Acque di pioggia da gestire

La corretta gestione delle acque a livello dei siti industriali può contribuire non solo a migliorare la qualità dei corsi d’acqua superficiali ma anche a contenere il rischio idraulico nei territori con forte presenza di insediamenti produttivi. Inoltre, anche l’inquinamento delle falde acquifere sotterranee può essere ridotto da una gestione attenta del sistema di raccolta delle acque a livello degli stabilimenti.

Dariush Kian

“La gestione delle acque meteoriche è un tema su cui risulta particolarmente rilevante lavorare, non tanto in relazione agli eventi atmosferici estremi, ma già a partire da quelli ordinari –considera Dariush Kian, che in Ersaf, Regione Lombardia, opera nella Struttura Servizi tecnici per il settore agro-forestale. -Il distoglimento delle acque meteoriche dalla rete fognaria è un aspetto che ha importanti ricadute sulla qualità dei corsi d’acqua e dei fiumi: le acque di pioggia sono infatti pulite, ma convogliandole alla rete fognaria, che è tendenzialmente mista, si mescolano alle acque nere e vengono veicolate agli impianti di depurazione. Il risultato è una diluizione delle acque nere, che riduce l’efficienza dei depuratori; inoltre, il conseguente sovraccarico del sistema fognario attiva gli sfioratori di piena, per evitare fuoriuscite di acque nere o carichi eccessivi rispetto alle capacità dei depuratori, scaricando parte delle acque non depurate direttamente nei corpi idrici. Infine c’è da considerare che questi sistemi hanno elevati costi di gestione, esborsi che vengono sprecati per raccogliere e depurare le acque meteoriche, che già sono pulite, dopo averle contaminate con le acque nere. In più si paga ulteriormente per cercare di migliorare la qualità d’acqua dei corpi idrici che viene appunto peggiorata da continue immissioni di acque non depurate: un circolo fallimentare in cui perdono tutti”.

Ridurre questi problemi è possibile con accorgimenti che possono essere facilmente praticati anche a livello dei siti produttivi, prosegue Kian, per esempio “abbiamo la possibilità dei tetti verdi, facilmente accessibile ma poco praticata da noi, mentre è assai diffusa in Nord Europa. Si tratta di un intervento che guarda all’ecologia del paesaggio e alla connessione con il territorio che, oltre a fornire contributo fondamentale alla gestione degli eventi meteorici, costituisce un elemento di mitigazione dell’impatto delle aree produttive sulla biodiversità. Ma ci sono anche altri modi per trattenere, disperdere o separare le acque piovane a livello dei siti industriali: per esempio realizzando ‘rain garden’ o semplicemente raccogliendole dai canali di gronda in sistemi di accumulo al fine di utilizzarle per irrigare aiuole e giardini eventualmente presenti nel sito industriale, con anche un risparmio idrico”.

Depavimentazioni
Sistemi più sofisticati per ridurre le superfici impermeabili sono le depavimentazioni delle aree di parcheggio e dei piazzali. “Queste de-impermeabilizzazioni dovranno essere condotte in modo opportuno -spiega Kian, -per evitare di infiltrare nelle falde acque contaminate da inquinanti di superficie. Non basta quindi la rimozione delle coperture, ma il fondo dovrà essere riempito in modo da innescare processi di fitodepurazione al fine di migliorare la qualità dell’acqua che viene restituita al terreno e alle falde. Su questi aspetti possono giocare un ruolo significativo anche gli spazi commerciali e della logistica, che oggi hanno aree non coperte e parcheggi per lo più impermeabilizzati: considerando la quantità ed estensione di questi insediamenti, parliamo di superfici enormi che al momento incidono sul dissesto idrogeologico e contribuiscono a inquinare i corpi idrici a causa del dilavamento meteorico degli inquinanti depositati sulle loro superfici esterne”.
L’impermeabilizzazione del terreno è infatti uno dei problemi legati al consumo di suolo. La sostituzione degli ambienti naturali e seminaturali con costruzioni e infrastrutture, oltre a ridurre gli habitat che accolgono la biodiversità con effetti negativi nel lungo termine, ha ricadute disastrose come il dissesto idrogeologico e l’impoverimento delle falde nel breve e medio periodo.
In generale, intervenire per riqualificare gli edifici industriali esistenti è da preferirsi rispetto a costruire nuovi edifici, ancorché con standard edilizi migliorati, sottolinea Kian “il consumo di suolo nel nostro paese procede a ritmi insostenibili, come evidenziato dall’ultimo rapporto ISPRA. Urge ripensare l’espansione produttiva ponendo la priorità sul risparmio di suolo vergine, che quando viene occupato è perduto per sempre e con esso i servizi ecosistemici che fornisce, come l’assorbimento di CO2, la depurazione delle acque, la produzione di cibo, ormai di importanza critica. Anche in questo caso, è una logica perdente quella che, da un lato, ci vede impiegare risorse per ricostituire la rete dei servizi ecosistemici mentre, dall’altro, si continua a sprecare la risorsa suolo che questi servizi li offre in sé, gratuitamente”.

Alleanza con l’ente pubblico
Prendersi cura del territorio su cui insistono gli stabilimenti produttivi e attuare misure per ridurre l’impatto sull’ambiente dei siti industriali è favorito dall’instaurare una buona collaborazione con la pubblica amministrazione, un aspetto su cui le imprese si sentono spesso frenate. Abbiamo chiesto a Dariush Kian come rendere questi rapporti più fluidi: “Rispetto a questa criticità -risponde, -posso portare l’esperienza dei Contratti di Fiume, quegli accordi fra enti pubblici, associazioni del territorio e anche imprese e privati finalizzati alla collaborazione per il miglioramento della qualità dei corsi d’acqua. Questo tipo di processi partecipativi mette sullo stesso piano attori molto diversi accomunati dalla responsabilità nei confronti di una porzione di territorio e animati dall’obiettivo condiviso di avviare azioni con ricadute positive per una collettività allargata. Qui il ruolo delle imprese è mettersi in ascolto della collettività e capire come dare un contributo e al contempo trarre vantaggio da questo impegno. In un contesto di processo partecipativo confluiscono molte professionalità, tra cui figure di facilitatori che aiutano a stringere alleanze su comuni obiettivi. Nella mia esperienza vedo un grande miglioramento: la pubblica amministrazione si è molto evoluta e ha fatto passi da gigante per comprendere le esigenze del territorio, anche della parte imprenditoriale. Questi ambiti di collaborazione pubblico-privato, peraltro ben codificati e definiti dalla normativa, sono veri e propri portali che aprono alla collaborazione con gli enti pubblici, rappresentando per le imprese anche una occasione importante di crescita culturale”.