Il 29 aprile, presso la sede di Assolombarda a Milano, è stata presentata la Certificazione Social Footprint-Product Social Identity (SFP). Si tratta della prima certificazione che esprime la performance di sostenibilità sociale di un organizzazione, in tutte le sue dimensioni, infatti vengono presi in considerazione la localizzazione dei fornitori, i processi produttivi, la provenienza delle materie prime e la forza lavoro impiegata per produrre o distribuire un prodotto, suddivisa per genere, età, nazionalità. Il convegno è stato promosso da Bureau Veritas, Certiquality e DNV GL, che fanno parte anche del gruppo di lavoro che ha dato vita alla certificazione. Perché un’impresa dovrebbe certificarsi? La risposta alla domanda è stata data all’apertura dei lavori, dove secondo i risultati di una recente indagine GfK Eurisko, il consumatore chiede maggior informazione e segnali chiari per effettuare scelte responsabili, poiché è sempre più attento alla sostenibilità, percepita come una componente fondamentale della qualità. Per tale motivo una certificazione può essere vista come una scelta di trasparenza verso il mercato, e assume sempre maggior importanza in quanto è una parte importante della corporate reputation. Pertanto comunicare efficacemente il proprio impegno in termini di sostenibilità è sempre più importante, anche alla luce del fatto che le pressioni B2B e B2C stanno divenendo un fattore sempre più importante nelle scelte di investimento, sia nell’ambito produttivo che nella gestione della filiera. La certificazione di prodotto prevede 2 livelli, base «A» e approfondito «AAA» e possiede durata triennale dalla data di emissione. L’obiettivo è fornire risposte chiare e comprensibili per mezzo di un etichetta e sul web, garantendo l’affidabilità e la rintracciabilità dei dati per mezzo di indicatori dei profondità ed estensione, approvati dal Social Footprint Group, con il fine di rendere confrontabile l’impronta sociale di prodotti simili. I rappresentanti delle istituzioni presenti, Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno sottolineato come, anche alla luce delle nuove normative, la Pubblica Amministrazione deve consentire alle imprese di adottare comportamenti responsabili creando spazi favorevoli, poiché in un economia globalizzata c’è il rischio che il valore di un’impresa non venga percepito. Nella tavola rotonda conclusiva sono state portate le testimonianze di alcune aziende, appartenenti al settore manifatturiero, dei servizi e della GDO, che hanno spiegato le motivazioni che le hanno spinte a intraprendere l’iter della certificazione.
di M. Colombini, analista economico