Questa volta non tratterò di fragranze e profumi, ma di come la percezione degli odori può essere utilizzata a vantaggio della salute. L’olfatto non ha ancora un suo sistema univoco di codifica, non si può associare, come per i suoni, una specifica e unica frequenza a ogni nota, o creare liste di riferimento delle tonalità dei colori come quelle elaborate dalla Pantone1. La percezione olfattiva, nel mondo vivente, si basa su un sistema di mappatura progressiva. Ad ogni odore percepito viene associato un gruppo di segnali, di intensità e modulazioni diverse, dovuti all’interazione specifica di ogni principio olfattivo con gruppi di recettori, che diventano l’immagine neuronale di quel particolare odore e ne permettono, alla successiva interazione, il riconoscimento immediato, che però è legato alla soggettività dei ricordi e delle sensazioni provate da ogni singolo individuo, al momento dell’identificazione. Inoltre, vi è il problema della soglia di percezione, che varia da persona a persona. Da non molto tempo, però, i nasi elettronici sono passati dalla fantascienza alla realtà quotidiana. Prima appannaggio di Polizie Scientifiche, Guardie di Finanza o Centri Antisofisticazioni e poi, sempre più, del mondo del lavoro nell’ambito della produzione (sicurezza e dosaggi) e del controllo di qualità (oli, formaggi, imballaggi). Il loro principio di funzionamento è relativamente semplice: un certo numero di sensori reagiscono a contatto con sostanze chimiche volatili, producendo modifiche specifiche in flussi di segnali elettrici, che vengono registrate e confrontate con banche dati, realizzate nella fase di apprendimento dei nasi elettronici. Tale confronto porta all’identificazione, certa o per similitudine, delle sostanze volatili che sono venute a contatto col “naso elettronico”2. L’aspetto che rende particolarmente interessanti gli sviluppi in questo campo è proprio il passare dalla soggettività dell’interpretazione della percezione umana, all’oggettività sensoriale degli strumenti.
Banche dati degli odori
È quindi importante definire degli standard, su cui costituire delle banche dati di “odori” di riferimento e utilizzabili da ogni strumento d’identificazione olfattiva. Un lavoro lungo e complesso che permetterà di ampliare sempre più gli utilizzi in molti più campi dei “nasi elettronici”, che nel frattempo diventano sempre più miniaturizzati. Questi studi hanno dato nuovo vigore a un approccio diagnostico caduto in disuso da secoli, l’osfresiologia, (dal greco osphresis=olfatto), ovvero il riconoscimento di patologie tramite le emanazioni odorose del paziente3. È noto che, per esempio, quando un bambino ha carenza di zuccheri nell’alimentazione, può subire un disturbo metabolico, detto Acetone; questa patologia può essere riconosciuta annusando l’alito del paziente. Se risulta fruttato e acido, indica che è in corso la produzione endogena di chetoni a partire dagli acidi grassi. I medici condotti di campagna, ma anche i luminari del secolo scorso, ricorrevano spesso all’olfatto per individuare le patologie che affliggevano i loro pazienti. Recentemente è stato dimostrato che grazie all’olfatto di cani opportunamente addestrati4 cheè possibile individuare precocemente la presenza di un tumore alla prostata.
Applicazioni dei nasi elettronici
Nella diagnosi olfattiva spaziano già dal tumore ai polmoni al diabete, dall’asma alle infezioni batteriche urinarie, gastrointestinali e respiratorie. I nasi elettronici e la diagnostica olfattiva offrono infinite possibilità e, forse, i pronti soccorsi disporranno, tra non molto tempo, di un reparto di “annusamento clinico”, che, auspicabilmente, sarà anche piacevolmente profumato!
Può venire il dubbio che lo sviluppo di queste banche dati porterà alla creazione “automatizzata” di profumi. Finora i computer non hanno ancora saputo scrivere opere letterarie all’altezza degli autori umani, pur avendo a disposizione milioni di dati in archivio…poco probabile, secondo me, la nascita di un capolavoro olfattivo generato elettronicamente.
di Silvio Levi