Export cosmetico: la sfida della produttività

Punti di forza attuali, sfide e scenari futuri per un settore che ha ormai l’urgenza di decollare all’estero. L’industria cosmetica italiana ha mostrato, di fronte allo sferzare di una crisi perdurante che sta mettendo a dura prova interi comparti produttivi del nostro paese, una notevole capacità di tenuta rispetto ad altri settori del manifatturiero, distinguendosi per capacità generare valore aggiunto. Uno studio di Prometeia realizzato per Cosmetica Italia, l’Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, ha evidenziato una capacità di investire per l’8% del proprio fatturato, nonchè una produttività (valutata come valore aggiunto su costo del lavoro) del 30% superiore sia alla media del manifatturiero sia del Made in Italy per la persona (comprendente abbigliamento, maglieria, calzetteria, pelletteria, calzature e oreficeria). I livelli di redditività sono peraltro superiori, con ROI che nel “biennio nero” 2008-2009 sono scesi di poco rispetto al precedente periodo e che tra il 2010 e il 2012 sono si sono consolidati su livelli ben superiori a quelli degli altri comparti del Made in Italy. Queste caratteristiche permettono al settore di affrontare da una posizione di forza le sfide di questa fase, in primis la competizione e l’internazionalizzazione. «L’ambiente competitivo in cui si trovano ad operare le aziende cosmetiche è cambiato e molti segnali ci indicano che questi cambiamenti sono strutturali –afferma Giuseppe Schirone, economista di Prometeia. –I consumi sul mercato interno e sui mercati maturi permarranno ancora a lungo inferiori ai livelli pre-crisi, con conseguenti difficoltà nella gestione della capacità produttiva in eccesso e nel mantenere i livelli di investimento. Inoltre si inasprirà la competizione sui mercati internazionali, così le aziende cosmetiche si dovranno confrontare con mercati più complessi, frammentati, volatili, che per la geografia e il tipo di domanda necessitano di approcci diversi rispetto a quelli attuati finora». La ricerca di Prometeia fotografa un settore che ha saputo reagire alla crisi, conservando livelli di produttività e capacità di investimento utili a creare valore aggiunto e a muoversi verso l’estero con un’efficacia dimostrata dall’incremento dei fatturati generati dall’export, che evidenziano una crescita del 12% nel 2013.

Giuseppe Schirone.

Nell’esplorazione dei possibili risultati di questa corsa all’internazionalizzazione, la ricerca di Prometeia ha analizzato le condizioni di efficienza produttiva che hanno caratterizzato il comparto negli ultimi anni. «Una indagine svolta in ambito europeo (Altomonte et al, 2012, Brugel Bluprint Series) indica infatti che la produttività è il pre-requisito fondamentale per implementare con successo ambiziosi piani di internazionalizzazione -spiega Schirone. –E, al momento, nella cosmetica i parametri sono buoni. Inoltre, se confrontiamo la dinamica del nostro export con quella delle esportazioni mondiali di cosmetici, le differenze non sono troppo marcate. Questo significa che se le imprese manterranno le strategie messe in atto negli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda la propensione all’export, i loro fatturati cresceranno proporzionalmente all’ascesa della domanda internazionale».Il problema è che non tutte le imprese del settore mostrano la stessa efficienza e i buoni risultati non sono omogeneamente distribuiti nel settore. «A fronte di un 23% di imprese che ha migliorato la propria produttività rispetto al 2008 (e che insieme realizzano il 55% del fatturato del settore), c’è un 60% di imprese che non sono riuscite a migliorare la propria produttività –riporta l’economista. Su queste si gioca la vera sfida per questo settore». Quante imprese riusciranno a fare il salto di produttività necessario per meglio affrontare le sfide di questa fase è la variabile su cui Prometeia ha costruito alcuni scenari futuri per il settore. Schirone dipinge così lo scenario migliorativo «facendo l’ipotesi che un 10% delle imprese, quelle che attualmente hanno un livello di produttività di poco inferiore ai migliori performer, faccia un salto in termini di produttività, si realizzerebbe uno scenario migliorativo non tanto in termini di fatturati, che vedranno già buone performance perché il settore sta operando bene, quanto in termini di recupero sulla marginalità e sulla capacità di investimento». Quali sono dunque le sfide le imprese cosmetiche? «La produttività è un rapporto, che può essere massimizzato sia potenziando le strategie di prodotto per aumentare il valore aggiunto sia riducendo il costo dei fattori di produzione, lavoro in primis. Ciascuna impresa dovrà valutare questi aspetti e costruire la propria strategia. Fra il 2008 e il 2011 un 23% delle imprese ci è riuscita, le altre dovranno lavorarci anche per impedire che la quota di fatturato da esse sviluppata possa essere aggredita dalle aziende più efficienti».

Opportunità estere anche nei mercati vicini

«Per chi non può affrontare mercati vasti e distanti, si presentano opportunità anche nei molti micromercati in crescita del Medioriente, del nord-Africa, dell’Europa orientale, che già oggi possono costituire uno sbocco interessante per le nostre produzioni, come testimonia il caso della Libia nel 2012-13. Non c’è una soluzione unica e le opportunità sono molte e differenziate geograficamente e/o per prodotto– dice Schirone. – La sfida  è “scegliere bene” i  mercati su cui puntare e mettere in campo una strategia ad hoc su ogni mercato. Infatti, conviene probabilmente individuare una o poche piazze, fare molta attività di market intelligence in loco, per capire se il proprio prodotto può avere un seguito, prestare attenzione ai driver macroeconomici, demografici e di distribuzione dei redditi, analizzare i framework distributivi e le modalità di internazionalizzazione (es. accordi con importatori/distributori o con produttori locali) che possono garantire di superare le barriere all’entrata ecc. Un ultimo punto riguarda i ritardi sui mercati a noi vicini, che le aziende presidiano da anni, ad esempio quelli europei. Rispetto a nostri competitor come la Francia, le possibilità di recuperare quote di mercato ci sono: su cento euro di cosmetici importati nei paesi europei, 24 sono francesi e solo 6 sono italiani. Considerando la dimensione relativa del nostro export nei mercati ben conosciuti della vecchia Europa, ragionare su come colmare, almeno in parte, questo gap è un altro interessante spunto di riflessione per le imprese del settore».

Bibliografia

di E. Perani