Quando si parla di profumi, prima o poi spunta una piramide all’orizzonte, ma non una piramide qualunque, bensì una piramide olfattiva! Qualcuno pensò, molto tempo fa, che potesse essere utile dare una rappresentazione grafica di come percepiamo un profumo, in funzione dei suoi componenti e così la piramide entrò prepotentemente nel mondo delle essenze! Le prime note che notiamo di un profumo sono le più volatili, che spesso sono le più fresche e frizzanti, come quelle degli agrumi. Queste sono rappresentate dal vertice della piramide. Quelle meno volatili, generalmente floreali, che vengono percepite qualche secondo dopo le prime, sono il cuore della piramide e quelle più corpose, di più lenta evaporazione sono alla base della costruzione.
Questo schema grafico interpreta i tre insiemi che percepiamo, quasi sempre, in successione: note di testa, note di cuore, note di fondo. Ma queste piramidi e i loro tre mattoni (testa, cuore, fondo), riportati sulle confezioni dei profumi o descritti in mirabolanti comunicati stampa, cosa davvero dicono di ciò che vi è in un profumo? L’unico obbligo di legge, nella descrizione della composizione di un profumo, riguarda i tre ingredienti base, alcol, acqua e profumo e l’elencazione di possibili allergeni, presenti sopra certe soglie limite, tra un elenco di 26 sostanze, per la maggior parte di origine naturale. L’ingrediente profumo non ha alcun obbligo di essere dettagliato, anche se può essere costituito da centinaia di composti chimici, naturali o meno. Le note descritte nelle piramidi olfattive non sono necessariamente ingredienti reali, ma un elenco di “evocazioni”. Per esempio, un profumo può annunciarsi con: “cristalline note agrumate che precedono un cuore di romantiche ondate di magnolia e gelsomino, che bagnano un tappeto di foglie di violetta mentre, in lontananza, preziosi legni aromatici emanano calde e intese note tra cui spiccano incensati accenni orientali”. Ma potremmo scoprire che esso in realtà contiene solo alcuni degli ingredienti naturali elencati mentre un insieme di sostanze aromatiche riesce a dare quelle impressioni olfattive pur non avendo alcuna relazione con le sostanze aromatiche naturali che evocano. Prendiamo per esempio le note oceaniche o ozoniche, comparse abbastanza recentemente tra le top ten delle preferenze del mercato. Nessuno, credo, pensa che sia possibile richiudere in una boccetta l’aria di una spiaggia d’inverno. Le forti note fresche, frizzanti ma anche un poco grevi, di pesce appena pescato e di conchiglie che sanno di mollusco, sono in parte dovute, nella realtà, all’aroma di alcuni feromoni e loro metaboliti prodotti da certe alghe come, per esempio, l’ectocarpene emesso da alghe marroni quali la Ectocarpus siliculosus. Dagli studi su questi metaboliti si è giunti alla sintesi di alcuni analoghi strutturali tra cui spicca il Calone 1951®, sintetizzato dalla Pfizer nel 1966, che ha caratterizzato quasi tutti i profumi “ozonici” a partire dagli anni 90 quali L’eau d’Issey pour homme (I. Miyake 1994), Polo Sport Woman (R. Lauren 1996) and Aquawoman (Rochas 2002). Questo composto è anche noto col nome Watermelon Ketone (Chetone Anguria). Un suo omologo, prodotto da IFF, è l’ Helional™, noto anche come Ocean Propanal (Oceano Propanale) dall’odore verde, floreale di ciclamino e note di testa ozoniche e di fieno appena tagliato. Li troveremo entrambi elencati come “Note Oceaniche” e non avremo modo di comprendere se siano di origine naturale o sintetica, ma solo che sensazione olfattiva possono dare. Bene, vien da dire, e allora? Se, come avviene nei farmaci, ci fossero elencate i nomi chimici o commerciali di tutti i componenti, avremmo il benché minimo indizio su quali aromi potremmo sentire non appena spruzzeremo la fragranza? No di certo e quindi, forse, è meglio che ci venga “suggerita” qualche nota, che sia davvero presente o meno, che ci faccia intuire cosa potremmo sentire con le nostre narici. E poi, a mio parere, quello che conta davvero è solo se verremo ammaliati o no dalla composizione olfattiva.
di Silvio Levi