Pubblichiamo di seguito il commento di Giuseppe Capparella, vicepresidente di TMP (Associazione Italiana Tecnici Materie Plastiche), all’editoriale di Kosmetica dal titolo “Plastic tax e transizione ecologica” pubblicato sul numero di dicembre della rivista.
Fare la storia della Plastic tax, legge istituita quattro anni fa, entrata formalmente in vigore il 1° gennaio del 2020 e sempre rimandata sino ad oggi, sarebbe un ottimo esempio di come le istituzioni, i media e le associazioni reagiscano in maniera autonoma e confusionaria all’emergere di una tematica che impatta sulla vita dei cittadini e certamente.
Il tema che la tassa ha cercato di risolvere limitando l’uso della plastica è quello della raccolta e del destino dei rifiuti domestici, e in particolare degli imballaggi, dovuto alla difficoltà in molte aree del Paese di effettuare una vera raccolta differenziata per la mancata educazione dei cittadini e per la mancanza di impianti adatti al riciclaggio di qualsiasi tipo.
Le tasse, come noto, non risolvono i problemi, ma se vogliamo trovare un lato positivo è che sicuramente la Plastic tax ha spinto tutti gli attori in gioco a mettere a fuoco le tematiche e a trovare soluzioni plausibili al problema.
La ricerca e l’industria hanno messo a punto tecnologie e processi che consentirebbero in tempi brevi e con investimenti opportuni di azzerare lo smaltimento in discarica dei rifiuti plastici e consentirne un riciclo pressoché totale.
Spetta ora alle istituzioni risolvere le tematiche educative e di raccolta. La soluzione non può essere certo una tassa che si è dimostrata a tutti gli effetti inefficace e di formulazione complessa al punto di rendere difficile anche la sua applicazione.
Plastic tax: la «demonizzazione di un materiale innovativo»
La cosa più “contro” fatta, non tanto dalla tassa ma da chi ne parlava, è stata quella di demonizzare uno dei materiali più innovativi ed efficienti che siano stati sviluppati in tutte le applicazioni negli ultimi cento anni, come se la sua eliminazione portasse alla soluzione di tutti mali derivanti dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici.
Non poco peso in questa campagna contro la plastica hanno avuto anche tutti i brand commerciali che, pur di farsi un “greenwashing”, si sono dotati di imballaggi così detti green, sostenibili, circolari e riciclabili.
Ma le bugie, come diceva mia nonna, vengono sempre a galla. Provo a rispondere ad alcune di queste rispondendo a tipiche domande della gente comune come: è vero che sostituire la plastica porta a consumare molti più materiali ed energia e a produrre più rifiuti e anidride carbonica?
Ormai diversi studi basati sull’intero ciclo di vita dei prodotti hanno dimostrato che sostituire la plastica con altri materiali porta a consumare più materia ed energia e a produrre più rifiuti e anidride carbonica. La figura seguente mostra, in sintesi, l’effetto della sostituzione del packaging plastico usato in Europa sulla massa, sulla domanda, sull’energia e sulle emissioni di gas serra:
Secondo un’altra bugia diffusa, la plastica sarebbe la causa del problema dei rifiuti. Su questo argomento si è molto speculato sul fatto che la degradazione dei materiali dipende in generale dalle condizioni di umidità, dal contenuto di ossigeno, dalla presenza di luce solare e da altri parametri biologici.
Ricordo che di recente è stata ritrovata una nave romana in legno quasi intatta dopo 2000 anni e che quindi non è tanto il materiale che conta ma l’ambiente ove è stato conservato. La tabella che segue mostra un esempio di quanto detto:
Ovviamente la presenza nei materiali di additivi stabilizzatori modifica la durata dei materiali, ma l’utilizzo di questi additivi nei principali polimeri è spesso assente o inferiore al 2 per mille nella miscela.
Plastica e rifiuti
La terza bugia cita il ruolo dei comportamenti umani nell’inquinamento da rifiuti. La riduzione dei rifiuti e il passaggio da una economia lineare ad una economia circolare è certamente il primo passo da affrontare che vale per tutti i materiali e le attività umane.
Il design dei prodotti che tiene conto anche del fine vita e la limitazione dei consumi stessi sono regole generali da seguire in futuro, come sarà necessario insistere sull’educazione a questi principi sin dalle scuole inferiori e, in generale, in tutta la popolazione.
In particolare, per la plastica saranno fondamentali l’attuazione della raccolta differenziata in tutte le regioni e gli investimenti in impianti di riciclo. Non esiste una formula magica valida per tutti e volta per volta si dovrà scegliere su quale processo di riciclo puntare in funzione delle strutture ed esigenze dei territori.
I possibili effetti nocivi delle microplastiche
Riguardo ai possibili effetti nocivi prodotti dalle microplastiche sulla salute umana, è stata più volte dimostrata la presenza di microplastiche in quasi tutti gli ambienti e nella catena alimentare. Ad oggi, però, non esistono prove che ciò sia nocivo per la salute umana o animale in generale.
Gli studi in corso puntano sulla presenza di additivi dannosi per la salute presenti in alcune plastiche, ma a concentrazioni nettamente superiori a quelle ammesse dalla legislazione presente e normalmente assenti nelle plastiche monouso.
Occorre procedere in questa direzione senza enfatizzare allarmismi che non hanno basi scientifiche e ricordando quali siano le fonti principali della presenza di microplastiche nell’ambiente, come si può vedere dalla tabella seguente:
Ad esempio, basterebbe obbligare i produttori di lavatrici ad installare opportuni filtri per le microfibre (cosa possibile) per ridurre del 35% le emissioni. Si potrebbe inoltre regolare la quantità di polveri nelle aree urbane per ridurre di un altro 24% le emissioni.
Esistono tante altre bugie diffuse sulla plastica in questi anni per non affrontare i veri temi su basi scientifiche, ma la verità come detto sta venendo a galla…
Plastic tax e imballaggi in cosmetica
Tornando alla Plastics tax, l’azione migliore è quella che tutte le aziende e associazioni che usano imballaggi in plastica incluse quelle della cosmetica (settore in cui l’imballaggio del prodotto è sottoposto a regole ferree come quelle del contatto con alimenti) dovrebbero fare le opportune pressioni presso le istituzioni per abolire questa tassa inutile ed iniqua, come hanno fatto per la prima volta TUTTE le associazioni che si interessano della filiera delle materie plastiche dimostrando con numeri e fatti l’inutilità ed iniquità della stessa.