Febea: filtri solari e sali di alluminio

sali alluminio
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La Fédération des Entreprises de la Beauté (Febea) prende la parola nel momento in cui alcune sostanze utilizzate nei cosmetici sono sulle prime pagine dei giornali, rafforzando il dialogo con i media. L’Associazione ha recentemente lanciato una serie di workshop per focalizzarsi su questioni relative ai propri settori di intervento.

I primi temi affrontati durante il workshop condotto da Anne Dux, Direttore della Ricerca Scientifica e Regulatory Affairs, hanno riguardato questioni legate alla creme solari e ai deodoranti.

Primo risultato: solo un francese su quattro ha acquistato prodotti solari nel 2016, (26,5% esattamente), per una media di 1,6 di prodotto all’anno. Non è molto, soprattutto se si considera che il cancro della pelle sta facendo progressi ed è uno dei primi tre tipi di cancro in tutto il mondo. Spesso l’elevato prezzo dei prodotti solari, può spiegare la mancanza di interesse dei francesi per i filtri solari, un problema di salute pubblica.

«I prodotti sono costosi, perché i filtri sono costosi», ha spiegato Anne Dux. La qualità, le prestazioni, la rilevanza e l’impatto ambientale dei filtri, componenti chiave del prodotto, sono al centro di approfondimenti. Per essere efficace un prodotto di protezione solare utilizza generalmente due tipi di filtri per proteggere la pelle contro l’UVA e l’UVB: filtri minerali, giocando il ruolo di riflettere il sole come uno specchio, e filtri biologici che assorbono gli UV. Alcuni produttori stanno mettendo in discussione la necessità di aggiungere filtri IR nelle formule di protezione solare.

Si sconsiglia il loro uso, in quanto questi raggi conferiscono una sensazione di calore sulla pelle, proteggere da IR incoraggia l’utente a rimanere più a lungo al sole o esporsi nelle ore più calde della giornata, ribadisce Anne Dux.

Attualmente vi è un dibattito in corso circa la valutazione dell’effetto protettivo dei filtri solari. Secondo FEBEA l’SPF (fattore di protezione solare), che misura la protezione contro UVB, è affidabile solo in misure in vivo, cioè, su volontari umani. I risultati in vitro sono più incerti e questo pone un problema etico.

L’altra questione molto dibattuta sui filtri solari è il loro impatto ambientale sulla fauna selvatica e la vita marina. I filtri minerali si depositano sul fondo dell’oceano e non si degradano. Ma per quanto riguarda l’inquinamento, i filtri solari non sono i più grandi inquinanti, anche rispetto alle vernici industriali.

Il regolamento UE sui cosmetici per quanto riguarda prodotti solari è uno degli atti più sicuri al mondo, avendo una lista di 25 filtri autorizzati di recente concezione, mentre negli Stati Uniti la lista regolata dall’FDA non è stata aggiornata dal 1974; ha solo 9 filtri autorizzati, quindi filtri di vecchia generazione. Ciò crea un vero e proprio scompenso negli Stati Uniti per le aziende internazionali, e la mancanza di sicurezza per i consumatori.

Per quel che riguarda i deodoranti per la lotta contro il sudore, i sali di alluminio sono i primi a essere nominati. Difatti i sali di alluminio, presenti nei prodotti antitraspiranti per bloccare l’escrezione di sudore dalle ghiandole sudoripare, sono stati per molti anni collegati con la possibile causa di cancro al seno. In realtà l’alluminio è presente ovunque nell’ambiente senza compromettere l’organismo, perché non attraversa la pelle.

Ad oggi, nessuno studio affidabile ha dimostrato finora che questi sali di alluminio potrebbero attraversare la barriera cutanea. Non vi è alcun studio conclusivo in materia di attraversamento della barriera cutanea. Le raccomandazioni della AFSSAPS (Agenzia francese per la sicurezza dei prodotti sanitari) si basano su prove non valide, perché sono stati eseguiti in un ambiente carico di alluminio ha replicato Anne Dux. Un nuovo studio in vivo è in corso da parte dell’SCCS (Comitato Scientifico della sicurezza dei Consumatori) ed è atteso da molti studiosi.

di Giusy Chiricosta e Francesco Legrenzi