Consapevolezza, responsabilità, educazione digitale: criticità e potenzialità nell’uso dei social media
Guardarsi allo specchio e non piacersi: per alcuni è insoddisfazione, per altri è un vero dramma che sfocia in patologia. Perché le persone non si piacciono anche quando vengono considerate molto attraenti è la domanda che guida la ricerca e l’attività clinica dello psicologo e psicoterapeuta Emanuel Mian, che si dedica da oltre venticinque anni a questo problema ed è tra i maggiori esperti italiani di disturbi dell’immagine corporea. Nel suo ultimo libro, Fuga dallo Specchio, analizza i fattori psicologici e sociali dell’insoddisfazione corporea, che è anche fra le cause dei disturbi dell’alimentazione, e delinea un percorso, rodato con migliaia di pazienti, per superare la condizione patologica legata a questo problema. Con lui discutiamo il ruolo dei social media nel disagio rispetto all’immagine corporea e le opportunità per il mondo cosmetico di attuare una comunicazione che valorizzi i prodotti promuovendo la diversità della bellezza.
Che cosa vede nello specchio chi non si piace?
Vede un’imperfezione. Spesso è minima e nessuno la considererebbe un inestetismo. L’insoddisfazione per l’immagine corporea, infatti, può colpire anche persone che tutti reputano molto avvenenti, comprese molte insospettabili modelle o personaggi dello spettacolo. Nella maggior parte dei casi si cerca di gestire al meglio questo disagio – le statistiche ci dicono che il 90% delle persone cambierebbe qualcosa nel proprio aspetto – e ci si costruisce una sorta di maschera sociale. Qualcuno, invece, sviluppa una sofferenza enorme, che interferisce pesantemente con il quotidiano, spesso incompresa perché scambiata per mera vanità. Si tratta di un problema in crescita che, in realtà, è tutt’altro che esclusivamente estetico, e infatti non si risolve eliminando l’inestetismo, anche se si ricorre alla chirurgia estetica, anzi! Il disagio verso la propria immagine, infatti, non riguarda l’aspetto: altri problemi e insoddisfazioni, la paura di non essere perfetti, di non essere abbastanza, vengono proiettati sul corpo a ingigantire un difetto, vero o presunto, su cui si focalizzano il pensiero e le risorse emotive, e non solo, di quella persona.
Come si intreccia questo disagio con i modelli estetici della società odierna?
Oggi riscontriamo tensioni contrapposte. Da un lato, c’è un’enfatizzazione della perfezione, che investe anche l’uomo, mentre fino a pochi anni fa era soprattutto femminile. Il metrosexual, che vuole uomini maniacalmente scolpiti, depilati e curati nel fisico, è un modello in ascesa. Osserviamo parallelamente un’attenzione fuori misura per l’immagine, per lo scatto fotografico, che si manifesta dai red carpet fino alle foto postate sui social con un uso esagerato di filtri e artifici. Per contro, si è anche sviluppato un elogio della scarsa cura altrettanto eccessivo nelle sue ostentazioni, probabilmente in opposizione all’esaltazione di stereotipi patinati di bellezza.
Una polarizzazione sugli estremi…
Il problema è l’eccesso. Avere cura del proprio corpo e della propria immagine è un moto positivo. E che l’uomo sviluppi l’entusiasmo di vivere la propria identità maschile secondo canoni più personali è costruttivo, anche nelle manifestazioni più gender fluid e anticonformiste. Ma se la propria immagine diventa una ossessione c’è un problema. Dall’altra parte, rivendicare l’esigenza di non essere dileggiati o discriminati per il proprio aspetto è sacrosanto. Meno condivisibile è l’esibizione oltre i limiti del rispetto e del buon gusto di stili di vita poco sani che compromettono la salute oltre che l’aspetto fisico, con anche il rischio di esporsi all’emarginazione nell’attuale società molto orientata all’immagine.
Che influenza hanno i social media sul disagio derivato dall’insoddisfazione corporea?
Non è uguale per tutti, ma senza dubbio i social possono amplificare la percezione distonica dell’immagine corporea in soggetti predisposti. (…)