Pubblichiamo di seguito l’editoriale del direttore scientifico di Kosmetica, Giovanni D’Agostinis, uscito sul numero di dicembre della rivista.
La Plastic tax è un’imposta sulle confezioni monouso che dovrà essere pagata da chi le produce o le commercializza con lo scopo di disincentivarne l’uso sino alla loro definitiva scomparsa.
Avrebbe dovuto essere attuata nel nostro Paese sin dal maggio 2020 ma, causa pandemia, c’è stato un primo differimento al 1° gennaio 2021 successivamente più volte prorogato fino al 1° gennaio 2023.
Tutto nasce dalla direttiva europea 904/2019 con cui l’Unione europea si è fatta promotrice di una serie di misure atte a ridurre l’impatto ambientale proveniente dall’immissione sul mercato di Single Use Plastics.
Tra le misure adottate a livello italiano in risposta alla direttiva Ue, la Plastic tax si rivolge ai cosiddetti Macsi (manufatti in plastica per singolo impiego).
Vengono esentati, invece, gli imballaggi destinati a compiere più volte la stessa funzione nel proprio ciclo di vita e quelli che contengono medicinali.
Lo stesso vale per le plastiche compostabili e quelle riciclate, cosa che impatta positivamente sul loro mercato, dopo una virtuosa differenziazione e immissione nel ciclo produttivo.
Più complicato è il calcolo dell’imposta quando si tratta di packaging composti da materiale vergine e riciclato ed il calcolo del materiale che serve ad avvolgere i pallet di merci durante il trasporto.
Sarebbe giusto, inoltre, ridurre la tassazione delle plastiche prodotte con monomateriali facilmente riciclabili. E ciò rientrerebbe esattamente in un modus operandi classico dell’economia circolare.
Purtroppo, i vari Stati membri dell’Ue stanno recependo tale direttiva con modalità differenti, il che potrà creare problemi nell’interscambio commerciale tra i Paesi europei.
Un altro problema potrebbe derivare dalla mancanza di informazioni di base precise per essere conformi alle normative: si auspica la pubblicazione di linee guida per facilitare la compliance all’imposta e il giusto rapporto con le autorità di controllo.
Certo è che sarà corretto servirsi, come consulenti, almeno all’inizio, di professionisti altamente qualificati per evitare costosi fermi doganali.
Alla nostra industria conviene investire sulla sostituzione di materiali per ridurre l’impatto ambientale e sull’utilizzo di materiali riciclabili e riciclati, evitando, comunque, di complicare le cose con l’utilizzo di materiali misti, di cui non è certa la piena riciclabilità.
Sicuramente tutto quello che verrà progettato in base a criteri di ecodesign porterà alle giuste soluzioni aziendali in accordo con la salvaguardia del pianeta.