Reflui dell’industria cosmetica: lo stato dell’arte

Nei reflui dell’industria cosmetica i principali inquinanti sono in generale le sostanze organiche (solitamente determinate per mezzo dei parametri aggregati COD e BOD) e più in particolare composti xenobiotici lentamente biodegradabili come tensioattivi, coloranti, profumi, conservanti, solventi. Composti di questo tipo vengono rimossi solo in parte dai comuni trattamenti biologici nelle condizioni operative di un impianto di depurazione di reflui civili; per tale ragione gli impianti che trattano questi reflui comprendono spesso processi biologici più spinti come l’ossidazione prolungata o avanzati come i sequenching-batch-reactor (SBR) e i reattori biologici a membrana (MBR), e altri tipi di trattamenti come la coagulazione seguita da sedimentazione o flottazione, l’ossidazione chimica con ozono o processo Fenton, l’adsorbimento su carboni attivi. Va poi detto che gli effetti di tracce di questi composti sull’ambiente non sono ancora del tutto noti. Il trattamento più adatto al caso specifico viene scelto anche sulla base di prove su scala pilota. Concentrando l’attenzione sui reflui dell’industria cosmetica, in letteratura sono riportati i dati di biodegradabilità di svariati composti, prevalentemente come risultato di prove di laboratorio svolte con reattori batch, mentre è minore la quantità di dati riguardanti impianti di depurazione industriali funzionanti su scala reale.

Trattamenti biologici
Per quanto riguarda i trattamenti biologici è di particolare importanza il lavoro di Simonich et al., in cui sono riportate le efficienze di abbattimento di molte sostanze presenti nei reflui di industria cosmetica in impianti di depurazione su scala reale realizzati con differenti tecnologie tra l’Europa e gli Stati Uniti. Per gli impianti con stagni biologici (tempi di residenza compresi tra 90-120 giorni) sono riportate efficienze di rimozione superiori al 99% per una serie di composti fra cui benzile acetato, galaxolide, isobornile acetato, aldeide esilcinnamica, salicilati, OTNE, terpinolo, tonalide. Gli impianti con pretrattamenti e fanghi attivi con lo schema “classico” si riportano efficienze di abbattimento superiori al 99% per isobornile acetato, salicilati, aldeide esilcinnamica, terpineolo; sono invece minori le rese su galaxolide (87,8%), OTNE (91,7%), tonalide (88,8%). Invece gli impianti con pretrattamento e comparto biologico a fanghi attivi tipo Carousell mostrano nelle condizioni studiate prestazioni inferiori ai fanghi attivi classici, in particolare per galaxolide (resa 73,5%), OTNE (resa 66,0%), tonalide (resa 58,6%), mentre la resa sul terpineolo e sui salicilati di esile e metile è elevata anche qui (97%). Gli impianti dotati di trattamento primario seguito da un processo a biomassa adesa (letto percolatore o biodisco) hanno rese paragonabili a quelle degli impianti a biomassa sospesa, tuttavia soprattutto i letti percolatori mostrano un maggiore intervallo di variabilità dei dati e in alcuni casi rese inferiori (78,1% su galaxolide, 80,0% su OTNE) rispetto ai fanghi attivi.

Impianti a fanghi attivi
Del lavoro di Kreuzinger et al., relativo a impianti a fanghi attivi su scala reale, si riportano le rese di rimozione di alcuni composti utilizzati nell’industria cosmetica sulla base dell’età del fango dell’impianto di depurazione: per la galaxolide la resa è 85% con un’età del fango di 24 giorni e aumenta fino a 89% con 275 giorni, mentre per la tonalide sono riportate rese del 90% con 24 giorni e valori non oltre 86% con 275 giorni; per confronto si ricorda che in un impianto di depurazione urbano l’età del fango varia comunemente nell’intervallo 15-30 giorni.

SBR
Sono stati studiati a livello pilota altri processi biologici per il trattamento dei reflui di industria cosmetica, ossia i reattori anaerobici sequenching-batch (SBR) e i reattori anaerobici a letto di fango espanso (UASB). Nel lavoro sono riportati i risultati di una sperimentazione con un SBR anaerobico inoculato con biomassa granulare proveniente da un UASB e alimentato con un refluo a base di sodio laurilsolfato con concentrazioni di COD comprese tra 500-1500 mg/l; il reattore ha operato a30°C con cicli di durata compresa tra 8 ore e 24 ore, e ha permesso di ottenere rese di rimozione dal 69% al 77%. Nel recentissimo lavoro sono riportati i risultati di uno studio su un reattore UASB alimentato con reflui di un’industria cosmetica sottoposti a preventiva sedimentazione per 24 ore; tali reflui avevano una concentrazione iniziale di COD tra 7900-11800 mg/l che si riduceva a 3800-8100 mg/l dopo la sedimentazione; il reattore, inoculato all’inizio dello studio con biomassa granulare proveniente da un altro UASB, con un tempo di residenza di 24 ore e una temperatura di 30°C, ha rimosso fino al 95% del COD totale; molti dei composti presenti nel refluo sono stati rimossi con rese molto elevate, fatta eccezione per poche sostanze e in particolare per l’acido 4-idrossi-benzensolfonico che è stato abbattuto con resa appena 29%.

Impianti di fitodepurazione a flusso sub-superficiale orizzontale
Sono riportati in letteratura anche risultati di esperienze con impianti di fitodepurazione a flusso sub-superficiale orizzontale: per la galaxolide le rese ottenute variano tra 31% e 61%, mentre per la tonalide si va tra 44% e 65% con i valori più alti in estate e i più bassi all’inizio della primavera.

Trattamenti chimico-fisici
Passando ai trattamenti chimico-fisici, in letteratura sono riportati esempi di impianti dotati di chiariflocculazione (coagulazione + sedimentazione) come trattamento a sé stante o in combinazione con un processo di ossidazione chimica come il Fenton basato sull’azione del perossido di idrogeno in presenza di sali di ferro. Lo studio ha dimostrato l’efficacia della chiariflocculazione con il cloruro ferrico per la rimozione dei tensioattivi anionici: il refluo iniziale conteneva 5200- 6300 mg/l COD, 950-1050 mg/l BOD e 915-956 mg/l tensioattivi (sali ammonici del nonilfenol-eteossisolfato); con un dosaggio di 900 mg/l di cloruro ferrico è stata ottenuta una rimozione del 88% del COD e del 99% dei tensioattivi a un pH compreso nell’intervallo 7-9. Nello studio sono riportati i risultati di un impianto pilota con coagulazione e processo Fenton al servizio di un’industria cosmetica; nel refluo erano presenti 4150 mg/l COD, 1220 mg/l TOC e mg/l di fenoli totali. La coagulazione iniziale con solfato ferroso ha ridotto il TOC del 84% fino a circa 200 mg/l ma ha mostrato una bassa efficienza di rimozione dei fenoli; il ferro residuo all’uscita della coagulazione è stato utilizzato come catalizzatore per il processo Fenton con dosaggio di 2 g/l H2O2: all’uscita il TOC era inferiore a 30 mg/l e i fenoli erano inferiori a 0.1 mg/l. Vi sono anche studi pilota con utilizzo combinato di ozono e carbone attivo in polvere.

di L.Falletti