Uno studio propone una piattaforma alternativa prodotta digitalmente per lo sviluppo di test cosmetici sempre più etici e sostenibili

Con l’espansione dell’industria cosmetica, la necessità di normative rigorose a livello globale è diventata sempre più evidente. Gli elementi del quadro normativo sono simili in tutto il mondo.

Le differenze esistenti sono, tuttavia, sufficienti ad ostacolare la potenziale crescita dei prodotti beauty nel mercato mondiale. Una di tali divergenze riguarda la sperimentazione animale.

L’Ocse (Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica) svolge un ruolo cruciale nell’armonizzare gli approcci per l’analisi dei cosmetici. Le Linee guida dell’Ocse descrivono infatti i test necessari per analizzare i prodotti in merito a sensibilizzazione ed irritazione cutanea, oltre che all’assorbimento. Un altro aspetto centrale di queste Linee guida fa riferimento alla promozione di modelli cutanei in vitro per testare sostanze chimiche e valutare prodotti cosmetici.

Lo studio

Le preoccupazioni etiche relative all’uso di animali nei test cosmetici hanno stimolato la richiesta di modelli alternativi. La produzione digitale, spesso indicata come stampa 3D, rappresenta una strada convincente ed economica per fabbricare tali modelli di test.

Il presente lavoro, pubblicato sull’International Journal of Advanced Manufacturing Technology, propone una piattaforma di test alternativa (chiamata ISD) prodotta digitalmente, che consta di tre componenti principali: modello di pelle biostampata, fabbricazione della piattaforma e stampa elettronica.

Per la prima volta, sono dunque stati valutati modelli di pelle biostampati da utilizzare in test cosmetici.

Nello specifico, sono state seguite le Linee guida dell’OCSE per testarne la reattività quando impiegati per prodotti antiage e composti irritanti. I risultati ottenuti hanno confermato l’efficacia del modello di pelle biostampata.

È stata poi impiegata una matrice di valutazione per selezionare la tecnologia di produzione digitale più appropriata per realizzare la configurazione per un modello di test alternativo.

Come tecnologia di produzione additiva più idonea ad introdurre modularità e design a tenuta stagna è stato scelto il getto multimateriale.

Infine, nella piattaforma di test fabbricata sfruttando la stampa elettronica, per fornire un riscaldamento localizzato sul modello di pelle, è stato introdotto un componente elettronico.

Le conclusioni

Nel complesso, lo studio soprariportato evidenzia il potenziale della produzione digitale e della bioproduzione nel promuovere pratiche etiche e sostenibili, da utilizzare in test cosmetici.

In aggiunta, la matrice decisionale impiegata potrebbe rivelarsi utile per scienziati e ricercatori nella selezione basata sulle applicazioni della tecnologia di stampa 3D.

Per realizzare appieno il potenziale della produzione digitale in questo campo, le criticità e le limitazioni da affrontare sono ancora diverse. Una delle sfide principali è rappresentata dalla disponibilità di materiali adeguati alla stampa multi-materiale.

È pertanto auspicabile che la ricerca identifichi e sviluppi nuovi materiali dotati di una migliore stabilità in condizioni di stress (ad esempio a temperatura e umidità elevate).

Per quanto riguarda i modelli funzionali di bioprinting per i test, imitare la natura dinamica dei tessuti biologici costituisce una difficoltà. In vivo, i tessuti sono infatti costantemente esposti ad una molteplicità di stimoli meccanici e chimici e risulta difficile replicarli utilizzando l’attuale configurazione.

Le indagini future potrebbero concentrarsi sulla generazione di ulteriori unità modulari per la coltura e la stimolazione di modelli di tessuto biostampati. In questo modo sarebbe possibile introdurre molteplici fattori di stress nel modello di tessuto in vivo.

Lee J.M, Tan M.J, Ma W.C. et al., Decision matrix for integrating 3D printing technologies for biomanufacturing of alternative testing model; Int J Adv Manuf Technol 130, 4137–4149 (2024). https://doi.org/10.1007/s00170-024-12966-5