Con la partecipazione delle istituzioni si è svolta martedì 24 giugno nel suggestivo scenario dell’Ara Pacis di Roma l’Assemblea pubblica di Cosmetica Italia.
È stata questa l’occasione, secondo il presidente dell’associazione Benedetto Lavino, di fare il punto sui risultati conseguiti negli ultimi anni e, soprattutto, di porre le basi per gli ulteriori sviluppi previsti per l’avvenire.
Più volte nel passato recente si è avuto modo di parlare dei primi. Il valore espresso dal comparto nel 2024 si è aggirato attorno ai 16,5 miliardi di euro con una crescita da nove punti circa rispetto al 2023 e vendite all’estero (quasi 8 miliardi) a livelli da primato assoluto.
Impulso all’innovazione
Da simili stime ha preso le mosse il messaggio inviato alla platea dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha ricordato come porti targa italiana il 67% del make-up venduto nel mondo e il 55% di quello commercializzato in Europa, magari sotto le insegne ed etichette dei più celebri brand globali.
Intenzione dell’esecutivo è supportare questa importante fetta del made in Italy destinandovi non minore attenzione di quella dedicata ai segmenti dell’alimentare o della moda, per citarne un paio.
Innovazione, qualità, sicurezza e competitività sono pilastri della cosmesi tricolore che è necessario continuare a consolidare con pragmatismo dando ulteriore impulso all’internazionalizzazione. A maggior ragione nel contesto di una fase critica per la politica e le economie quale è quella attuale.
Mai più senza
Per l’amministratore delegato di The European House Ambrosetti Valerio De Molli il settore del quale sono stati celebrati i fasti nel corso dell’evento capitolino ha il merito di «fare bene al Paese» oltre che di «renderlo bello» e a confermarlo sono state nuovamente le cifre.
La spesa indirizzata al beauty si presenta del tutto in linea con quella rivolta invece alla salute in generale, a dimostrazione che il cosmetico è tutto fuorché un bene voluttuario o edonistico. Al contrario è un ingrediente essenziale del paniere degli acquisti delle famiglie indipendentemente dal loro status sociale. In media, come nuovamente ha ricordato Benedetto Lavino, si utilizzano pro capite otto prodotti beauty ogni giorno, anche perché essi rispondono a bisogni archetipici come la protezione.
Per un sistema in salute
Tornando alle argomentazioni di De Molli, è significativo che le attività di R&D nel personal care assorbano mediamente il 6% dei fatturati delle imprese: la quota equivale a circa il doppio di quel che gli altri player del manifatturiero investono in innovazione.
In vista dei traguardi a venire – e sebbene il business a livello globale abbia le carte in regola per crescere del 2,5-4% sino al 2030 – si deve però puntare ancor più fortemente sulla collaborazione.
Il traguardo possibile è raggiungere il primo posto in Europa e nel mondo fra gli esportatori e perché questo accada è indispensabile uno sforzo comune per la semplificazione normativa; è imprescindibile il supporto del governo centrale.
Si può resistere ai dazi, poiché il 60% della struttura dell’export è anelastico, meno sostenibili sono le 5.000 pagine minime di regolamenti contate da Ambrosetti, che per esser lette e interpretate a dovere imporrebbero 42 giorni di ininterrotto lavoro.
Tutto questo nonostante un grande aiuto possa giungere dall’hi-tech, a cui i soci di Cosmetica Italia guardano con l’attenzione che merita.
La digitalizzazione e con essa l’intelligenza artificiale sono forse risorse che tuttora non sono state implementate e valorizzate appieno. Ma se soprattutto la seconda è già determinante ai fini della comunicazione, presto può esserlo nel controllo qualità e in produzione, per acquisire competitività