Ridurre l’impronta ecologica dei prodotti e delle produzioni crea valore aggiunto e contenuti interessanti da spendere nei rapporti con i partner di business e con il consumatore.
Di qualità ecologica come scelta strategica per le aziende, qualsiasi sia il loro ruolo nella filiera produttiva, parliamo con Marco Piacentini, consulente in strategia di prodotto e di business nei mercati consumer di alta gamma.
Come si sta evolvendo l’interesse del consumatore verso il tema della sostenibilità dei prodotti e quali motivazioni lo sostengono?
Il consumatore oggi è attento agli aspetti legati alla sostenibilità dei prodotti e questa attenzione è destinata a crescere in modo significativo. Si sta infatti affacciando ai consumi la cosiddetta Millennial Generation (Millenials), i giovani nati tra la metà degli anni ‘80 e i primi anni del duemila, cresciuti con internet e il web e per i quali è naturale essere online più che off line. Gli studi sociologici evidenziano nei Millennials, rispetto alle generazioni precedenti, una maggiore sensibilità per il contesto globale in cui sono inseriti i loro comportamenti, compresi quelli di acquisto. La qualità del prodotto rimane certamente una condizione imprescindibile per essere sul mercato, tuttavia gli aspetti legati alla sostenibilità crescono di importanza tra i criteri di scelta per questa generazione, che nel giro di dieci anni costituirà il 60% dei consumatori. L’altro aspetto non meno significativo riguarda la domanda d’informazioni e conoscenza. Le opportunità di contatto fra consumatori e aziende si sono moltiplicate proprio per la diffusione del Web e dei social media. Tutte queste occasioni di contatto possono consolidare la relazione fra il consumatore e l’azienda solo in presenza di contenuti rilevanti da comunicare.
Intende dire che la presenza di un’azienda o una marca su internet non può essere limitata ad azioni solo finalizzate alla vendita?
Internet è fondamentalmente una fonte d’informazioni, un editore «cloud» da cui attingere senza limiti di spazio e di tempo. La vendita online è la conseguenza della fruibilità delle informazioni, non è lo scopo. Questo non va dimenticato quando si approcciano campagne marketing sulla rete. Parlare di sostenibilità è essere trasparenti verso quegli aspetti del processo industriale tipicamente tenuti nascosti. L’abitudine a poter vedere e sapere tutto, attraverso il web, porta con se l’effetto collaterale che «se non si vede non è bene». Attenzione rispetto al business to customer (B2C), questo approccio vale ancora di più nel business to business (B2B) dove ogni acquisto è vincolato da una ricerca d’informazioni dell’ufficio acquisti che, per tutelare la qualità della propria scelta, sfrutta molto il canale web.
Come dovrebbe cambiare per le aziende l’approccio alla sostenibilità e alla sua comunicazione?
La progettazione sostenibile impone di ripensare le modalità progettuali dello sviluppo prodotto e del processo produttivo. L’impegno è focalizzarsi sull’intero ciclo di vita del prodotto e sullo scarto che deriva dalla sua produzione e successivo utilizzo. Lo scarto industriale è un aspetto su cui davvero una progettazione attenta può fare la differenza, senza peraltro richiedere strumenti esterni o investimenti, ma solo promuovendo un orientamento a una concezione allargata dello sviluppo prodotto e processo. Una cultura aziendale orientata a ragionare in questi termini può generare un risparmio economico, sulle materie prime, sull’energia, sul rifiuto e sulla sua gestione, quest’ultima tipicamente molto onerosa. La conseguente riduzione dell’impatto ambientale va quindi quantificata e trasformata in contenuti da comunicare al mercato.
Quindi lei vede nella comunicazione un passaggio necessario…
La trasformazione di queste informazioni in contenuti accessibili al consumatore finale (o ai clienti nel B2B) è un passaggio fondamentale per trasformare un costo in un investimento. La costruzione di un’immagine dell’azienda percepita come virtuosa assume un peso sempre maggiore nei confronti dei citati Millenials. Ad oggi la maggior parte della comunicazione pro-sostenibilità fa leva ancora su aspetti emotivi elementari («non abbattiamo le piante», «riduciamo la produzione di CO2» e simili) che sul medio/lungo periodo non hanno presa a meno di non essere seguiti da fatti concreti e dimostrabili (immagini certificate di boschi cresciuti grazie alle nostre attività, ecc..). Sarebbe più di effetto un contenuto più specifico che spieghi come «non abbattiamo le piante» magari raccontando quella serie di buone maniere produttive finalizzate all’aumento dell’efficienza.
Generare le informazioni, per esempio, sui ridotti impatti ambientali o sul ciclo di vita del prodotto sembra difficile per le aziende. Come affrontare questi aspetti nella pratica?
Non ne farei una questione di difficoltà. Questi approcci non sono difficili, ma richiedono tempo, dedizione e, in alcuni casi, risorse che internamente l’azienda non ha. Richiedono spesso investimenti, che si ripagheranno attraverso la generazione di valore. Finora la cultura industriale si è concentrata sul prodotto e non su come lo si realizza né sullo scarto che ci rimane in mano, perché questi aspetti non sono mai stati percepiti come uno strumenti che potessero generare valore. Oggi però proprio qui si è avuto un cambio di visione e le informazioni riguardanti il ciclo di vita e il rifiuto acquistano un doppio valore: quello commerciale conseguente ad alla creazione di un’immagine che si vende bene, quello economico legato alla riduzione dei costi della catena del rifiuto. Il salto sta nel riconoscere il valore aggiunto che viene costruito su quegli elementi che in passato, al contrario, non erano percepiti come generatori di valore. Su come fare nella pratica, una strada percorribile è, per esempio, quella delle reti di impresa all’interno della filiera, che possono avere tra le proprie finalità progetti di sostenibilità. Realizzare una valutazione di LCA (Life Cycle Assessment) per una linea di prodotti è più semplice se lo si fa in fase progettuale e appoggiandosi all’intera filiera produttiva. Mi ripeto, la trasformazione di questi costi in investimenti è fondamentale e passa attraverso la costruzione di contenuti da veicolare attraverso i media.
di E. Perani