Brevettazione vs segreto industriale

Nel settore cosmetico italiano il ricorso al brevetto non è frequente. Si ritiene, infatti, che il bilancio fra i costi della tutela e i benefici che se ne traggono sia sfavorevole: è radicata la convinzione che sia facile aggirare l’inibizione del brevetto con piccoli cambi di formula e, per quanto riguarda le tecnologie produttive, sia sufficiente mantenere il segreto industriale. Dario Armenio, di Modiano & Partners, ci offre le sue considerazioni sul tema.

Il segreto industriale costituisce uno strumento efficace?
Il settore cosmetico, essendo strettamente correlato a quello chimico, può certamente avvalersi del segreto industriale come strumento per mantenere il monopolio su un prodotto o procedimento innovativo. Tuttavia, a parte la rinomatissima eccezione della Coca Cola, il segreto industriale costituisce sempre uno strumento di monopolio molto labile. Innanzi tutto è evidente che, una volta svelato, il segreto industriale perde di efficacia, anche se la divulgazione deriva da un abuso. Il brevetto, al contrario, è un documento pubblico che può essere fatto valere contro i contraffattori per tutto il periodo di validità (che è di 20 anni). Peraltro, benché i dipendenti d’azienda siano normalmente vincolati alla segretezza anche dopo la cessazione del rapporto lavorativo, l’eventuale fuga d’informazioni, con conseguente violazione del vincolo, è sempre estremamente difficile da dimostrare in corso di causa. Inoltre, il segreto industriale non mette al riparo da situazioni in cui
i concorrenti pervengano al medesimo prodotto o procedimento in modo lecito, ossia attraverso la propria attività di ricerca. Un altro aspetto da considerare è che il segreto industriale, per sua natura, è difficile da far valere allorché ci si debba difendere da accuse di contraffazione da parte di un concorrente che abbia sviluppato lo stesso prodotto o procedimento e lo abbia anche brevettato.

È opinione comune che un brevetto sia facile da aggirare…
Si tratta di un’impressione errata, anche se purtroppo diffusa. Infatti, un brevetto redatto nella maniera corretta permette di tutelare non solo lo specifico prodotto o procedimento emerso dalla ricerca, ma anche tutte le varianti di tale prodotto o procedimento che richiamino il medesimo concetto inventivo, offrendo quindi una tutela molto ampia. Pertanto, se redatto correttamente (cioè da un professionista del settore) un brevetto consente al suo titolare di mantenere i concorrenti a debita distanza, arginando significativamente i rischi derivanti da tentativi di imitazione. Non è un caso che un colosso del settore come la società L’Oréal detenga più di 7000 tra domande di brevetto internazionali, domande di brevetto europeo e brevetti europei concessi. E non c’è solo il brevetto come strumento di protezione. Soprattutto in un settore come quello cosmetico, è infatti importante sfruttare tutti gli strumenti offerti dalla legge per ottenere una tutela a 360 gradi del proprio prodotto innovativo.

Dario Armerio.
Dario Armenio.

Si riferisce ai marchi?
Non solo. Se pensiamo alle confezioni dei prodotti cosmetici, caratterizzate sia dal marchio del prodotto che dalla forma della confezione, queste possono essere tutelate mediante la registrazione di un marchio tradizionale (cioè il nome del prodotto), nonché di un marchio tridimensionale o di un design che protegge la forma della confezione. I marchi e i design registrati sono strumenti molto efficaci, e infatti sempre più utilizzati, per prevenire fenomeni di contraffazione, soprattutto se inseriti all’interno di attività di sorveglianza e di monitoraggio doganale ben coordinate.

Può essere vantaggioso ricorrere a una tutela «a posteriori» della paternità di un’idea?
Credo che, più che di vantaggi, si debba parlare di efficacia. Rivendicare la paternità di un’idea a posteriori non permette di ottenere praticamente alcuna tutela legale, ed è quindi del tutto inefficace per proteggersi dalla concorrenza. Nella stragrande maggioranza dei casi, la rivendicazione della paternità di un’idea a posteriori permette infatti di godere solo dei famosi «15 minuti di fama» se l’idea è veramente buona. Al contrario, i brevetti sono uno strumento che premia la bontà dell’invenzione permettendo di tutelarla da un punto di vista economico, cioè mettendola al riparo dalla concorrenza per la durata del brevetto. E lo stesso vale per i marchi e per i design registrati, che a loro volta premiano la distintività del marchio o la particolarità del design e permettono di proteggere questi elementi da eventuali contraffazioni da parte dei concorrenti che tentano di sfruttarli illecitamente invece di sviluppare un marchio o un design proprio.

di E. Perani