Test per la sensibilizzazione cutanea a confronto

Generalmente quando si allestisce un test in vitro per la sensibilizzazione cutanea per studiare una sostanza insolubile si utilizza il DMSO (dimetilsolfossido) per dissolverla. In un precedente studio, un team di ricerca giapponese ha individuato nel saggio IL-8 modificato (mIL-8 Luc), in cui il DMSO è sostituito dal solvente X-VIVOTM 15, uno strumento migliore per determinare le sostanze sensibilizzanti. Ha quindi allestito una seconda ricerca per verificare questa convinzione, usando in primis il saggio su un alto numero di sostanze chimiche: il test ha dimostrato di avere una sensibilità del 87,6%, una specificità del 74,2% e una accuratezza del 84,6%.

Se a oggi questo saggio non è molto utilizzato è perché quando è stato inserito nelle Linee Guida dell’OCSE sono stati introdotti alcuni criteri per ridurre i falsi negativi. Criteri che ne hanno migliorato la sensibilità, ma ridotto la specificità e il numero di sostanze su cui può essere utilizzato.

Il team si è concentrato anche su questo secondo aspetto, scoprendo innanzitutto che sostanze ad alto peso molecolare, scarsa solubilità in acqua e un alto LogKo/w non influenzano negativamente la lettura dei risultati del test. Come bypassare quindi i limiti dati dai criteri OCSE? Una soluzione potrebbe venire dall’uso sinergico del tgIL-8 Luc con altri saggi, magari in chemico, come il DPRA, ma anche in vitro.

Questo studio non è peraltro il primo che suggerisce un uso combinato di diversi test per ottenere risultati ottimali per la ricerca cosmetica. Una strada che viene sempre più delineata.

Yutaka Kimura, Mika Watanabe, Noriyuki Suzuki, Tomoko Iwaki et al. The performance of an in vitro skin sensitisation test, IL-8 Luc assay (OECD442E), and the integrated approach with direct peptide reactive assay (DPRA). The Journal of Toxicological Sciences. Volume 43, Issue 12 (pgg 741-749). dicembre 2018.

https://www.jstage.jst.go.jp/article/jts/43/12/43_751/_article