In un processo dove intervengono più variabili, cioè errori sistematici dovuti alla strumentazione o errori casuali dovuti a eventi non controllabili, riempire una determinata confezione con l’esatta quantità di prodotto dichiarato sull’etichetta è una questione di probabilità. Se pesiamo per esempio 1000 bottiglie di shampoo, la misura del peso di queste bottiglie si distribuirà secondo una curva particolare, conosciuta come Gaussiana. Normalmente nella curva di distribuzione la maggior parte delle bottiglie peserà il peso dichiarato sulla confezione, o si avvicinerà molto a quel valore (valore medio), mentre solo un numero piccolo si discosterà dal valore medio (sia in eccesso sia in difetto) questo darà origine a una curva a forma di campana, dove la forma della campana sarà determinata da un valore conosciuto come deviazione standard. (fig.1). Valore medio e deviazione standard sono i due parametri che servono a valutare il processo di riempimento. In particolare la deviazione standard è un indice di dispersione che indica quanto le rilevazioni del peso si discostano dal valore medio. In poche parole maggiore è la deviazione standard meno è precisa la misura del peso, una deviazione standard molto piccola vuol dire che il monitoraggio del peso sta avvenendo in maniera corretta, al contrario una deviazione standard alta vuol dire che la stima del peso è poco corretta. Questo valore infatti indica la precisione della misura (fig. 2).
Nel nostro Paese la normativa prevede che il confezionatore assicuri, attraverso misurazioni e controlli, la quantità dichiarata nell’etichetta presente sul packaging. Le norme metrologiche relative al peso fanno riferimento alla al D.P.R. n°391/80. Il decreto si applica esclusivamente agli imballaggi preconfezionati o pre-imballaggi, ossia a tutte quelle confezioni che racchiudano completamente o parzialmente il prodotto e che siano state chiuse in assenza dell’acquirente. La normativa in particolare si riferisce alle confezioni che contengono una quantità costante per singola unità. Per esempio, le confezioni di carni fresche e di ortaggi vendute nei supermercati sono di fatto imballaggi preconfezionati, ma non sottostanno al decreto perché il loro peso varia da una confezione all’altra. Condizioni di temperatura, umidità modificano di fatto il peso netto di questa classe di prodotti. Il decreto è invece si riferisce invece a prodotti dove non è prevista una variazione di peso come nel caso dei cosmetici. Quando si tratta di shampoo, creme o lozioni così come il cibo in scatola, la variabilità ponderale non si può imputare a una modificazione del contenuto d’acqua dovuta alla natura del prodotto stesso causata da una situazione ambientale.
Legge e tolleranze
Tenendo conto della possibile variabilità statistica, la legge italiana ammette che una piccola percentuale di pre-imballaggi di ogni singolo lotto, presenti errori in meno del contenuto superiori ai valori previsti dalle tabelle allegate al D.M; Mentre non ci sono limiti agli errori di contenuto netto maggiore rispetto al valore medio, perché di fatto avvantaggiano e non danneggiano il consumatore, la cui tutela è ovviamente la principale finalità della normativa. I metodi di controllo del peso sono previsti nel Allegato II – del D.M. 27/02/197. Gli imballaggi che non soddisfano le tolleranze massime ammesse sono comunque commerciabili se presentano un errore non superiore a due volte il valore della tolleranza massima definito da opportune tabelle che indicano i valori di tolleranza massima in rapporto al peso. In ogni caso è vietato vendere un solo pre-imballaggio che presenti un errore superiore a due volte la tolleranza ammessa. Per fare un esempio pratico: consideriamo un lotto di un prodotto del peso di 100 g, in questo caso la tolleranza massima prevista dalla legge è 4,5 g, quindi sono ammessi prodotti aventi un contenuto effettivo non inferiore a 95,5 g. Il doppio della tolleranza è 9 g, per legge è proibito vendere confezioni di contenuto inferiore a 91 g.
di E. Brunelli, PhD Biotechnology