Ambra grigia e surrogati: materia prima per fragranze

Fig. 1 - Andamento temporale dell’accumulo di sclareolo dei ceppi di Escherichia coli ingegnerizzati per esprimere: 1) in rosso GGPP sintasi, LDPP sintasi (SsLPS) e sclareolo sintasi (SsScS); 2) in azzurro pathway del mevalonato potenziato e forma chimerica ibrida di SsLPS e SsScS; iii) in verde pathway del mevalonato potenziato, SsLPS e SsScS come enzimi separati (dati medi ± deviazione standard di tre ripetizioni sperimentali).
Fig. 1 – Andamento temporale dell’accumulo di sclareolo dei ceppi di Escherichia coli ingegnerizzati per esprimere: 1) in rosso GGPP sintasi, LDPP sintasi (SsLPS) e sclareolo sintasi (SsScS); 2) in azzurro pathway del mevalonato potenziato e forma chimerica ibrida di SsLPS e SsScS; iii) in verde pathway del mevalonato potenziato, SsLPS e SsScS come enzimi separati (dati medi ± deviazione standard di tre ripetizioni sperimentali).

L’ambra grigia, ottenuta dai cetacei e ricercata in cosmetica, negli ultimi anni è stata sostituita da alcuni surrogati, tra cui l’Ambrox®, prodotto per semi-sintesi a partire dallo sclareolo, un composto vegetale ottenuto da una varietà di salvia. Uno studio [1] ha da poco gettato le basi per la produzione biotecnologica dello sclareolo in ceppi di Escherichia coli ingegnerizzati.

Tossicità sull’ospite produttivo
In linea teorica la biosintesi microbiologica di molecole ad alti livelli produttivi potrebbe essere inibita dalla potenziale tossicità causata dal composto a carico dell’ospite deputato alla sua produzione. Questo poteva essere particolarmente vero nel caso dello sclareolo, molecola di cui era già nota una forte attività antifungina. Questa ipotesi è stata tuttavia fugata dagli autori dello studio presentato, dal momento che la crescita di E. coli non risultava inibita dalla presenza di crescenti concentrazioni di sclareolo esogeno addizionato alla coltura batterica, fino a un livello di 2 g/L.
Primo tentativo: GGPP come precursore
Per quanto concerne la strategia biochimica utilizzata per la produzione eterologa di sclareolo, gli autori hanno utilizzato diversi approcci. Inizialmente si è combinata l’espressione di un enzima che sintetizzasse il GGPP, derivato dall’enterobatterio Pantoea agglomerans, con quella dei due enzimi della salvia responsabili della biosintesi dello sclareolo (SsLPS e SsScS). Il quantitativo di sclareolo raggiunto risultava però scarso (4 mg per litro di coltura indotta) (fig. QR1, linea rossa).

Secondo tentativo: potenziamento del pathway del mevalonato
Il secondo approccio ha invece visto l’introduzione nei ceppi di E. coli di una batteria di enzimi eterologhi, coinvolti nel pathway metabolico del mevalonato. L’idea era quella di potenziare la produzione nel batterio ingegnerizzato della molecola di precursore difosfato per la biosintesi dei diterpeni e permettere quindi l’ottenimento dello sclareolo. Questa strategia è stata perseguita creando un primo operone sintetico composto da tre diversi enzimi (acetoacetil-CoA tiolasi di E. coli, idrossimetilglutaril-HMG-CoA sintasi e HMG-CoA reduttasi di Staphylococcus aureus) e un secondo operone naturale derivato da Streptococcus pneumoniae, composto da altri quattro enzimi (mevalonato chinasi, fosfomevalonato chinasi, fosfomevalonato decarbossilasi e isopentenil difosfato isomerasi). Il primo operone sintetico è stato sviluppato per funzionare sul pathway iniziale nella via del mevalonato, convertendo l’acetil-CoA in mevalonato, mentre il secondo operone naturale per trasformare il mevalonato in isopentenil pirofosfato (IPP) e dimetilallil pirofosfato (DMAPP). Infine, all’estremità 3terminale dell’operone sintetico è stato aggiunto il gene codificante per l’enzima farnesil pirofosfato (FPP) sintasi del lievito Saccharomyces cerevisiae per convertire IPP e DMAPP in FPP. Il ceppo di E. coli risultante da questa complessa serie di ricombinazioni enzimatiche, dotato quindi dei due operoni operanti sulla via del mevalonato per la produzione di FPP e dei due enzimi della salvia responsabili della biosintesi dello sclareolo (SsLPS e SsScS), risultava produrre un quantitativo di sclareolo in misura superiore ai 400 mg/L dopo 72 h dall’induzione, all’incirca 100 volte di più rispetto al precedente ceppo testato (fig. QR1, linea verde).

Terzo tentativo: chimerizzazione dei due enzimi
Il considerevole quantitativo rilevato al termine del ciclo di induzione e crescita batterica di LDPP nella forma defosforilata, prodotto di reazione dell’enzima SsLPS, responsabile del primo step nella sintesi dello sclareolo, ha fatto ipotizzare un accumulo intracellulare di questa molecola, una successiva defosforilazione e quindi la sue secrezione al di fuori della cellula. Per limitare tale dispersione di LDPP e favorire il suo incanalamento nel successivo step di reazione verso la biosintesi dello sclareolo, è stato quindi creato un costrutto chimerico, in cui i due geni codificanti per gli enzimi SsLPS e SsScS erano geneticamente fusi per produrre un unico enzima bifunzionale ibrido, di cui è stata testata l’efficacia, quantificando il livello di sclareolo sintetizzato, nella piattaforma batterica altamente produttiva in termini di precursore difosfato. Il risultato non è stato roseo quanto le aspettative, dal momento che lo sclareolo prodotto era inferiore ai 30 mg/L (fig. QR1, linea azzurra). Per l’espressione in fermentatore ad alta densità cellulare e la produzione di sclareolo biotecnologico su larga scala si è quindi optato per utilizzare il ceppo in cui era stata potenziata la via del mevalonato ed esprimente i due enzimi responsabili della biosintesi dello sclareolo in maniera separata.

Bibliografia
[1] M. Schalk, L. Pastore, M.A. Mirata, S. Khim, M. Schouwey, F. Deguerry, V. Pineda, L. Rocci, and L. Daviet, 2012. Toward a biosynthetic route to sclareol and amber odorants, J. Am. Chem. Soc., 134 (46): 18900–18903. doi: 10.1021/ja307404u