Cooperare per un’economia in cui nessuno perde

E se il mercato non fosse fondato sulla competizione? Cosa ci insegna la pandemia 

Valentina Gentile, docente di Filosofia Politica e Responsabilità Sociale di Impresa presso la Luiss Guido Carli di Roma

La pandemia ha fatto emergere le debolezze del nostro sistema sociale e produttivo inducendo alla riflessione sul ruolo della RSI. Come dovrebbero ripensarla, a suo parere, le imprese?
Le economie dei sistemi capitalistici avanzati hanno visto emergere non pochi punti deboli nel corso della pandemia. Fin dalla scorsa primavera è risultato chiaro che le tutele sociali dei nostri sistemi, pur avendo ammortizzato la crisi economica conseguente all’emergenza sanitaria, non sarebbero state sufficienti nel lungo periodo. L’idea che da più parti è emersa riguardo alla Responsabilità Sociale di Impresa è che possa costituire una risorsa, un supporto significativo in circostanze di questo tipo per la resilienza dei sistemi economici (1). Si inizia a comprendere quanto sia riduttiva la concezione, piuttosto diffusa fra le imprese, di una RSI intesa come dovere a cui sottoporsi per non incorrere in una diminutio della reputazione. Al contrario, di fronte alla crisi senza precedenti apertasi nel 2020, che ancora adesso sta facendo vacillare la stabilità dei nostri sistemi economico-sociali, la RSI, ripensata attraverso l’impegno congiunto di economisti e filosofi e grazie allo sforzo pratico delle imprese, diventa un alleato. Proprio la crisi, infatti, ci ha mostrato come la capacità di attenzione ai propri stakeholder e la flessibilità  da parte del mondo produttivo abbiano avuto un ruolo fondamentale nella gestione del primo periodo della pandemia, laddove, per esempio, la riconversione produttiva ha assicurato i presidi indispensabili alla collettività per fronteggiare l’emergenza e sostenuto il fatturato di molte imprese. Attività in cui anche le aziende cosmetiche si sono prodigate, risultando protagoniste, con la produzione di disinfettanti e igienizzanti per le mani. È questo un esempio che evidenzia come la capacità di risposta ai bisogni della collettività abbia giocato un ruolo chiave nel corso dell’emergenza sanitaria.  Moltissime imprese, in Italia e all’estero, questi presidi li hanno addirittura donati nel picco dell’emergenza. Ecco, questa presenza, questa capacità, al di là della situazione contingente, merita di essere compresa e studiata per essere messa a sistema.

Prof.ssa Valentina Gentile

Come si rapporta la RSI in relazione al conflitto, o trade-off, fra tutela della salute e mantenimento della produttività delle imprese e del sistema economico?
La RSI è importante perché ci aiuta a ragionare con un orizzonte più ampio. Non si può pensare al mercato come a un mondo separato dal contesto politico e sociale entro cui opera. Un contesto caratterizzato dalla presenza di persone che hanno uno status sociale e politico, quello di cittadini portatori di determinati diritti – diritto alla salute, diritto all’eguaglianza e alla non discriminazione, diritto all’istruzione ecc.  In quest’ottica, la tesi che considera la RSI come meramente collegata ad una logica input-output, e che si concentra esclusivamente  sugli effetti benefici sul profitto, risulta non soltanto debole dal punto di vista teorico ma anche fuorviante. Oggi, a maggior ragione, risulta fondamentale considerare il mercato in relazione alle persone, alla società, all’ambiente, quest’ultimo ampiamente riportato in primo piano nel corso della pandemia da studi che hanno posto in relazione lo “spillover” del virus con il degrado ambientale. La riflessione sulla responsabilità ci permette di capire che la realtà economica è più complessa e che chi vi opera deve avere la capacità di relazionarsi a tale complessità. Ciò implica che si debba restituire centralità agli interessi di ciascuno stakeholder, pena il non sopravvivere nel lungo periodo: più che al profitto, la RSI si rivela strettamente collegata alla sopravvivenza stessa delle imprese. Considerando la fase attuale, se le imprese non si orientano con decisione alla RSI, il rischio è di non uscire da una situazione di inadeguatezza. In questo momento ripensare la RSI permette alle imprese di privilegiare un’ottica sistemica che tenga conto del contesto socioeconomico entro cui si opera, dei diversi interessi in gioco che devono coesistere con quelli del business e della tenuta del sistema imprenditoriale. A mio avviso, la RSI è uno strumento che aiuta le imprese a ragionare su quali siano le modalità migliori per affrontare le problematiche che emergono dal contesto e valutare tutti i rischi e tutti i benefici in un’ottica “sistemica”, che tenga conto di tutti gli stakeholder. In questo momento la scelta di restare ciechi a queste problematiche espone le imprese a un serio rischio di collassare.

Quale è il ruolo delle PMI?
Il comparto produttivo italiano è caratterizzato in larga parte da PMI, che molto possono fare, anche se una parte di esse, le più piccole o le cosiddette ‘microimprese’, possono avere maggiori difficoltà a portare avanti un programma strutturato di RSI. Nell’ambito di uno studio cui ho partecipato alcuni anni fa promosso dalla Commissione Cultura di Confindustria sulla rendicontazione di sostenibilità (2), è emerso che soggetti come le medie imprese conseguono performance di sostenibilità decisamente soddisfacenti. Spesso questa parte del mondo imprenditoriale svolge già un ruolo virtuoso che può e deve esser valorizzato e inteso dalle imprese stesse attraverso strumenti di rendicontazione adeguati a coglierne la specificità. Nelle imprese più piccole, invece, abbiamo osservato che data la pluralità e la disomogeneità degli attori, fosse importante dar conto di questa diversità attraverso uno strumento di rendicontazione sensibile a tali differenze. Per questa ragione furono individuati specifici KPI di monitoraggio adatti a cogliere le esperienze virtuose anche delle realtà più piccole.

In quali termini le logiche di cooperazione che partono dalle imprese possono migliorare la resilienza dei sistemi economici?
In situazioni estreme, interi comparti possono risultare vulnerabili. Spesso all’interno di questi comparti molto impattati da una crisi come quella attuale gli attori più piccoli sono anche i più svantaggiati. A questo scopo è fondamentale creare alleanze e partnership tra imprese, che hanno il senso di instaurare meccanismi di cooperazione che permettano ai soggetti più vulnerabili di essere resilienti.
L’idea generale è che in un sistema-mercato all’interno di uno Stato ci debba essere cooperazione fra i vari soggetti economici. La RSI dovrebbe portarci a capire che esistono fasce di vulnerabilità che non riguardano soltanto categorie di persone o categorie di lavoratori, ma anche comparti produttivi, alcuni dei quali possono essere in maggior difficoltà di altri in un certo momento storico. Di questo deve certamente tener conto in prima istanza lo Stato –e nel caso specifico della crisi attuale lo sta facendo ad esempio con lo strumento dei ristori, ma devono tenerne conto anche gli altri soggetti economici, perché i ristori governativi da soli difficilmente potranno assicurare la ripartenza dei settori colpiti. La RSI costituisce dunque un importante alleato, nel momento in cui i soggetti economici meno colpiti attivano strumenti e strategie per supportare di volta in volta i propri stakeholder più vulnerabili, fornitori, clienti, gli stessi consumatori. Questo lascia intravedere un circolo virtuoso che innesca meccanismi di resilienza più efficaci rispetto al ristoro isolato. Si tratta di cooperare con i propri partner all’interno della supply chain, per esempio, in modo da poter ripartire tutti insieme quando la crisi viene superata. Se, in effetti, un’impresa non si impegna a sostenere i propri stakeholder, inclusi i partner in difficoltà, come può mantenere il proprio business? Questo principio di cooperazione non è così lontano, passando a una visione macro dell’economia, dal principio che ha portato, al livello Europeo alla creazione del Recovery Fund. Non si tratta, peraltro, di considerazioni teoriche, perché molte imprese già stanno operando in questi termini nei confronti di propri partner. Ancora non possiamo descrivere questi fenomeni in modo esaustivo e renderli sistematici, ma gli esempi non mancano.

Sta dicendo che il mercato dovrebbe essere più cooperativo?
Il fatto di intendere il mercato in modo più cooperativo e meno competitivo sarebbe più coerente con i principi politico-sociali che animano le nostre società democratiche, orientate a tutelare e garantire i diritti fondamentali di ciascuno. La pandemia ha messo tutti, non solo le imprese, di fronte alle responsabilità sociali che abbiamo e che ci impongono un autoridimensionamento. Ma non dovrebbe essere questo e, forse, neanche l’emergenza climatica il motore che dovrebbe portarci a ragionare in termini di maggiore responsabilità reciproca. Il motore dovrebbe essere provare a immaginare in che mondo vogliamo vivere, per capire che, probabilmente, ci interessa consegnare ai nostri figli un mondo in cui determinate tutele civili, sociali, ambientali, oltre che economiche siano mantenute. Forse questo è il momento di raccogliere questa sfida e capire cosa la RSI ci può dare, per umanizzare le relazioni economiche e per porre in più stretta connessione il mercato con il contesto socio-politico cui apparteniamo.