Dove la cosmetica fa davvero cose turche

Turchia - Città del Fuoco (A. Ratti).
Turchia – Città del Fuoco (A. Ratti).

Fonti governative hanno calcolato in tempi recenti che le esportazioni di prodotti per la bellezza realizzati sul Bosforo abbiano più che decuplicato il loro valore negli ultimi tredici anni grazie al forte accento posto sulla qualità. Nel frattempo crescono significativamente anche i consumi interni. Sono i crescenti standard di vita, l’incremento del totale delle donne-lavoratrici e una popolazione tutto sommato piuttosto giovane (con il 25,9% degli abitanti in età compresa fra 0 e 14 anni) i fattori che il ministero per l’Economia di Ankara ha indicato come trainanti per lo sviluppo del mercato e dell’industria turchi della cosmetica. Le istituzioni nazionali, supportate dai dati del dicastero per la Sanità, hanno stimato quest’anno che il settore impieghi circa 14 mila addetti grazie all’attività di qualcosa come 3.250 aziende impegnate nel solo ambito della manifattura diretta, prevalentemente quanto strategicamente posizionate nell’area di Istanbul. Sempre stando alle cifre istituzionali datate al 2014 il valore di produzione totalizzato dal segmento si è impennato sino a 1,5 miliardi di euro grazie soprattutto al boom degli shampoo, che rappresentano il 59% di un comparto, quello della cura del capello, rivelatosi dominante nell’intero panorama del beauty. L’ascesa della Turchia fra i Paesi-driver per la realizzazione e la commercializzazione di cosmetici è stata guidata dal robusto accento che l’industria ha posto nel corso degli anni sugli standard di qualità. La maggior parte delle società d’area è in possesso oggi di certificazioni qualitative Iso 9000 e Iso 14000 oltre a essere allineata alle più rigorose evoluzioni normative in materia di sostenibilità ambientale. Regolamenti conformi alla Direttiva Ue sulla cosmetica (76/768 Eec) sono stati introdotti sin dal 2005; mentre sono tuttora in corso gli studi sull’adozione della nuova European cosmetics directive 1223/2009, entrata in vigore a livello continentale solo l’anno scorso. I risultati del forte impulso alla modernizzazione del made in Turkey si riflettono positivamente e sensibilmente sull’exploit del quale la regione è stata protagonista recentemente sul versante delle esportazioni. Alla macro-categoria del personal care veniva assegnato all’inizio di questo secolo un valore dell’export pari a 61 milioni di dollari; mentre nel 2013 esso era balzato a 631 milioni. Interessante è inoltre lo spaccato delle consegne all’estero che il ministero per l’Economia ha curato e presentato: esso mostra che in cima alla graduatoria delle soluzioni di maggior successo oltreconfine ci sono articoli per bagno e doccia e per la cura dell’uomo, forti dei loro 277 milioni di dollari di fatturato globale. Primi tra gli inseguitori spiccano le già menzionate lozioni per i capelli che nel 2013 hanno toccato la vetta di 153 milioni e, con 141 milioni, trucchi e prodotti per la pelle.

Un’industria da esportazione
Approdi di sbocco primari dell’internazionalizzazione turca sono in misura preminente gli Stati dell’Est europeo, del Nord Africa e del Medio Oriente, anche se Ankara ha rilevato come i suoi cosmetici raggiungano ormai ben 150 destinazioni in tutto il mondo. Nel 2013 sono sbarcati soprattutto in Iraq, Russia, Iran, Libia, Ucraina, Azerbaijan e Romania e dati riferiti invece al 2012 indicano l’Iraq e l’Iran come acquirenti privilegiati con un rispettivo market share del 16 e dell’8%. È tuttavia da notare come, probabilmente anche in virtù della presenza di una radicata comunità turca nella Repubblica Federale, la Germania sia risultata un anno fa fra i destinatari di trucchi e di creme per la pelle provenienti dal Bosforo: una classe merceologica il cui valore è stimato oltre i 150 milioni di dollari statunitensi per quel che concerne solamente le esportazioni. A dare prova della grande vivacità dell’industria nazionale di settore e del momento di slancio che essa sta attualmente attraversando sono anche le grandi manovre e le cospicue dimensioni ottenute dai suoi player d’eccellenza. Fonti specializzate nell’analisi dei mercati mediorientali hanno per esempio messo in evidenza il caso di Flormar, che controlla 50 mila punti vendita in ottanta Paesi e ha pianificato per l’anno in corso nuove aperture a Panama, negli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Tailandia. Proprietaria dal 2013 del 51% delle quote della francese Yves Rocher, amministra a Gebze (nella regione di Marmara; nella parte Nord-Occidentale dello Stato) un impianto di produzione in grado di mettere sul mercato da 60 a 100 milioni di confezioni ogni anno. Dimensioni imponenti sono anche quelle conseguite dal commercio elettronico, che nel suo complesso muove 13 miliardi ogni anno e diventa sempre più attraente anche per le multinazionali della bellezza. Ancora media e analisti focalizzati sul Medio Oriente si sono occupati del colosso britannico Cheapsmells.com che in Turchia opera attraverso il marchio Bellamola.com e dopo avere investito 1,8 milioni di dollari punta a fatturare 6,7 milioni su Internet con un +500% di vendite quest’anno.tab1turchia

Il boom della fascia alta e dell’igiene orale
A certificare l’affermazione della Turchia come stella di prima grandezza nella galassia della cosmetica è anche Euromonitor, che con una analisi pubblicata nell’agosto del 2013 ha evidenziato come il mercato nazionale abbia salutato dal 2012 tassi di crescita superiori alle medie precedenti. E come la tendenza sia destinata a proseguire anche per i prossimi quattro anni almeno, triplicando entro fine decennio un valore totale del panorama che nel 2012 era pari a 2,338 miliardi di euro. Alle condizioni favorevoli al boom descritte dal ministero per l’Economia, l’organismo di statistica ha aggiunto la corsa all’urbanizzazione di parte della popolazione prima sedimentata nelle zone rurali o periferiche; e la diffusione dell’uso dei cosmetici anche al di fuori delle aree metropolitane. Su uno scenario che, secondo Euromonitor, varrà nel 2014 oltre 4,1 miliardi di euro, è significativa però la performance segnata dai prodotti classificati alla voce Mass cosmetics & personal care ai quali è assegnata la porzione più ampia dell’intera torta, con più di 3 miliardi di euro. La situazione non dovrebbe mutare di qui al 2018; laddove un passo avanti che testimonia anche di un rapido mutamento dei costumi oltre che dei consumi dei cittadini è pronosticato per i prodotti per la prima infanzia. Partiti nel 2008 da una base di poco superiore ai 143 milioni, nel 2018 dovrebbero attestarsi a 512,6 milioni passando per i 296,6 del 2013. In un territorio che secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) presenta una situazione di disparità sociale fra le più acute in Europa, presenta numeri ancora poco ragguardevoli ma tassi di sviluppo di rilievo la categoria dei prodotti Premium. Atab.2-turchiattesi per i prossimi anni a una ulteriore impennata essi hanno visto il loro fatturato transitare dai 156,4 milioni del 2008 ai 266,2 del 2013. Un’altra performance d’interesse è quella dei deodoranti, a loro volta posizionati su valori esigui ma in costante incremento: totalizzavano poco meno di 96 milioni nel 2008 e si sono già arrampicati a 170,4, oltre a promettere degli ulteriori progressi entro i prossimi tre o quattro anni. Quanto ai marchi più popolari in terra turca, con la leader nazionale Flormar piazzata solamente all’ottava posizione di una ideale top ten, i gradini più alti di un possibile podio sono tutti occupati dai più noti brand di respiro mondiale. Brillano le stelle di Avon, Nivea e L’Oréal, ma esemplari per comprendere le evoluzioni della cura della persona in Turchia sono i fanalini di coda Oral-B (del gruppo Procter & Gamble); e Sensodyne, appartenente a GlaxoSmithKline Plc. Sono infatti le espressioni di un altro segmento in ottima salute: l’igiene orale è balzata da valori di 248 milioni di dollari a quasi 445 fra il 2008 e il 2013; ed entro il 2018 dovrebbe sfiorare il picco dei 673 milioni. Infine, gli accordi doganali con l’Unione europea del 1996 estendono anche ai cosmetici l’esenzione dai dazi per l’ingresso dei prodotti in territorio turco. I cosmetici possono tuttavia essere soggetti a un’imposta sul valore aggiunto del 18% e inoltre debbono essere accompagnati nel passaggio oltre i confini del Paese da certificati di analisi sanitaria rilasciati generalmente dalle Asl.

EXPORT
Approdi di sbocco primari per l’export cosmetico turco sono gli Stati dell’Est europeo, del Nord Africa e del Medio Oriente, ma il made in Turkey raggiunge ormai ben 150 Paesi in tutto il mondo.

OCCUPAZIONE
Il settore della cosmetica impiega in Turchia circa 14 mila addetti grazie all’attività di qualcosa come 3.250 aziende manifatturiere per la maggior parte concentrate nella zona di Istanbul.

Bibliografia
-Ministero per l’Economia turco: www.tcp.gov.tr/english/sectors/sectoringpdf/cosmetics.pdf
-Euromonitor: www.euromonitor.com/beauty-and-personal-care-in-turkey/report.

 di R. Carminati in collaborazione con Euromonitor International