Rabarbaro: un’abbronzatura tutta al naturale

rabarbaroCome possiamo diventare abbronzate senza danneggiare la nostra pelle? Senz’altro l’utilizzo di cosmetici naturali, che fungono da filtro protettivo, proteggono la nostra pelle donandole un colore giusto senza danneggiarla. Ne sono un esempio le creme solari al rabarbaro. Il rabarbaro o Rheum Palmatum è una pianta perenne, rustica, rizomatosa. Viene coltivata in un terreno sciolto e leggero, lavorato in profondità per favorire la crescita dei rizomi. La droga del rabarbaro è caratteristica di rizomi robusti e carnosi (fig.1a). In sezione trasversale, a qualche mm dalla periferia, si osserva una linea nerastra corrispondente al cambio. Questo ha prodotto all’esterno del cribro biancastro e all’interno del legno con parecchio parenchima. Il midollo molto sviluppato è grigio-giallastro. Tutti i parenchimi sono ricchi di amido e di druse di ossalato di calcio. I raggi parenchimatici sono colorati in giallo fulvo a causa dei derivati antracenici. L’odore gradevole è particolare, il sapore è astringente e amaro, ha proprietà aromatiche e medicinali. Le foglie del rabarbaro sono grandi, di colore verde intenso, in certe varietà con sfumature rosse, sono in gran parte riunite in una rosetta basale, disposte con fillotassi alternata, con piccioli lunghi cilindrici e carnosi e lembo variabile da ovato-cordato a reniforme, semplice o palmato-lobato (fig.1b). In estate sulla cima di steli eretti, molto prominenti rispetto alle foglie, si aprono le pannocchie di fiori giallastri, verdastri o rosso vivo (fig. 1c). Le radici, ridotte in pezzi, si fanno essiccare. Gli steli si candiscono o si cuociono per fare composte e marmellate.

Proprietà officinali
Il rabarbaro è costituito principalmente dal 3- 12% derivati idrossiantrenici di cui 80% glicosidi antrachinonici (emodina, reina, aloemodina), dal 10-20% glicosidi diantronici; dal 5-10%di tannini.
Il fitocomplesso del rabarbaro è caratterizzato da derivati idrossiantracenici (antrachinoni che sono stati isolati più di 20) e di cui la maggior parte (60-80%) è rappresentata dai glicosidi della reina. Sono presenti sennosidi (A e B), emodina e una grande abbondanza.

Proprietà cosmetiche
Essendo una pianta ricca di polifenoli ha grandi potere anticancro. Le sostanze anticancro aumentano considerevolmente il potente potere anticancro avendo la capacità di contrastare la crescita di quelle cellule tumorali capaci di ingrandire una massa neoplastica. Viste le brillanti potenzialità dei polifenoli del rabarbaro, adesso la ricerca scientifica si sta indirizzando verso tecniche di estrazione delle salutari sostanze della pianta per trattare quei tumori che resistono ad altre terapie antineoplastiche. Le radici di rabarbaro possiedono uno spiccato trofismo nei confronti dei tessuti epiteliali, favorendo la stabilizzazione delle membrane cellulari dell’epidermide e delle pareti vascolari. Grazie alla presenza di questi principi attivi, gli estratti di rabarbaro esercitano un’azione astringente, purificante e decongestonante sui tessuti epidermici accanto a un’efficace attività vasoprotettrice sul microcircolo. I componenti della droga agiscono infatti a livello dei piccoli vasi sanguigni sottocutanei, dove contribuiscono a ridurre la permeabilità vascolare e svolgono un’efficace azione tonica sulle pareti capillari, contrastandone la fragilità e la tendenza alle microemorragie. Quest’azione, che possiamo definire “astringente vasale”, si traduce, a livello cosmetico, in un percettibile senso di freschezza sulla pelle. Per la loro azione decongestionante e protettiva del microcircolo, gli estratti di rabarbaro vengono diffusamente utilizzati in prodotti cosmetici per pelli arrossate, facilmente irritabili e con couperose. Grazie alle proprietà astringenti e purificanti viene inoltre impiegato in cosmetici destinati alle pelli impure, con pori dilatati e tendenza al “lucido”, e nei prodotti per la pulizia del viso. In seguito alla distillazione delle radici di rabarbaro si ottiene una potente acqua distillata. L’acqua distillata ricca dei principi attivi i cui estratti vengono utilizzati nella composizione di schiarenti per i capelli: vengono utilizzati per donare riflessi di color “ramato” ai capelli. È rappresentato come un fondamentale componente di oli, maschere, creme di bellezza che depurano, idratano, levigano, tonificano il viso e il corpo e contrastano l’invecchiamento della pelle.fig.1

Abbronzatura e rabarbaro
Il rabarbaro è fondamentale anche perché entra a far parte del processo e fattori che accelerano la maturazione della melanina, facilitando così l’abbronzatura. Un po’ grossolanamente possiamo affermare che l’abbronzatura è una forma di difesa che la cute mette in atto per difendersi dagli effetti dannosi che possono essere provocati da un’esposizione eccessiva ai raggi ultravioletti, sia che questi provengano dalla luce solare sia che provengano da fonti di luce artificiale. Sostanzialmente l’abbronzatura è un fenomeno per il quale la cute tende a scurirsi in seguito all’esposizione ai raggi ultravioletti (raggi ultravioletti, UV); lo scurirsi della cute è dovuto alla produzione di melanina, un pigmento di colore bruno contenuto nei melanociti (cellule presenti nell’epidermide). L’evoluzione del fenomeno abbronzatura nell’ultimo secolo: il rapporto con la tintarella è cambiato profondamente negli ultimi anni. Fino alla fine del XIX secolo, l’accentuata abbronzatura della pelle era prerogativa di contadini e manovali. Questa caratteristica, ai tempi per nulla apprezzata, sottolineava il ceto sociale umile e disagiato dei lavoratori costretti a passare numerose ore sotto il sole rovente. Al contrario il pallore del volto era sinonimo di nobiltà e benessere economico. Tale caratteristica veniva addirittura accentuata attraverso il massiccio utilizzo di prodotti cosmetici. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale la reputazione dell’abbronzatura è lentamente migliorata. Il contemporaneo sviluppo economico e del turismo in genere ha portato in questi ultimi tempi ad una vera e propria passione per l’abbronzatura.
L’abbronzatura è divenuta sinonimo di benessere e di vita agiata, ricca di piaceri, viaggi e avventure, concetto collegato al benessere sia da un punto di vista salutistico (i rischi connessi e i benefici dell’esposizione al sole) sia da un punto di vista più strettamente psicologico (estetica). Al contrario il colorito pallido è divenuto un tratto caratteristico delle classi meno abbienti che, costrette a lavorare al chiuso in un ufficio o in una fabbrica, non hanno le possibilità economiche per godersi lunghe vacanze.
In attesa di una nuova inversione di tendenza, non ci resta che scoprire tutti i segreti dell’abbronzatura, per goderci la tanto ambita tintarella in totale sicurezza.
Radiazioni solari
La radiazione solare viene in gran parte assorbita dall’atmosfera terrestre che agisce da vero e proprio filtro. Le radiazioni che riescono a oltrepassare questa barriera protettiva naturale sono composte da tre diversi tipi di luce (fig. 2):
– visibile a occhio nudo;
– infrarossa, invisibile e responsabile del senso di calore;
– ultravioletta, che con le sue diverse lunghezze d’onda è causa della tanto ambita abbronzatura.
Come può essere immaginato, ognuna di questi tipi di luce ha diversi effetti sull’organismo, che sono variabili a seconda della modalità di assorbimento.
– Luce visibile corrisponde al 37% del totale. Si tratta di una luce non è pericolosa per la salute e non aggredisce la cute anche se talvolta provocare fastidiosi bagliori agli occhi.
– Raggi infrarossi corrispondono invece al 60% della luce. Per gli effetti termici che determinano, vengono riprodotti artificialmente e usati a scopo terapeutico. La loro caratteristica più importante è la trasmissione di calore allo strato superficiale della pelle (strato corneo). Pertanto un eccessivo assorbimento può danneggiare la pelle per ipertermia e provocare sintomi che vanno dalla vasodilatazione alla disidratazione cutanea. Le radiazioni che raggiungono la pelle vengono in parte riflesse dallo strato corneo e in parte assorbite e trasmesse alle strutture dell’epidermide e del derma.
– Raggi ultravioletti (UV) corrispondono al 3% delle radiazioni totali. Gran parte dei raggi UV vengono riflessi dallo strato corneo superficiale e solo una piccola quota arriva negli strati più profondi dell’epidermide. Questi a seconda della lunghezza d’onda, si suddividono in UV-A, UV-B e UV-C. La loro caratteristica più importante è la lunghezza d’onda che ne determina la profondità di penetrazione cutanea. Questa caratteristica dipende dalla lunghezza d’onda: più grande è questa, minore è la frequenza, quindi maggiore è la penetrazione.
Le lunghezze d’onda degli UV sono:
– UV-A (98%), lunghezza d’onda: 320 – 400 nm. Gli UV-A, hanno effetti ottimi sull’abbronzatura (anche se inferiori agli U.V-B) e moderati sul danneggiamento cutaneo. Vista la loro elevata lunghezza d’onda sono tuttavia in grado di penetrare in profondità nel derma distruggendo capillari, collagene ed elastina, provocando eritemi e danneggiando la pelle.
– UV-B (2%), lunghezza d’onda: 280 – 320 nm. I raggi UV-B, hanno una capacità di penetrazione inferiore e non riescono a superare le strutture più superficiali della pelle. Gli effetti deleteri sono comunque importanti poiché i raggi U.V-B sono in grado di alterare il materiale genetico contenuto nel DNA aumentando il rischio di comparsa di tumori cutanei. La radiazione UV-B è molto più efficace della radiazione UV-A nel provocare l’eritema.
– UV-C, lunghezza d’onda: 100 – 280 nm. I raggi UV-C sono particolarmente dannosi per la salute ma vengono trattenuti dalla fascia di ozono e per questo non hanno effetti particolari sulla pelle. Il rischio di esposizione a questi raggi aumenta in alta quota.
Quindi i raggi ultravioletti sono i fautori della pigmentazione della cute stimolando la produzione di melanina; favoriscono il trofismo e l’accrescimento osseo stimolando la sintesi della vitamina D; svolgono un’azione disinfettante a livello della cute; favoriscono la circolazione e stimolano di conseguenza l’attività dei globuli bianchi; accelerano la proliferazione pilifera.
Quando la pelle è irradiata si attivano alcune risposte biologiche: lo strato corneo inizia a ispessirsi (ipercheratosi) in seguito a un’aumentata mitosi delle cellule basali dell’epidermide, allo scopo di proteggere la pelle dalle radiazioni UV; inizia ad accumularsi b-carotene, una molecola antiossidante che agisce come silenziatore dell’ossigeno singoletto e come stabilizzatore di membrana; vi è secrezione, con il sudore eccrino, diacido urocanico, molecola derivante dalla deamminazione dell’istidina, in grado di assorbire i raggi UVA; si attivano gli enzimi superossido dismutasi (SOD) e glutatione perossidasi (GSH), quali scavenger delle forme reattive dell’ossigeno; si attivano i meccanismi di riparazione e replicazione del DNA; si attiva il principale meccanismo di auto-protezione dagli UV: la pigmentazione. Dapprima si produce una pigmentazione immediata e transitoria indotta dai raggi UVA e dalla luce Visibile, che inizia dopo pochi minuti dalla prima esposizione e dura 24-36 ore. Questa prima abbronzatura è dovuta alla fotossidazione della melanina già presente nei melanociti, ma la colorazione che ne deriva è effimera e non ha funzione protettiva. Due giorni dopo la prima esposizione, tempo necessario ai melanociti per produrre melanina, inizia la pigmentazione ritardata in risposta ai raggi UVA e UVB; viene indotta, da parte dei raggi UVB, la produzione di vitamina D nello strato delle cellule spinose (azione anti-rachitica). Oltre all’azione anti-rachitica attribuibile ai raggi ultravioletti, il sole ha ulteriori effetti benefici, come per esempio un’azione disinfettante a livello della cute e un’azione antinfiammatoria nei confronti di dermatite atopica e psoriasi.

fig.2Fototipi e abbronzatura
Com’è certamente noto, l’intensità dell’abbronzatura può essere molto variabile. C’è chi acquista subito un colorito dorato e chi, nonostante gli sforzi si procura solo scottature, bruciori e infiammazioni cutanee…
La variabilità è legata principalmente a fattori quali la durata dell’esposizione ai raggi ultravioletti e il cosiddetto fototipo del soggetto. Il fototipo è una caratteristica del soggetto che dipende dalla quantità e dalla qualità della melanina presente nella pelle. Nelle popolazioni di pelle bianca si distinguono quattro classi in ordine decrescente di fotosensibilità, a cui corrispondono altrettanti fototipi.
– TIPO I: si scotta facilmente e non si abbronza mai. Si tratta di un tipo estremamente fotosensibile con colorazione lattea e non si abbronza mai. La loro esposizione al sole andrebbe limitata e comunque coadiuvata da filtri solari a massima protezione.
– TIPO II: si scotta con facilità e si abbronza poco. La pelle è leggermente più bronzea, la fotosensibilità inferiore. Anche se di norma si ustiona assume gradualmente una leggera pigmentazione; dovrebbe esporsi al sole gradualmente evitando inizialmente le ore più calde e utilizzando schermi a protezione molto alta o totale.
– TIPO III: si scotta moderatamente, si abbronza con gradualità assumendo un colorito nocciola chiaro. Si abbronza con facilità, anche nei mesi invernali la pelle rimane bruna o olivastra; la fotosensibilità è bassa ma può ustionarsi e per questo deve comunque utilizzare filtri solari a media protezione.
– TIPO IV: si scotta poco, si abbronza rapidamente fino ad assumere un colorito nocciola scuro.
Si tratta del fototipo più fortunato tra i quattro perché questi tipi hanno una pigmentazione particolarmente scura e difficilmente si ustionano, possono garantirsi un’adeguata protezione anche utilizzando prodotti con potere schermante medio basso.

fig.3Abbronzatura e rabarbaro
È ormai dimostrato scientificamente che il rabarbaro è un potente alleato dell’abbronzatura. È in grado di proteggere la nostra pelle dai raggi solari oltre a essere un ottimo anti-eritema, anche se nel frattempo è in grado di agire sui melanociti accelerando la produzione della melanina e favorendo un’abbronzatura tutta al naturale. Contiene molte sostanze per la cura e la prevenzione di diverse malattie, per esempio gli antiossidanti del gruppo dei polifenoli. Questi prevengono i tumori, hanno qualità anti-aging e proteggono la pelle dall’invecchiamento, ma nello stesso tempo attivano la produzione di melanociti. Quest’azione è determinata dalla presenza dei polifenoli. La moderna cosmesi è infatti molto interessata a questo gruppo di sostanze estratte da diverse piante officinali, tra cui il rabarbaro. Queste impediscono l’ossidazione cellulare, stabilizzano le fibre collagene e di conseguenza rafforzano la morbidezza e la consistenza del derma. Per un’abbronzatura naturale, sana e duratura è bene utilizzare sostanze naturali ricche di polifenoli.

Pericoli del sole: fotodanneggiamento
I meccanismi di difesa appena descritti hanno lo scopo di proteggere la cute dal fotodanneggiamento o danno causato dalla luce. In caso di sovraesposizione queste difese possono risultare insufficienti e l’eccesso di radiazioni ultraviolette assorbite causa la comparsa di danni cutanei più o meno gravi. Fra i fenomeni più diffusi ricordiamo l’eritema o ustione solare, macchie cutanee, tumore della pelle, invecchiamento e rughe, danni agli occhi. Il comune eritema o ustione solare è il fenomeno che si manifesta con un sia pur minimo, arrossamento cutaneo. L’eritema altro non è che la classica scottatura, responsabile di sintomi come calore, bolle e arrossamento generale. A seconda della gravità del danno inflitto al DNA, la cellula può anche andare incontro a morte prematura. Ecco perché l’ustione grave è particolarmente dolorosa e si accompagna quasi sempre a vesciche e a vistose spellature (esfoliazione cutanea); La scottatura si attenua e regredisce gradualmente nel giro di pochi giorni. L’entità dell’eritema, che a sua volta dipende dal fototipo e dalla dose di raggi UV assorbiti, è proporzionale al tempo di guarigione.
Macchie cutanee sono caratterizzate dalla mancata protezione cutanea durante l’esposizione solare, questo comporta la comparsa di questi spiacevoli inestetismi della pelle.
Ma gli UV possono causare anche fenomeni più gravi come i tumori della pelle. Ne sono un esempio il carcinoma squamoso e del cancro basocellulare, (spesso definiti “tumori cutanei non melanoma”)non mortali in quanto non creano metastasi. Anche nei e verruche sono esempi di tumori cutanei, benigni e non mortali; o il melanoma maligno della pelle, pur essendo meno frequente dei precedenti, può essere letale. Possono essere conseguenza di una esposizione prolungata al sole, specie per i soggetti maggiormente fotosensibili che ne aumenta il rischio di sviluppare questo tipo di patologia. In particolare è bene valutare anche il tempo di esposizione totale durante il corso dell’anno e della vita (specie durante l’infanzia) poiché, come abbiamo detto, il rischio di cancro alla pelle aumenta con l’aumentare del tempo e dell’intensità di esposizione. Il sole può determinare anche un aumento delle rughe e quindi del fenomeno dell’invecchiamento. Un’abbronzatura eccessiva causa la rottura del collagene e delle altre strutture cellulari cutanee con conseguente cedimento strutturale e comparsa di rughe più o meno accentuate. Secchezza e ruvidezza, disidratazione, riduzione dell’elasticità e della sensibilità cutanea sono altre conseguenze di un invecchiamento precoce del derma che deve pertanto essere adeguatamente protetto durante l’esposizione solare.
Per ultimo ma non per questo meno importanti sono gli effetti che il sole causa sugli occhi. Le radiazioni ultraviolette possono causare importanti danni alla cornea, alla retina e al cristallino con sintomi quali dolore corneale, fotosensibilizzazione, lacrimazione e spasmo delle palpebre. L’uso di occhiali protettivi non deve quindi diventare un semplice optional: occhiali a lenti scure devono essere sempre presenti in caso di esposizione prolungata, specie nelle ore più calde del giorno. Anche una montatura avvolgente è importante per impedire alle radiazioni di raggiungere i nostri occhi. Le lenti colorate sfumate o chiare, in molti casi non sono in grado di proteggere sufficientemente l’occhio. Per tutelare il consumatore, i produttori di occhiali da sole sono obbligati a riportare sui loro prodotti il potere filtrante che può andare da 0 (protezione quasi nulla) a 4 (protezione massima, utile in condizioni estreme, come in alta quota).

Come scegliere la protezione solare giusta?
I prodotti che agiscono da filtro solare sono essenzialmente prodotti cosmetici che salvaguardano l’epidermide da buona parte degli effetti dannosi dei raggi ultravioletti provenienti dal sole, favorendo nello stesso tempo l’abbronzatura; agiscono come degli schermi protettivi, che assorbono i raggi ultravioletti di tipo A o B o entrambi (sono questi i due tipi di raggi ultravioletti che arrivano sulla terra dal sole). Ne sono un esempio gli abbronzanti al rabarbaro che spalmato sulla pelle la protegge dall’attacco violento delle radiazioni UV. I filtri solari possono essere di tipo fisico o chimico. I filtri fisici sono di solito all’ossido di titanio o di zinco e agiscono come degli specchi che spalmati sulla pelle la dotano di un’impercettibile patina capace di riflettere e respingere le radiazioni; normalmente non hanno un fattore di protezione alto. I filtri chimici invece sono particolari composti molecolari che quando assorbono le radiazioni reagiscono trasformandosi in molecole differenti e restituendo l’energia dei raggi ultravioletti sotto forma di calore. Ogni filtro è caratterizzato da uno spettro di assorbimento (espresso in lunghezza d’onda delle radiazioni): più ampio è questo spettro, maggiore è la capacità di proteggere la pelle da ogni tipo di raggio ultravioletto.
Un’ altra prerogativa, una fra le più importanti da considerare nell’acquisto di una crema solare, è il fattore di protezione del prodotto. Viene misurato in base a una sigla che precede un numero. Le sigle più frequenti sono: SPF (Sun Protector Factor), FP (Fattore di Protezione), IP (Indice di Protezione). Senza bisogno di entrare in tecnicismi eccessivi, basta sapere che solitamente il numero corrisponde al numero di ore di esposizione ai raggi solari che il prodotto garantisce prima di generare un eritema a causa della sovraesposizione.

Bibliografia
– Bruneton J. Pharmacognosie et phytochimie plantes medicinales. Ed. Lavoisier, Paris, 1993.
– Sannia A. Formulario pratico di fitoterapia. Ed. Tecniche nuove, Milano, 1994.
– Kullavanijaya P., Lim H.W. “Photoprotection” J Am Acad Dermatol 2005; 52:937-58.

di P.Ponzo