I report di sostenibilità per le aziende cosmetiche

Il termine sostenibilità è sempre più spesso utilizzato nella società dei giorni nostri e, soprattutto in ambito cosmetico, numerosi attori a partire dai produttori di materie prime per arrivare a stakeholders di diversa natura hanno iniziato a comprendere questo mondo nelle sue diverse sfaccettature, investendo nella ricerca e sviluppo e in personale sempre più formato sull’argomento dal momento che esistono master di prestigio a livello internazionale che trattano questa tematica con grande accuratezza.

In passato si è parlato molto spesso di ricerca di sostenibilità abbinata alla necessità di trovare soluzioni green ai diversi livelli della filiera, coinvolgendo gli ingredienti di partenza in prima battuta per finire con il packaging del prodotto finito, che deve essere sempre più orientato al rispetto dell’ambiente e all’utilizzo di materie prime dal basso impatto ambientale. Oltre al prodotto esiste un mondo ‘sommerso’ ancora da esplorare, soprattutto per numerose realtà cosmetiche che riguarda la sostenibilità legata ad aspetti sociali, finanziari ed economici immaginando sempre di più l’azienda come un ingranaggio virtuoso e fondamentale per un sistema mondo che possa trarre benefici importanti da una gestione sostenibile.

Alla base del CSR

Dal 2011 la Commissione Europea ha modificato radicalmente il concetto di CSR, Corporate Social Responsibility (Responsabilità Sociale di impresa), arrivando ad indicare con questa sigla una vera e propria presa di responsabilità dell’azienda sulle tematiche legate all’ambiente, alla sfera sociale e alle diverse persone intorno all’industria: è preciso dovere secondo la legge, non solo un impegno volontario come spesso accadeva nei primi anni in cui il concetto di CSR si affermava alla ribalta: da singole iniziative in CSR anche in ottica di sostenibilità le imprese hanno iniziato ad investire in ambito globale, guardando all’insieme e alla collettività, assumendo una consapevolezza sempre crescente di operare in un contesto globale su cui l’impresa impatta necessariamente; impatti sui quali è necessaria una valutazione e rendicontazione degli stessi per crescere in maniera sempre più armonica: lo sviluppo sostenibile deve creare valore per l’intera collettività oltre a favorire una crescita durevole ed inclusiva, paradigma per un tessuto cosmetico importante come quello italiano. Un obiettivo che si sta raggiungendo attraverso la nuova definizione di CSR e conseguentemente all’elaborazione del piano d’azione 2011 – 2014 che ha rappresentato un indubbio punto di svolta: la Commissione Europea ha deciso di procedere a processi di autoregolazione aziendale con codice deontologico, avvalendosi della direttiva 95/2014 con quadri internazionali di riferimento come i GRI, che andremo a valutare nel box a parte. L’Unione Europea nel 2014 ha elaborato la sopraccitata Direttiva che è stata recepita nei diversi stati con obbligo di rendicontazione non finanziaria in carico alla singola impresa: in Italia in particolare è stata recepita con DL 254/2016 con l’introduzione per i diversi soggetti di redigere DNF (Dichiarazione non finanziaria) attraverso la redazione di un bilancio di Sostenibilità a partire dal 2017.

La base per queste reportistica è stata raggiunta attraverso un procedimento che ha interessato i soggetti di interesse pubblico, imprese quotate, attive nel settore bancario ed assicurativo, mantenendo la redazione volontaria per le aziende di altra tipologia ed imponendo precisi limiti dimensionali (numero di impiegati maggiore 500) e che abbiano superato alla data di chiusura del bilancio almeno uno dei seguenti livelli, totale dello stato patrimoniale € 20.000.000 oppure totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni € 40.000.000: direzione comunque intrapresa da tempo già da alcuni nomi di spicco della realtà cosmetica italiana.

Come casi di esclusione vengono considerate le società che appartengono a gruppi di grandi dimensioni e rientrano pertanto nella dichiarazione non finanziaria che andrà a redigere la casa madre.

Collocazione ed estensione della DNF

Ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 254/2016, la DNF (Dichiarazione di carattere non finanziario) può essere contenuta nella relazione sulla gestione, di cui costituisce una specifica sezione come tale contrassegnata, oppure può costituire una relazione distinta, fermo restando l’obbligo di essere contrassegnata comunque da analoga dicitura. La scelta di collocazione dell’informativa non finanziaria è quindi una mera scelta di comunicazione di tali informazioni da parte delle società, il cui obiettivo principale deve rimanere la fruibilità delle informazioni rendicontate: si nota come il 78% delle società abbia pubblicato la DNF come documento distinto dalla relazione sulla gestione, mentre solo il 22% delle società abbia deciso di integrare la DNF all’interno della relazione sulla gestione. Introdotta dal Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254 (di seguito anche “Decreto”), di attuazione alla Direttiva 2014/95/UE (“Direttiva Barnier”), ha introdotto nell’ordinamento italiano l’obbligo per gli enti di interesse pubblico di grandi dimensioni di redigere e pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario, direzione intrapresa da molta aziende leader del settore cosmetico.

A tal proposito molte aziende del settore cosmetico hanno deciso di integrare la DNF nella relazione sulla gestione, nonostante in passato avessero già predisposto un documento specifico di reporting non finanziario (es. Bilancio di Sostenibilità), formati indispensabili per approcciarsi all’universo della gestione sostenibile di impresa. La comunicazione nel suo complesso deve tenere conto di informazioni di svariata natura, che partono da quelle di natura ambientale per valutare con attenzione, per esempio l’impiego di risorse energetiche di diversa natura, comprendendo quelle di natura idrica e la presenza di energie rinnovabili sommate all’impegno per abbattere l’emissione dei gas serra ad esempio o di altri inquinanti di svariata natura. È fondamentale, oltre alla necessità di individuare uno standard di rendicontazione di riferimento, che deve essere esplicitato nella DNF, valutare con attenzione anche l’impatto in ambito sociale, oltre che quello sulla salute e la sicurezza del proprio personale. Argomento quest’ultimo che contempla, ad esempio, tutte le iniziative volte al rispetto dei diritti umani e alle cautele da mettere in atto per evitare una lesione delle libertà dei singoli individui oppure la politica che l’azienda ha messo in campo per la lotta contro la corruzione.

Criticità alla base della DNF

Indubbiamente, approcciare alla tematica DNF necessita di conoscenze approfondite da parte dell’azienda che si approccia ad una valutazione di questo tipo e innumerevoli sono le criticità alla base dell’approccio alla dichiarazione non finanziaria: per prima cosa è doveroso considerare il target di riferimento del decreto, con le limitazioni dimensionali sopraccitate, a cui si aggiunge indubbiamente l’approccio mandatory della direttiva, che non favorisce in alcun modo un approccio di natura volontaristica. A spaventare numerose realtà sono senza dubbio anche i costi eccessivi, che disincentivano coloro che si approcciano per la prima volta a questo mondo dal momento che numerose sono le energie da ‘spendere’ in termini di risorse per un progetto cosi tanto time-consuming sia per la fase di progettazione sia per quella di realizzazione. Fondamentale è considerare come sia spesso complicato riuscire ad integrare le informazioni di tipo financial con altre indicazioni di natura ambientale e sociale, dal momento che le stesse vanno integrate all’interno di un unico documento sotto la supervisione di un esperto del mondo DNF, che abbia sufficienti competenze per combinare al meglio le diverse richieste. È doveroso considerare come risulti indubbiamente challenging l’aspetto legato alla condivisione di informazioni sensibili, che fanno spesso parte del know-how aziendale, magari non direttamente ma di ‘rimbalzo’ nel momento in cui vengono trattati determinati temi legati all’ambito socio-ambientale della società. Infine, è necessario valutare come tale approccio risulti ancora lontano dalla mentalità del contesto industriale italiano, spesso legato nel settore cosmetico ad un tessuto di PMI, che difficilmente possono pensare alla rendicontazione non finanziaria e alla redazione di report di sostenibilità, nonostante la direzione imperante per la cosmetica dei nuovi decenni sia quella dell’approccio più green e sostenibile, senza più indugi di sorta.

Come comunicare la sostenibilità?

Una domanda di numerosi player del settore cosmetico è legata al modo in cui comunicare la sostenibilità e gli sforzi per fare diventare questo termine, spesso ‘abusato’ e poco conosciuto, una solida realtà all’interno della società. È necessario considerare in prima battuta che l’azione di comunicazione è legata alla necessità di trasmettere informazioni relativamente all’impatto sociale ed ambientale dell’impresa, delle strategie e delle azioni poste in essere per gestirli. Da un lato è fondamentale una primaria attività di pianificazione che permetta di aprire il proprio sguardo verso il futuro, con una conseguente necessità di rendicontazione di tali attività, in modo da creare una sorta di circolo virtuoso che permetta di mettere la sostenibilità al centro della strategia di impresa. Il goal è raggiungibile attraverso la redazione di un documento di sostenibilità, che al suo interno presenta tre diverse valenze: la prima legata al monitoraggio degli impatti, la seconda ad un’autoanalisi aziendale e la terza legata ad un’attività di pianificazione strategica fino al risultato finale rappresentato dalla divulgazione delle virtuose pratiche di sostenibilità. Una rendicontazione finale, che può essere espletata attraverso due forme distinte e solo per certi aspetti complementari: da un lato la forma di rendicontazione obbligatoria, che permette la creazione di un piano di gioco pari ed armonizzato per tutte le aziende che sono orientate verso una maggiore attenzione alle diverse tematiche CSR; l’altra affidata a forme di rendicontazione volontaria che garantiscono una maggiore flessibilità alle aziende, lasciando a loro il tempo di adattare i singoli processi interni. La naturale conseguenza che rappresenta una difficoltà è legata all’enorme frammentazione, che si evince dall’analisi delle diverse modalità di reportistica, uno ‘scotto’ di cui i principali attori e stakeholders sono assolutamente consapevoli ma necessario per la fase di decollo del progetto. Il fine ultimo di queste diverse strategie è rappresentato dalla necessità di permettere all’azienda di creare valore nel breve, nel medio e lungo termine non soltanto per sé stessa, ma soprattutto per i propri stakeholders e per la collettività più in generale. Non esiste uno standard di comunicazione migliore di altri, il tutto ruota intorno alla decisione dell’azienda su cosa vuole comunicare attraverso un approccio che può essere legato, per esempio, inizialmente alle informazioni di natura finanziaria per arrivare ad una struttura di report più evoluto, dove questi ultimi dati si integrano con il fine ultimo di creare un valore di impresa, nel medio e nel lungo termine.

Rendicontare l’impegno socio- ambientale

Il metodo più immediato, per misurare e rendere tangibile la creazione di valore all’interno di un’organizzazione, è rappresentato dall’incremento dei capitali iniziali in seguito alle attività svolte e pianificate che portano alla definizione di specifici output quale risultato di una serie di input forniti. Nonostante il termine DNF generi tuttora molta confusione, a livello interpretativo, esistono numerose modalità di rendicontazione che, grazie alla presenza di diversi standard che parlano ‘lingue diverse’, permettono di mettere in luce determinate situazioni e caratteristiche a scapito di altre. Esistono sempre di più software in grado di integrarsi nei sistemi gestionali delle aziende, per facilitare i processi di rendicontazione e procedere alla fase di raccolta dati, che rappresenta senza dubbio un’attività time consuming per definizione.

I software riescono ad integrarsi al meglio grazie alla struttura simile dei diversi standard di rendicontazione che prevedono una prima parte, relativa ai requisiti, seguita da una seconda fase di informazioni obbligatorie, per arrivare alla terza componente dove sono indicate sia le linee guida sia numerose informazioni di background, indispensabili per capire al meglio i requisiti essenziali per un bilancio di sostenibilità che si rispetti. Il bilancio di sostenibilità presenta dei vantaggi rappresentati dalla presa di consapevolezza dei temi legati alla sostenibilità da parte dei management aziendali, che in questo modo possono prendere maggiore coscienza della problematica e allo stesso tempo, attraverso questa tipologia di reportistica, sono i dipendenti stessi a poter comprendere al meglio in alcuni casi ciò di cui si occupa l’azienda. Le imprese in questo modo possono sicuramente riuscire a migliorare la propria strategia e al tempo stesso esiste la possibilità di migliorare l’organizzazione e la governance interna, permettendo ad ogni dipendente di acquisire una maggior consapevolezza in merito a chi si prende in carico che cosa. Guardando al di fuori della realtà aziendale i benefici sono evidenti nei confronti degli investitori, che sempre di più si interessano dei temi legati alla sostenibilità, permettendo di conseguenza una maggior attrazione dei capitali unita a stretto filo ad una maggior fidelizzazione verso i clienti finali.

STANDARD GRI DI RENDICONTAZIONE

I nuovi GRI Standards, sviluppati dal gruppo di esperti del Global Sustainability Standards Board e validi per il settore cosmetico, sono stati ufficialmente lanciati nel 2016 e si tratta dei principali standard di riferimento globali per il Sustainability Reporting, rendicontazione della performance di sostenibilità di un’organizzazione/ impresa. La GRI, meglio conosciuta come Global Reporting Initiative, rappresenta un’organizzazione nata proprio con l’obiettivo di aiutare sia il pubblico che il privato a comprendere, misurare e comunicare l’impatto che una qualsiasi attività possa avere sulle varie dimensioni della sostenibilità (economica, ambientale e sociale) e i loro aspetti più disparati e dopo un processo articolato le vecchie linee guida (GRI GS Guidelines) sono state riformulate e aggiornate dando vita ai nuovi GRI Standards. Al fine di redigere un report di sostenibilità in conformità a questi standard, un’organizzazione applica i principi di rendicontazione per definire i contenuti del report utilizzando il principio GRI 101, punto di partenza per l’utilizzo dei GRI Standards, al fine di identificare gli impatti e i temi di natura economici, ambientali e materiali. All’interno dei GRI standards esistono 4 serie di dati: i primi sono gli standard universali, della serie 100, seguiti dagli standard specifici per i singoli temi, da quelli su temi economici (serie 200) a quelli su temi ambientali (serie 300) a quelli legati a temi sociali, con l’ultima serie 400. All’interno delle serie 200,300 e 400 esistono standard specifici di svariata natura, che permettono di correlare gli impatti dell’organizzazione sui diversi temi trattati di natura economica o ambientale. Esistono numerose possibilità di utilizzare i GRI standards e due sono le modalità più indicate: la prima ne prevede l’utilizzo come struttura unica per la redazione di un report di sostenibilità in conformità agli standard; la seconda contempla l’utilizzo di standard selezionati per rendicontare informazioni specifiche. A seconda della scelta effettuata esistono le corrispettive dichiarazioni di utilizzo, permettendo una totale trasparenza a livello degli standard che vengono applicati.

ANALISI DI MATERIALITÀ

La materialità è il principio secondo cui le imprese devono redigere i loro report, inserendo informazioni dettagliate sugli aspetti che incidono in modo significativo sulla loro capacità di creare valore nel tempo. Accogliendo i principi della linea guida G4 del GRI, in vigore da maggio 2013 e che pone un particolare accento sul principio di materialità, numerose realtà hanno cominciato ad approcciare questa tematica con dovizia di particolari e la definizione classica di materialità, espressa cioè con riferimento alla prospettiva economico-finanziaria, afferma che “Information is material if its omission or misstatement could influence the economic decisions of users taken on the basis of the financial statement” rende l’idea di quanto complessa e affascinante al tempo stesso sia questa tematica. L’analisi di materialità rappresenta uno strumento importante per identificare le priorità ambientali e sociali più rilevanti, coerentemente con la strategia di business delle diverse realtà cosmetiche, e definire al meglio i contenuti della Dichiarazione Consolidata Non Finanziaria secondo lo standard di rendicontazione internazionale GRI. Spesso nell’analisi di materialità, gli stakeholder interni, rappresentati per esempio dal Consiglio di Amministrazione e dalla Direzione, ed esterni, come dipendenti, clienti, fornitori rilevanti, collocatori; hanno attribuito, in base alla loro rilevanza, un punteggio da 1 a 4 a numerose tematiche frutto di una personalizzazione degli indicatori previsti dagli Standard del GRI, solitamente divisi in quattro gruppi comprendenti temi di natura economica, ambientali, sociali e sostenibilità complessiva comprendente la valutazione dei fornitori e il rispetto di normative a livello ESG. È importante considerare come un’organizzazione si trovi a dover considerare una vasta gamma di temi in sede di rendicontazione e i temi rilevanti, che meritano di essere inseriti nei report, sono da considerare quelli che a ragion veduta debbano essere considerati rilevanti dal momento che riflettono gli impatti economici, ambientali e sociali della stessa influenzando le decisioni degli stakeholders. Con il termine ‘impatto’, che rientra tra le parole essenziali in uno studio di materialità, si indica l’effetto che un’organizzazione ha sull’economia, sull’ambiente e sulla società, indipendentemente se esso sia positivo o negativo. Un tema può essere rilevante oppure materiale, anche solo per uno di questi aspetti e proprio la materialità che ne definisce la reale rilevanza.

BIBLIOGRAFIA
– David Besanko, Mark Shanley Economics of Strategy, Wiley Custom Edition, 2017.
– Monica Veneziani, La costruzione del rendiconto finanziario, Giappichelli Editore, 2009.