Brexit: ricadute per l’export cosmetico italiano

Con il 2020 si è concluso il periodo di transizione, previsto dal Withdrawal Agreement della Brexit, in cui la legislazione UE rimaneva in vigore nel Regno Unito. A partire dal 1° gennaio 2021, le nuove normative UK sostituiscono le precedenti UE, comprese quelle relative ai prodotti sul mercato e agli scambi commerciali. Cambia dunque il contesto normativo per chi esporta in UK e, contestualmente, anche il Regno Unito diventa per l’Unione Europea un paese terzo, di conseguenza i prodotti UK distribuiti sul mercato UE sono considerati importati e richiedono l’ottemperanza alla legislazione europea secondo le stesse modalità degli altri paesi extra-UE.

Renato Ancorotti

Nel Regno Unito, il Regolamento 1223/2009 dell’Unione Europea viene sostituito da un analogo UK, la cui applicazione è tuttavia circoscritta alla Gran Bretagna, mentre nell’Irlanda del Nord si manterrà in vigore il Regolamento UE. Pur conservandosi l’impostazione generale della legislazione europea, alcuni cambiamenti interessano quegli attori italiani che esportano prodotti di igiene e bellezza in UK, un mercato che, come ricorda il presidente di Cosmetica It

alia, Renato Ancorotti, “rappresenta una importante destinazione per l’export cosmetico italiano: anche nel primo semestre 2020 si è infatti classificato al quarto posto, dopo Francia, Germania e Stati Uniti, tra i Paesi in cui vengono esportati i nostri cosmetici, per un valore delle esportazioni di 350 milioni di euro nel 2019. L’industria cosmetica italiana guarda quindi con attenzione all’impatto economico che la Brexit avrà sugli scambi commerciali con la Gran Bretagna. Il 1° gennaio 2021 ha segnato la fatidica separazione dall’Unione Europea e di conseguenza l’entrata in vigore di una serie di norme con una ricaduta concreta sul business e sull’operatività delle nostre aziende”.

Il cambio di regime normativo infatti comporta non pochi adeguamenti per chi intende continuare a proporsi sulla piazza GB, a partire da due aspetti cruciali: il fatto che la Persona Responsabile (PR) deve aver base sul territorio GB e l’adeguamento del PIF, Product Information File, che dovrà diventare UK-PIF, con la valutazione della sicurezza redatta da un Safety Assessor che abbia qualifiche riconosciute in UK. Individuare una PR in territorio britannico potrebbe penalizzare le aziende meno strutturate oltremanica, che dovranno trovare un partner strategico o cambiare la propria strategia in questa destinazione ormai estera. Perché la PR non è solo un pro-forma, ma una interfaccia fondamentale con il mercato e con le autorità, che deve saper rispondere del PIF e della sicurezza del prodotto, anche attraverso la gestione delle segnalazioni di effetti indesiderabili dal mercato, da attuare mediante un nuovo portale locale di cosmetovigilanza. C’è poi l’obbligo di aggiornare l’etichettatura, con i costi relativi. Cambia altresì il portale a cui notificare i prodotti da immettere sul mercato britannico, con un equivalente GB da poco attivato, in cui devono essere notificate anche le referenze già in commercio, seppur con procedura semplificata.

Le ripercussioni, dopo un anno faticoso come il 2020, non sono facili da inquadrare. “Non sono adeguamenti marginali –commenta Ancorotti, –continuare a esportare verso la Gran Bretagna comporta senza dubbio investimenti e identificazione di figure competenti in grado di accompagnare l’azienda in questo iter. In particolare, ciascuna azienda dovrà fare delle accurate valutazioni sulla portata strategica di questo mercato per il proprio fatturato e l’entità dei relativi interventi necessari per mantenere l’export. Già nei mesi precedenti all’entrata in vigore della Brexit sono state infatti dedicate risorse all’aggiornamento del personale oltre che alla revisione del labelling. Le prime settimane sono poi state talvolta caratterizzate dalla dilatazione della gestione doganale per via dell’adeguamento alle nuove procedure e necessità di maggior chiarezza.Considerato che siamo ancora all’inizio di questa nuova era, al momento possiamo fare solo delle valutazioni di massima sui risvolti economici della Brexit. Indicativamente, potremmo assistere ad una contrazione delle esportazioni verso il Regno Unito prossima al -15%, un dato un poco più ottimistico rispetto al -20% previsto per l’economia italiana”.

La fine del primo semestre 2021 sarà il momento in cui si potranno avere riscontri più concreti, anche in relazione agli effetti concomitanti della situazione sanitaria, considera il presidente di Cosmetica Italia. “In linea generale, -conclude –si stima che si potrebbe riscontrare un allungamento dei tempi burocratici nella gestione delle pratiche di import-export con possibili ricadute economiche correlate (es. costi per la documentazione doganale); l’attenzione è inoltre rivolta agli strumenti di difesa commerciale promossi dall’UE per evitare che venga penalizzato il Made in Europe”.