente strumento di conoscenza, per trarre informazioni su quello che ci sta intorno, sulle persone, sul mondo in cui viviamo. Il nostro naso capisce prima ancora che occhi, orecchie e attenzione entrino in azione, però viviamo in un mondo che non lo prende seriamente in considerazione, che trascura le informazioni olfattive e che, per la cosiddetta “nostra protezione”, fa di tutto per sopprimere, nascondere o camuffare gli odori. Ma in questo modo perdiamo una grande quantità d’informazioni, per questo parlo di “smell blind society”. Tutto questo è portato fino al punto che non c’è modo nella nostra società di imparare a usare il nostro naso. Allora credo che sia giusto chiedersi: cosa succederebbe se usassimo in modo cosciente e sistematico il naso, che può farci scoprire cose che non possiamo vedere né udire? Sono convinta che ci sorprenderemmo a pensare: ma è straordinario! Personalmente, da quando ho integrato l’olfatto nel mio sistema di percezione, la mia vita e il mio mondo sono diventati molto più ricchi.

È per trarre informazioni dagli odori che, nei suoi lavori, propone odori che di solito le persone preferiscono non sentire?

Ciò che faccio è molto semplice. Con il naso è come se facessi i raggi X all’aria che è intorno a me, in ogni momento, cercando di capire cosa c’è nell’odore che arriva da una persona, nell’aria di una stanza o della città in cui vivo. Con l’aiuto della tecnologia e delle straordinarie conoscenze di cui dispongo grazie alla collaborazione con IFF, posso guardare dentro questo invisibile fatto di molecole odorose che ci circonda. Attraverso la chimica riproduco tutte queste molecole e riporto l’odore dalla realtà all’attenzione delle persone. Questo odore è sulla mia giacca, quest’altro è sul tuo corpo, non pensi che per te possa essere importante? Cosa succederebbe per esempio se le persone conoscessero il proprio odore? Forse i loro acquisti sarebbero diversi, potrebbero decidere che non hanno bisogno di un profumo, di un sapone o forse capirebbero che hanno bisogno di un altro sapone o di un deodorante diverso. Ciascuno ha una identità olfattiva unica, come le impronte digitali. Credo che se ciascuno conoscesse il proprio odore ci sarebbe un maggior senso critico nei confronti dei prodotti che ci mettiamo addosso per modificarlo. Siamo sopraffatti da prodotti che hanno il solo scopo di mascherare, ma ciò che mascherano è qualcosa che non conosciamo davvero. Ecco, io penso che le persone abbiano il diritto di conoscere questo “qualcosa”, che debbano conoscere quello che i prodotti commerciali vogliono coprire, e sono convinta che ci sia la possibilità di un accesso per le persone a queste conoscenze. Il mio lavoro è questo, collaborare con l’industria per utilizzare il loro stesso sapere, le stesse materie prime e tecnologie con cui vengono creati profumi molto lontani dalla realtà, con uno scopo differente, quello di diffondere una maggiore attenzione e conoscenza degli odori e dell’olfatto.

Da dove parte questo discorso educativo?

Il mondo olfattivo viene comunicato solo con il linguaggio della pubbilicità, che parla al lato emozionale. Ma adesso le conoscenze della scienza e quelle tecnologiche sviluppate dall’industria potrebbero portarci più vicini al reale. Io posso riprodurre l’odore di una mela e farlo annusare: tu puoi sempre entrare in una relazione emozionale con quell’odore, positiva o negativa a seconda del tuo vissuto, ma quello che io intendo comunicare è che, indipendentemente da quello che tu o qualcun altro possiate provare, quello è pur sempre l’odore di una mela, ha quindi un contenuto d’informazione che non è né buono né cattivo e saperlo riconoscere può essere interessante. Si tratta di fare un passaggio, quando si sente un odore, dal pensare alla mia personale emozione all’inserire questo odore in un sistema di percezione e conoscenze: l’odore di una mela è l’odore di una mela, così come il verde è semplicemente verde, qualunque sia la mia relazione con quel colore. Credo che per le percezioni olfattive questo sistema manchi e che invece sia necessario. Ciò che faccio quando sento un odore è lasciare da parte le emozioni e relazionarmi a esso in modo intellettuale, razionale. Anche quando compongo, la mia intenzione è fornire precise informazioni.

Lei sta cercando di costruire il Nasalo, un linguaggio che descriva gli odori…

È un’esigenza che nasce dalla stessa intenzione di creare attenzione, valorizzare, il mondo olfattivo. Possiamo riconoscere migliaia di odori, ma non abbiamo abbastanza parole per comunicarli. Sto sviluppando questo linguaggio specifico sottoponendo a molte persone provenienti da diverse parti del mondo diversi tipi di odori e chiedendo loro di esprimere una parola riguardo a quell’odore. Raccogliendo poi tutte queste parole e analizzandole da un punto di vista linguistico ho trovato moltissime somiglianze fra parole che esprimono lo stesso odore e ho creato in questo modo oltre 4000 termini associati a odori diversi. È un linguaggio artificiale, fatto di termini molto semplici, ermetici rispetto al fine di comunicare, che però mi è servito a sviluppare un metodo. Le parole possono essere imparate per ricordare gli odori. Si tratta di un progetto in divenire, in cui sto cercando di capire le potenzialità di avere, un giorno, un linguaggio che ci aiuti a esprimere gli odori in modo indipendente dalle diverse culture.

Crede che l’industria possa avere un ruolo nel creare una maggiore attenzione al mondo degli odori e ai suoi contenuti informativi?

Finora l’industria ha pensato a produrre profumi gradevoli, con lo scopo di coprire e modificare la realtà degli odori e cercando di controllare i gusti olfattivi di tutto il pianeta con prodotti ben poco differenziati per i diversi mercati. Oggi ci sono materie prime e tecnologie meravigliose e, allora, mi chiedo se l’unica cosa che possiamo fare con queste conoscenze sia creare profumi gradevoli. Non ho nulla contro i profumi, mi piacciono, ciò che non mi piace sono quei prodotti a cui non si dà alcun valore, dentro brutte bottiglie allineate nei negozi di tutto il mondo, dove né il personale di vendita nè il cliente ha informazioni sul contenuto, dove nessuno sa cosa sta comprando. Se le persone imparassero a usare il naso, saprebbero che non stanno comprando l’emozione che qualcuno ti dice che dovresti provare mettendoti addosso questo o quel prodotto. Ognuno dovrebbe avere la propria opinione su che tipo di emozione cerca o prova. A me sembra riduttivo, mi sembra poco rispettoso verso il mondo olfattivo e verso il consumatore, a cui non viene lasciata alcuna scelta. Per me rispetto significa avere un profumo per ogni persona. Invece tutta questa qualità è sommersa fra profumi sempre uguali ed è proprio un impoverimento perché per strada, fra le persone c’è un mondo stupefacente di odori e informazioni. L’industria non si è mai interessata di questo, ma io credo che sia venuto il momento di cambiare e spero che in futuro i creatori possano iniziare a comporre in modo diverso, andando oltre le emozioni.

Perché per l’industria potrebbe essere interessante un cambiamento in tal senso?

L’industria può avere grandi vantaggi nel proporsi in modo diverso da quanto ha fatto finora. Promuovere finalità di conoscenza e di crescita per i consumatori può essere molto interessante: viviamo in un mondo globalizzato, ci sono modi diversissimi di vedere la cura di sé, il lavarsi, il rapporto con il proprio odore. L’idea di una percezione emozionale degli odori, basata sugli odori gradevoli, sta diventando un concetto patetico. È arrivato il tempo di ridefinire cosa è buono o cattivo o pulito e credo che le aziende possano fare grandi cose lavorando localmente invece che stare seduti in Europa e in America a fare profumi per tutto il mondo. Credo che sia nell’interesse dell’industria utilizzare le proprie conoscenze non solo per fare profumi che possono piacere alla gente, ma anche per trasmettere al pubblico quanta informazione sul mondo si può trarre attraverso la conoscenza olfattiva. Alcune company già lo stanno facendo: io collaboro spesso con l’industria per questi scopi.

Se il sudore entrasse nelle composizioni come materia prima?

Sarebbe fantastico: mettere il proprio odore in una bottiglietta e andare in profumeria, un approccio del tutto diverso. Io vorrei che succedesse.

 

Elena Perani