Formulare per i mercati del mondo

Roberta Donadelli, cosmetologa attiva sui mercati internazionali.

Quali sono gli standard di riferimento per il cosmetologo che deve formulare per i diversi mercati mondiali?
Pensando all’Europa occidentale, gli standard sono piuttosto uniformi. Però molto è cambiato, anche solo rispetto a dieci anni fa. Prima si partiva da un’idea di prodotto e la formulazione nasceva per creatività, tendenze o per aree di bisogno ancora inesplorate. Oggi, invece, il punto di partenza è la documentazione a disposizione sulle materie prime, dall’analitica di base alla documentazione tossicologica. Il primo problema che si pone un laboratorio R&D è capire a quali richieste normative si debba aderire, quali siano le materie prime consentite e se saranno disponibili per i prossimi cinque anni. E poi verificare le registrazioni REACH, i test su animali, come è composta una certa miscela ecc. In Europa la tossicologia è una parte essenziale, compresi dati come la DL50, che viene richiesta per le materie prime utilizzate soprattutto se si collabora con le multinazionali e nonostante i test su animali siano preclusi al settore cosmetico. Fatte queste verifiche, si formula secondo gli standard definiti dall’azienda, per esempio rispetto alla presenza di ingredienti naturali o all’assenza di determinate categorie di materie prime.

Roberta Donadelli

Ci sono differenze fra i paesi che gravitano intorno all’Europa?
Ogni paese ha le proprie peculiarità. La Polonia, per esempio, è in forte rincorsa verso la Francia con formulatori molto capaci e molto preparati che hanno una fame incredibile di novità. Il Regno Unito è molto orientato al naturale; eventuali difficoltà nelle importazioni di ingredienti dall’Europa saranno risolte acquistando dall’Asia, ma i produttori UK non potranno prescindere dal Reach perché, a parte il mercato interno, l’Unione Europea rimane per loro un mercato di sbocco.
Tra l’Europa e l’Asia, l’ingente mercato della Russia per clima e tipologie di pelle ha esigenze sue proprie. Si avvale di bravi formulatori che hanno tanta voglia di imparare la raffinatezza dei colleghi europei e coreani. Le produzioni sono dedicate in larga misura al mercato interno. A differenza che in Europa, ormai orientata a emulsioni leggere e quasi prive di profumo, in Russia il prodotto deve essere nutriente, ricco, sostantivante e molto profumato. Anche qui si lavora moltissimo sul naturale. Pur essendo poco esigenti sulla tossicologia, si confrontano con il Reach perché una parte del prodotto è comunque assorbito dall’Europa.

Spostandoci invece verso est e in Medio Oriente?
I mercati del Medio Oriente sono molto affamati di novità, con una domanda enorme e in forte espansione. L’Iran, che non può importare, pagherebbe qualsiasi prezzo per avere prodotti europei perché il Made in Europe è estremamente apprezzato. Ciò che in passato veniva importato adesso deve essere formulato internamente e ci sono potenzialità di collaborazione con formulatori europei. Qui le restrizioni sono legate soprattutto alle dichiarazioni Halal, irrinunciabili, secondo disciplinari ormai definiti che possono essere certificati da un ente terzo. Lo stesso vale per la Turchia, in cui troviamo un forte sviluppo per le formulazioni, anche in aree tecnologiche come l’hair care e quella delle wet wipes: si stanno inventando cose interessanti e innovative. Poiché il punto di riferimento è l’Europa, ci sono restrizioni sui conservanti e sono richieste le dichiarazioni Reach. In Turchia c’è una grande apertura alle novità e agli scambi, anche se molto dipenderà dallo scenario politico e da come verranno ricomposte le forti tensioni sociali attuali.

L’Asia è un mondo molto eterogeneo…
Sicuramente, sia per maturità del mercato sia per le tendenze. Corea e Giappone raggiungono livelli altissimi di sapienza formulativa, con un approccio ai dati tossicologici pur rigoroso ma più leggero che nel mondo europeo, anche se richiedono per le materie prime garanzie in più rispetto all’assenza di alcune impurezze, per cui si rende necessario fare indagini analitiche in più sugli ingredienti. Le grandi multinazionali sono molto presenti e pongono i propri standard. Il principale interesse è rivolto alla sensorialità e alla performance. I formulatori sono abilissimi nello sviluppo dello skin feel, del make up, nell’uso dei polimeri, compresi quelli di sintesi come i poliacrilati, che in Europa non hanno alcuna attrattiva e vengono sostituiti dai più naturali oligosaccaridi. La naturalità degli ingredienti, tra i parametri più desiderati in Europa, riscuote un interesse limitato in Asia. Anche per il make-up le esigenze sono molto diverse: la pelle è piuttosto grassa e il colore tende a essere instabile; è ricercato l’effetto bianco. Un make-up che non cambi colore nell’arco della giornata è il massimo risultato che la consumatrice asiatica possa chiedere al trucco, che vuole water proof e con effetto filmante dato dai polimeri siliconici, non importa che sia occlusivo o pesante; un’idea di cosmesi decorativa impensabile in Europa, dove anche l’effetto del make-up deve essere il più possibile naturale.
La Malesia è un altro paese che spicca per gli ottimi formulatori, oltre che per essere un importante produttore di materie prime cosmetiche. Cina, Tailandia e Indonesia sono mondi a sé. In Cina la domanda è in crescita rapidissima e viene soddisfatta soprattutto da produzioni interne, ancora poco sofisticate ma in piena evoluzione, che vogliono imitare i prodotti coreani o occidentali.

Quali sono i fattori che influenzano il lavoro di formulare cosmetici, con cui il cosmetologo deve confrontarsi?
Gli aspetti che influenzano il modo di formulare non dipendono solo dal progresso tecnologico nelle scienze cosmetologiche e delle materie prime. C’è innanzitutto la pressione normativa, che cambia da paese a paese nonché le sensibilità locali ai diversi aspetti che coinvolgono la cura della persona, oltre che i gusti e le inclinazioni delle diverse culture. E poi fattori economici e geopolitici nel quadro degli equilibri mondiali, che influenzano la disponibilità dei prodotti e delle materie prime e anche le formulazioni. Se ancora non sappiamo quali saranno le ricadute del protocollo di Nagoya, che investe il mercato delle materie prime cosmetiche, tante tensioni politiche sono avvertibili nelle scelte dei formulatori in giro per il mondo.

Si riferisce alle barriere commerciali, come quelle attivate dalla Cina?
Anche, ma non solo. In Corea del Sud, per esempio, si guarda al Reach europeo per la legislazione del settore chimico e le materie prime cinesi sono poco accettate. La Cina rimane tuttavia un mercato di sbocco importantissimo per la Corea, ma le scaramucce governative fra Cina e Stati Uniti ostacolano l’export coreano verso il gigante orientale, che è in netta flessione per le barriere commerciali cinesi, mentre a latere si assiste al fenomeno della fuga dei formulatori coreani verso la Cina. Qui infatti vengono pagati molto, perché i moltissimi formulatori locali sono meno abili e desiderano apprendere. La domanda interna di cosmetici, in Cina, infatti viene in larga misura soddisfatta da produttori locali. Uno dei business maggiori per i produttori coreani che si rivolgono al mercato cinese è quello delle mask pack, che in Cina hanno molto successo e su cui i coreani sono all’avanguardia, una categoria che i fabbricanti cinesi hanno iniziato a produrre anch’essi, sul modello coreano. Anche sul fronte delle materie prime importate la Cina pone barriere burocratiche e tecniche, richiedendo indagini analitiche aggiuntive per impurezze, rilascio di sostanze dai fusti e cose di questo tipo, ostacoli commerciali che rendono questo mercato particolarmente complesso.

Per tornare al cosmetologo?
Per quanto il mondo delle materie prime offra tantissimo e per molti aspetti il cosmetologo sia facilitato nella risoluzione di problemi che in passato sarebbero stati impossibili, i paletti si sono moltiplicati, a partire dall’imprescindibile ottemperanza alle molte normative fino alle apprensioni salutistiche che, per esempio, hanno portato in UE al taglio dei conservanti e all’eliminazione dei parabeni, con effetti per la stabilità dei prodotti tutti da gestire da parte del cosmetologo. Per ogni problema cosmetologico esistono comunque molte strade per raggiungere l’obiettivo, il cosmetico è come un abito, ciascuno se lo deve sentire addosso, e il formulatore dovrà scegliere quale sia la via più consona per raggiungere il mercato a cui si rivolge, senza rinunciare alla propria creatività, a mettere nelle formulazioni un po’ di se stesso.