Il 1°novembre si tiene a Roma il World Halal Day, manifestazione che parte da Singapore per promuovere il concetto di Halal come sano e amico degli animali e dell’ambiente. Manifestazioni come questa testimoniano l’incremento di attenzione verso la cosmetica Halal, anche da parte dei consumatori non di fede islamica attratti da una cosmetica sempre più attenta alla salute del consumatore e che valorizza i concetti di purezza e naturalità. Questi cosmetici nascono infatti per rispondere all’esigenza dei consumatori musulmani di trovare sul mercato cosmetici leciti per la propria religione, che escludono dunque tutte quelle sostanze (ingredienti di derivazione animale, alcohol etilico, sostanze intossicanti, materie prime sottoposte a irragiamento, ogm) non permesse dalle leggi della Shariah. Per saperne di più ne abbiamo parlato con Anna Maria Tiozzo, presidente di WHAD (World Halal Development) e uno dei massimi esperti di certificazione religiose e marketing islamico. È inoltre membro di IHI, alleanza fondata dai Paesi della OIC (Organization of the Islamic Conference) al fine di compilare uno standard di certificazione Halal unico per i 57 paesi dell’OIC.
Perché un consumatore non islamico dovrebbe acquistare un cosmetico Halal? che vantaggi offre questo tipo di prodotto?
Il consumatore non musulmano dovrebbe, e di fatto già compra, cosmetica Halal quando è in grado di capirne la filosofia e non (solo) la liceità. Il concetto di Halal non riguarda solo gli ingredienti, ma tutto il processo produttivo, e si sposa con il concetto di TAYYB. Quindi non solo lecito secondo le norme islamiche, ma pulito, sano, buono, direi ETICO. L’ audit di certificazione Halal ha come presupposto la presenza di un HACCP a cui noi come ente aggiungiamo solo una altra H (Halal hazard control points). Pertanto l’Halal non sostituisce, ma si aggiunge, ai criteri di igiene sicurezza e tracciabilità. Inoltre, il cosmetico Halal viene già comprato da vegetariani, vegani, animalisti, ecologisti. Anche se ingredienti di origine animale potrebbero essere nella formula di un cosmetico Halal, di fatto per un problema di tracciabilità degli ingredienti, le aziende preferiscono sostituirli con ingredienti di origine vegetale o di sintesi. Il musulmano è poi tenuto a un particolare rispetto verso l’ambiente e verso il commercio etico. Riassumendo, il consumatore non musulmano dovrebbe considerare la Certificazione Halal un’ulteriore garanzia di controllo e qualità.
Le aziende cosmetiche italiane sono pronte a produrre cosmetici Halal? Che tipo di vantaggi potrebbero trarne?
Le aziende italiane, ed europee in generale, sono più facilitate rispetto alle altre per via di una legislazione comunitaria già molto restrittiva e pertanto vicina al concetto di TAYYB. Inoltre,sono facilitate dal trend della cosmetica naturale, degli ingredienti di sintesi o di origine vegetale. Quanto all’ alcool, la nostra cosmetica non usa alcool etilico e quando lo fa è denaturato. La moda di ingredienti derivati da plasma e placenta direi che ormai è superata. Il problema sono, piuttosto, quegli ingredienti «dubbi» (mashbooh) in quanto «nuovi». Per fare qualche esempio, il veleno di vipera, la bava di lumaca, ingredienti per i quali noi come ente richiediamo un parere dottrinale e comunque una unanimità di consensi all’interno del nostro Shariaa board. Una difficoltà per le aziende è invece la complessità e diversità degli standard di certificazione da Paese a Paese e quindi i diversi requisiti di produzione richiesti. Inoltre, la presenza di decine di enti di certificazione accreditati o meno nei paesi di destinazione, con la conseguente difficoltà nella scelta di un valido referente. A fronte di queste –superabili- difficoltà, vi è un mercato con crescita esponenziale del 10 % annuo dal 2006 e che sopporta incrementi di prezzo fino al 30 %. Il recente annuncio del progetto «Dubai capitale del mondo islamico» e la pubblicazione degli standard ESMA per la cosmetica Halal, nell’ intenzione a breve obbligatori, hanno velocizzato la presa di coscienza delle imprese europee.
Parteciperai al World Halal Day? quali saranno i temi che tratterete?
Sono personalmente tra gli organizzatori del World Halal Day; in particolare la mia azienda, WHAD, ha l’importantissimo compito di promuoverlo in Italia. Non andrò personalmente a Singapore anche se vi andranno i miei collaboratori, perché organizzeremo invece un evento in Italia in collegamento con Singapore. Riteniamo infatti che il momento storico richieda la promozione dei valori buoni dell’Islam anche e soprattutto nei Paesi non a maggioranza islamica. Il messaggio che vogliamo lanciare con il World Halal Day si riassume in un detto del profeta Maometto (pace su di lui): «ovunque tu sia all’ ora della preghiera, puoi pregare, perché la terra è una grande moschea». Se il pianeta intero è un grande luogo religioso, come tale deve essere considerato, onorato e rispettato. La protezione del pianeta e di tutti i suoi abitanti, il compito di custodi che gli esseri umani ne hanno, il vivere in armonia con la natura e i valori etici e morali che devono governare le relazioni umane, sono le basi della nostra religione e il messaggio che abbiamo il dovere di diffondere.
di D. Barillaro, cosmetologa