Il gelsomino, fascino e seduzione

( it.wikipedia su Commons)
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Il conturbante profumo di gelsomino caratterizza le profumazioni dei giorni nostri: dopo oltre un secolo e ancora oggi è immutato il magnetismo sensuale di questo piccolo fiore stellato.  Numerosi sono gli aggettivi che si utilizzano per descrivere l’odore del gelsomino, dolce e inebriante ma anche sensuale e floreale allo stesso tempo. Uno degli aspetti più poetici e romantici del gelsomino è la leggenda secondo la quale questo fiore nacque da stelle precipitate sulla terra. Il suo fascino deriva anche dal fatto che è durante la notte che sprigiona il massimo del suo profumo: viene infatti chiamato «il bello di notte» e gli arabi lo considerano il re dei fiori; è legato ai due astri notturni e femminili per eccellenza, cioè la Luna e Venere. Tra i suoi pregi anche quello di essere un profumo molto prezioso: servono otto chili di fiori per avere un chilo di materia olfattiva e sei chili di petali per ottenere un grammo di olio essenziale. L’essenza del gelsomino è una delle più pregiate e costose grazie anche alla cura che richiede nella lavorazione: come detto è un fiore notturno che esprime la sua massima potenza olfattiva di notte, e la raccolta deve essere fatta manualmente all’alba.

Originario delle montagne del Nord Ovest dell’India e con un nome che sembra derivi dalla lingua persiana, al samn cioè fiore bianco, il gelsomino può essere coltivato in zone dal clima mite; le due specie più considerate infatti sono il Jasminum grandiflorum, coltivato in Egitto, Italia, Marocco e India e il Jasminum Sambac, coltivato in Cina e India. Pur essendo botanicamente affini, dal lato olfattivo questi due fiori sono molto diversi fra loro: il grandiflorum è fresco, leggero, verde con quel tocco di dolcezza floreale; mentre il sambac è invece più dolce, misterioso, quasi narcotico, senza la nota fresca ed erbacea del primo. Dal punto di vista chimico è affascinante osservare come all’interno dell’assoluta di gelsomino si possano trovare materie prime con caratteristiche olfattive opposte, si va dall’acetato di benzile con le sue note fruttate e ricche agli effluvi fior d’arancio e fruttati dell’antranilato di metile, passando per le tracce di indolo, dal sentore scatologico e suadente.

La storia dell’utilizzo del gelsomino in profumeria non può non intrecciarsi con il capolavoro Joy di Jean Patou, realizzato nel 1930. Come suggerisce una celebre formula Alméras miscelò «10.600 fiori di gelsomino e 28 dozzine di rose» per ottenere 30 ml di parfum, formula che si tradusse nello slogan «Joy, il profumo più caro al mondo». In Joy il gelsomino di Grasse è surdosato in quantità imbarazzante quasi fosse un brillante di grande caratura dove il resto è dosato con estrema delicatezza per lasciare che brilli di mille riflessi.

Altri sublimi esempi della declinazione del gelsomino in profumeria si possono trovare per esempio nell’eau de toilette Jasmin Rouge (Private collection) di Tom Ford, che si apre con frizzante nota di testa di bergamotto, mandarino, cardamomo, riscaldante zenzero e pepe bianco, un tripudio floreale di gelsomino sambac, ylang-ylang, e neroli per terminare con la rotondità finale data dalle note ambrate, cuoio e vaniglia. Altro grande successo sul mercato è stato il profumo Jasmin Noir di Bulgari, creazione del 2008 di Carlos Benaim e Sophie Labbe, dove il gelsomino Sambac è il componente principale ma in una veste differente, viene reso ‘dark’ grazie all’utilizzo di legni preziosi, dell’assoluta di liquirizia e di suadenti note di fava tonka.

di Luca Ilorini, chimico cosmetologo