Addio test animali: il futuro è degli organi su chip

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(Fonte: news.harvard.edu)

La possibilità di mimare organi umani su chip offre una rivoluzionaria alternativa ai test animali. Dopo aver messo a punto polmoni, intestino, reni e cuore su chip i ricercatori di Harvard stanno lavorando su altri 15 organi compresa la pelle. La strada verso l’addio ai modelli animali è appena cominciata. Fino a oggi cellule in vitro e cavie animali sono stati i principali strumenti a disposizione delle case farmaceutiche e cosmetiche per testare l’efficacia e la sicurezza dei loro prodotti prima dell’immissione sul mercato. Entrambi i modelli sono considerati tuttavia poco affidabili. Le colture cellulari, sebbene di derivazione umana, crescono in un ambiente statico, privo di interazioni con altre molecole e tipi cellulari, condizioni opposte rispetto a quelle dell’ambiente umano. I modelli animali, oltre a rappresentare una problematica etica, molto spesso non riescono a predire le reazioni dell’organismo umano sottoposto a un determinato prodotto e richiedono, per la validazione, tempi lunghi e investimenti economici ingenti. La necessità di uno strumento più affidabile, veloce ed economico ha portato i ricercatori del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering dell’Università di Harvard a mettere a punto un modello del tutto rivoluzionario che permette alle cellule di vivere al di fuori dell’organismo umano ma in un ambiente che ne riproduce le esatte condizioni. Gli studiosi hanno architettato una «casa» adatta alle esigenze delle cellule chiamata «organ-on-a-chip» che ricrea l’ambiente dinamico e sottoposto a forze meccaniche dell’organismo umano.

Organi su chip
Creati con lo stessa tecnologia dei microchip informatici, gli organi su chip sono dispositivi estremamente piccoli, delle dimensioni di una memory card contenenti sottilissimi canali cavi rivestiti da cellule vive che mimano la fisiologia dell’organo. Le cellule sono organizzate in tessuti capaci di riprodurre tutte le funzionalità degli organi. Sui dispositivi vengono applicate forze meccaniche esterne che permettono alle cellule di allungarsi e rilassarsi alternativamente mimando le caratteristiche distorsioni che avvengono nell’organismo umano e che sono fondamentali per lo sviluppo e la funzionalità delle cellule stesse. Nell’intestino su chip per esempio, Gut-on-a-chip, le contrazioni ondulatorie riprodotte sulle cellule che costituiscono la parete intestinale sono cruciali per la produzione dei villi. Nel polmone su chip, «Lung-on-a-chip» (fig.1), il primo organo mimato dal gruppo di ricerca nel 2010, la forza meccanica applicata sul dispositivo consente di imitare l’atto respiratorio. Sui canali, costituiti nella parte superiore da cellule polmonari e nella parte inferiore da cellule di vasi sanguigni, viene impresso un vuoto che imita il meccanismo con cui i polmoni si espandono e contraggono durante la respirazione, tali movimenti sono resi possibile anche grazie alla flessibilità dei materiali utilizzati.

I CHIP
sono trasparenti e permettono l’analisi real-time dell’attività biochimica, genetica e metabolica all’interno delle singole cellule, le loro proprietà consentono agli scienziati di analizzare le interazioni dinamiche tra cellule e farmaci, cosmetici e altri prodotti chimici normalmente valutabili solo in animali viventi.

 

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figura 1

Vantaggi
Attualmente i ricercatori del Wyss Institute stanno sviluppando altri organi su chip, almeno 15, inclusa la pelle. Il loro obbiettivo è collegare insieme tutti i chip e creare un «human-body-on-Chips» che possa creare e replicare al meglio le risposte dell’organismo umano a un farmaco, un cosmetico o un altro prodotto chimico. I ricercatori sono per esempio in grado di predire cosa succede quando si usa l’aerosol, esplorare la modalità con cui il farmaco entra nei polmoni e gli effetti che potrebbe avere sul cuore una volta all’interno dell’organismo (per esempio ne potrebbe modificare il battito cardiaco), valutare l’eventuale tossicità sviluppata o indagare la modalità con cui viene metabolizzato nel fegato; tutte risposte dinamiche dell’intero organismo. Donald Ingber, direttore del progetto e dell’istituto, sottolinea come il progetto non sia importante solo per i farmaci ma anche per i cosmetici e conferma la collaborazione con molte aziende del settore. La pelle su chip permetterà di testare gli ingredienti cosmetici e scoprire se sono realmente sicuri ed efficaci quando applicati sull’epidermide senza il bisogno di test animali che, secondo Ingber, in futuro verranno completamente sostituiti dai chip. Il progetto del Wyss Institute oltre a fornire una rivoluzionaria alternativa ai tradizionali test animali, potrebbe avere altri importante risvolti; se gli organi su chip venissero rivestiti con le cellule staminali derivate dai singoli pazienti, si aprirebbe la strada per lo sviluppo di terapie personalizzate che permetterebbero di studiare le specifiche reazioni dei pazienti a farmaci, cosmetici o altri prodotti chimici. Il gruppo di ricerca sottolinea inoltre che il progetto potrebbe rappresentare una risoluzione anche per la mancanza di dati sui bambini riguardo la sicurezza dei prodotti farmaceutici, cosmetici o chimici. I soli dati esistenti infatti riguardano gli adulti la cui risposta è totalmente differente rispetto a quella dei bambini.

Aziende cosmetiche Europee e test animali
Mentre in molti paesi come Stati Uniti e Giappone i test animali a uso cosmetico sono ancora la pratica comune, in Europa il divieto è stato introdotto già diversi anni fa. Prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento cosmetico (UE 1223/2009) era stata la direttiva europea 76/768/CEE del luglio 1976, mediante la VII modifica, a stabilire già nel 2003 il divieto immediato di tutti i test per i quali esistessero metodi alternativi convalidati e accettati. La VII modifica stabiliva inoltre, a partire dal settembre 2004, il divieto di testare i prodotti cosmetici finiti sugli animali su tutto il territorio dell’Unione (pratica in realtà non più in uso dagli anni ‘80); il divieto dal 2009 di eseguire, su tutto il territorio UE, qualsiasi test animale per valutare ingredienti cosmetici (Testing Ban) e la commercializzare nell’Unione Europea di prodotti cosmetici la cui formulazione finale fosse stata oggetto di sperimentazione animale oppure contenenti ingredienti testati su animali (Marketing Ban). Veniva però prevista un’unica eccezione, una deroga riguardante la commercializzazione di cosmetici contenenti ingredienti testati su animali per studi di tossicità particolarmente complessi (tossicità da uso ripetuto, tossicità riproduttiva e tossicocinetica) svolti al di fuori dei paesi dell’Unione e per i quali non erano ancora stati individuati metodi alternativi riconosciuti dal mondo scientifico e validati da ECVAM, Centro Europeo Per La Convalida Di Metodi Alternativi. Tale deroga ne permetteva la commercializzazione fino all’11 marzo 2013 data in cui, in base a quanto previsto dal Regolamento Cosmetico Europeo (UE 1223/2009), è scattato in tutti i paesi comunitari il divieto assoluto di vendere o importare prodotti finiti o ingredienti cosmetici testati su animali. Oggi è possibile affermare che il numero di animali impiegati per i test animali nella Comunità Europea è uguale a zero per effetto del Testing Ban in vigore dal 2004. Tuttavia, anche negli anni precedenti, l’industria cosmetica Europea ha fatto ricorso alla sperimentazione animale molto limitatamente; l’ultimo rapporto ufficiale pubblicato dalla Commissione Europea nel 2010, evidenziava che nel 2008 solo lo 0,0125% di tutti gli animali utilizzati nella sperimentazione scientifica era stato impiegato per valutare la sicurezza di ingredienti da usare nei cosmetici. Gli stessi rapporti indicano che, negli stessi anni, il numero relativo all’Italia era pari a 0.

Altri metodi alternativi
La ricerca del gruppo di Harvard è di fondamentale importanza soprattutto se si pensa che sono ancora molti i paesi dove si utilizzano i test animali; il divieto totale a oggi vige solo in Europa e Israele a cui fa seguito l’India dove, sebbene sia vietato l’uso di test su prodotti finiti e sui singoli ingredienti, la commercializzazione sul territorio di cosmetici testati su animali è ancora possibile. Attualmente Stati Uniti, Australia e Cina stanno valutando la possibilità di introdurre il divieto. Oggi la quasi totalità delle valutazioni di sicurezza sui cosmetici è eseguita utilizzando dati generati in precedenza o informazioni ottenute attraverso metodi che non richiedono l’impiego di animali. Per questo da anni l’industria cosmetica europea partecipa alla ricerca di test alternativi e continuerà a impegnarsi per sviluppare quelli mancanti fornendo anche un importante supporto economico; solo nel periodo 2007-2014 ha versato un contributo pari a 37 milioni di euro. Recentemente Cosmetics Europe (associazione delle aziende cosmetiche Europee) ha cofinanziato una della maggiori opportunità di ricerca, insieme alla Commissione UE, all’interno dell’EU 7th Framework Programme (5 anni di ricerca comune, con contributo di 25 milioni di euro a testa). Nel corso dell’incontro di Lisbona del SEURAT-1 (Safety Evaluation Ultimately Replacing Animal Testing) Cosmetics Europe ha annunciato di aver stanziato altri 8 milioni di euro per il programma di ricerca sui test alternativi a completamento dei 50 milioni di euro che sono già stati investiti in cooperazione con la Commissione UE. L’impegno dell’industria cosmetica si estende anche a livello internazionale attraverso la partecipazione a iniziative quali l’ICCR (International Cooperation on Cosmetics Regulation) e l’ICATM (Framework for International Cooperation on Alternative Test Methods) con il coinvolgimento anche delle autorità competenti e delle università.

Bibliografia
Wyss Institute’s organs-on-chips develops into new company
http://wyss.harvard.edu/viewpage/484/
http://www.cosmeticaitalia.it/home/it/

di D.Barillaro