La nuova classificazione del linalolo

Nell’affascinante e complicato mondo del regulatory legato al mondo del profumo la novità maggiore è rappresentata dalla ri-classificazione del linalolo, materia prima sintetica e presente ubiquitariamente anche in molti oli essenziali di origine naturale. Si tratta di un monoterpene molto diffuso nel legno di rosa, in oli aromatici, come il basilico e il coriandolo, e soprattutto componente importante per le essenze di lavanda e bergamotto, con percentuali sempre superiori al 20-25%. Nel primo quadrimestre del 2017 infatti il linalolo, in seguito alle indicazioni del 11° ATP (Adeguamento Tecnico del Prodotto) verrà classificato come H317 1B, ma la data di applicazione della misura è ancora incerta. Una modifica di questo tipo comporta sicuramente una modifica a livello della scheda di sicurezza della fragranza contenente il linalolo e a seconda dei casi può avere importanti effetti a livello di etichettatura e di packaging, con la necessità di aggiungere frasi di rischio o pittogrammi. È opportuno considerare che nelle fragranze dove il linalolo è inserito in formula come sintetico può essere tranquillamente rimpiazzato da ottime alternative come etil-linalolo, molto più elegante e pulito dal lato prettamente olfattivo, o parzialmente il tetraidrolinalolo, nonostante una note leggermente sporca da detergente; mentre al contrario quando quest’ultimo è contenuto in oli o miscele di oli essenziali non è possibile ricorrere a questo genere di stratagemma e quindi la classificazione scatterà obbligatoria. Per il futuro si prevedono novità all’orizzonte: dall’Olanda arriva la proposta di classificare l’isoeugenolo come ‘super’ H317 1°, tipologia di classificazione comunque di tipo cumulativo, mentre soffiano venti e indiscrezioni danesi sull’eventuale proposta di citral, cinnamaldeide e geraniolo come H317 1A, cambiamenti che porteranno molti clienti a valutazioni critiche per comprendere se sia il caso di variare leggermente la nota olfattiva del prodotto, qualora si possa, e avere un’etichettatura più mild, oppure cercare di capire allo stesso tempo se la situazione meno dannosa per il cliente finale sia un cambio di nota olfattiva del prodotto o una modifica del packaging dello stesso con nuove frasi di rischio.

di Luca Ilorini, chimico cosmetologo