Le forme del giardino

A quale modello tipologico ispirarsi per far sì che uno spazio verde esprima il suo massimo potenziale di benessere quando inserito in una azienda cosmetica? Ricerche, studi e applicazioni pratiche ci forniscono risposte

Esiste un modello di giardino ideale da applicare alle aziende in generale e in particolare a quelle del settore cosmetico? La risposta è no e si allo stesso tempo. O meglio: non è ancora stata coniata una precisa definizione a livello scientifico e compositivo di come in pratica debba essere uno spazio verde aziendale, tuttavia esiste una tipologia di giardino già codificata e da tempo sperimentata che si presta perfettamente a esportare i suoi principi in spazi aperti collegati ad ambienti lavorativi. Si chiama healing garden.

Un giardino del benessere

Healing garden è una tipologia di giardino la cui idea nasce in ambito sanitario alla metà del 1900 quando studi sul rapporto persone-ambiente portano a osservare come alle condizioni ambientali sempre più degradate dei centri urbani si accompagnino disturbi psicologici e fisici. Alla base della progettazione di un healing garden si trova quindi innanzitutto il concetto di riduzione dello stress, e sono diversi gli elementi compositivi che concorrono per ottenere questo risultato: le regole sono state esposte nel 1999 dall’architetto Roger Ulrich nel suo fondamentale contributo ‘Effects of gardens on health outcomes: Theory and research’. I principi base sono quattro: creare una distrazione positiva attraverso la natura; fornire la possibilità di esercizio fisico; facilitare l’interazione sociale tra i fruitori; stimolare il senso di controllo fornendo uno spazio organizzato, ma che lasci al contempo varietà di scelte. Le indicazioni di Ulrich sono riferite a strutture sanitarie, ma vedremo di seguito come gli stessi principi possono essere traslati in un progetto dedicato al verde di una beauty corporate, che nel nostro caso chiameremo, come modello tipologico, “giardino del benessere”. Attenzione: non importa la dimensione, può essere anche un piccolo spazio naturale ricavato in un semplice cortile o sul tetto dell’edificio, oppure può essere un giardino appositamente progettato all’interno di uno spazio verde più ampio, magari già esistente. Ovviamente la situazione ideale è che un giardino del benessere venga contemplato nell’insieme della progettazione di un nuovo edificio o di una ristrutturazione di un manufatto esistente. In questo caso, infatti, si potrà meglio definire l’accessibilità, un prerequisito importante: l’accesso al giardino va facilitato e incoraggiato sia attraverso una comunicazione e segnaletica specifica, sia attraverso la creazione di connessioni visive dall’interno verso l’esterno, in modo tale da incuriosire e in un certo senso anticipare l’esperienza effettiva del contatto con la natura. È inoltre indispensabile tenere conto di alcune regole compositive di base: la realizzazione di un percorso principale semplice, preferibilmente curvilineo; l’inserimento di sedute per favorire l’osservazione della natura ma anche la socializzazione e la privacy; la predisposizione di zone d’ombra e di aree soleggiate da utilizzare nelle diverse stagioni e infine l’attenzione a non sbilanciare mai gli spazi fra area verde (almeno il 70%) e area pavimentata (non più del 30%). Realizzare un giardino del benessere per un’azienda della cosmesi, che già utilizza a fini produttivi anche i materiali vegetali, significa inoltre incentivare una conoscenza diretta e interattiva delle essenze, attenta alle esigenze dei fruitori siano essi i dipendenti o i visitatori. Di seguito l’applicazione dei quattro principi di base.

La distrazione positiva attraverso la natura

Quando la tensione lavorativa aumenta e l’individuo ha bisogno di una valvola di sfogo, molti si alzano dal posto di lavoro, si recano alla macchinetta del caffè, passano da un collega, fanno un giro in bagno. Azioni il cui effetto è solo quello dello “stacco” momentaneo dal problema senza fornire una vera sensazione di rasserenamento. Quando invece ci si immerge qualche istante nella natura è possibile distogliere l’attenzione dalle preoccupazioni e migliorare lo stato interiore: naturalmente maggiore sarà il coinvolgimento di tutti i sensi e più evidenti saranno questi risultati. Un giardino del benessere ha quindi l’obiettivo di riuscire a fornire, in un breve tempo, una efficace distrazione multisensoriale e questo avviene introducendo alcuni elementi fondamentali; primo fra tutti la scelta delle giuste essenze vegetali, che vanno pensate in tutte le loro potenzialità cromatiche, olfattive, gustative, sonore, tattili, stagionali. Esistono piante più adatte a questo scopo: pensiamo ad esempio ai colori dei fiori delle erbacee perenni, alla texture delle foglie di arbusti, alle fragranze delle piante aromatiche e poi al rumore lieve delle graminacee che ondeggiano al vento. E ancora il ciclo delle stagioni, un altro punto di osservazione/distrazione: la primavera con le tenere gemme, l’estate con le grandi fioriture, l’autunno con le foglie multicolore e infine l’inverno quando protagoniste di un giardino diventano le cortecce degli alberi o le spighe coperte dalla brina. E poi si possono inserire altri elementi: l’acqua di piccole fontane, sedute con punti di osservazione panoramici, istallazioni artistiche evocative, elementi sonori e tattili, prati da calpestare, case per uccellini, targhette esplicative delle essenze. Tutti elementi che agiscono in maniera sincronica nello stimolare i sensi: con la “sola natura” c’è ben da distrarsi.

L’esercizio fisico

È dimostrato che l’attività fisica riduca lo stress e i problemi cardiocircolatori. L’azienda ovviamente non è una palestra, ma un giardino aziendale può essere anche il luogo dove svolgere movimento durante le pause, utile per riattivare la circolazione con il conseguente beneficio delle successive ore di lavoro. E così il design delle strutture esterne deve essere pensato per accrescere anche la voglia di fare passeggiate su vialetti naturali oppure su appositi percorsi fitness: è bene comunque contemplare diversi anelli di percorso e aree ben distinte, questo per far sì che ognuno mantenga la propria motivazione di approccio al verde e non si veda invaso nella privacy. Ma non solo corse ed esercizi ginnici, molte attività fisiche si possono svolgere anche semplicemente prendendosi cura delle piante. Senza pensare a un vero programma di orticoltura, si possono adottare le modalità, ormai in uso in tante città, dei giardini condivisi, dove gli utenti programmano volontariamente piccoli e semplici lavori di manutenzione: tagliare i fiori secchi, raccogliere semi, realizzare talee, cimare i piccoli arbusti, estirpare le infestanti.

L’interazione sociale

Sempre nelle pause lavorative, ma anche all’ingresso e all’uscita dal lavoro, un giardino offre l’opportunità di una libera fruizione di uno spazio benefico. La stessa azienda può incentivare lo svolgimento di attività di lavoro di gruppo in spazi aperti: spostare alcune riunioni nel verde favorirà l’attenzione e diminuirà quel senso di sonnolenza, spesso frequente tra i partecipanti, specie dopo i pasti. Nella progettazione di un giardino aziendale è quindi indispensabile inserire spazi facilitanti la socialità: ampie radure luminose dove sedersi sull’erba in momenti di relax oppure aree ombreggiate, da alberi o da pergole, completate con tavoli e sedute, dove piccoli gruppi possano sostare e anche lavorare. Sono in questi spazi che avvengono spontaneamente quelle interazioni utili a creare legami solidi nei gruppi di lavoro (molto simili a quelle programmate in attività formative di team building): empatia, collaborazione, scambio, creatività.

Il senso di controllo

Il controllo, si riferisce all’abilità di una persona nell’affrontare le situazioni e nel reagire a ciò che gli altri fanno nei suoi confronti. Sono tante le situazioni in un ambiente lavorativo che possono innalzare il livello di stress, fare aumentare i livelli ormonali e quindi privare del controllo: il rumore del vociare, le suonerie dei telefoni, il frastuono delle macchine in strada, la vicinanza forzata di persone in un open space, il sovrapporsi di richieste cui trovare soluzioni. La presenza del verde aziendale, appositamente progettato, può aiutare a isolare le situazioni estraneizzanti. Ma come? Innanzitutto, delimitando lo spazio con essenze soffici e mutevoli (non con opprimenti siepi di sempreverdi!) e poi introducendo piccoli angoli contemplativi e stanze vegetali “segrete” da potere usufruire sia per ritrovare il controllo, sia per lavorare in un ambiente stimolante per la creatività e avvolgente per la concentrazione. Per queste ragioni, sarà quindi utile estendere il wifi all’aria aperta e introdurre qualche seduta attrezzata con alimentazione e ricarica da usufruire col proprio laptop.

HEALING GARDEN UN APPROCCIO COMPLESSO

A partire dalla fine degli anni Cinquanta, negli Stati Uniti si sviluppa una disciplina specifica, la psicologia ambientale, che indaga la relazione tra le caratteristiche socio-fisiche dell’ambiente e il comportamento umano. Tra i fattori che favoriscono lo sviluppo e il diffondersi degli studi vi è il crescente interesse verso questa tematica affrontato in contemporanea da diversi settori scientifici: geografia, biologia, sociologia, antropologia e urbanistica. Ed è nel 1958 che avviene la prima collaborazione proprio tra architetti e psicologi: presso la City University di New York viene costituito un gruppo di ricerca con l’obiettivo di valutare l’influenza dell’assetto spaziale ed architettonico di un giardino annesso a un ospedale psichiatrico sul comportamento e sul benessere dei pazienti. Negli anni successivi il gruppo continua ad approfondire lo studio allargando il campo d’indagine alla relazione esistente tra habitat urbano e comportamento umano. Il coinvolgimento e l’affermarsi della figura del paesaggista è il logico completamento di questo percorso culturale di mediazione tra l’ambiente costruito e l’ambiente naturale.

PERCHÉ UN PAESAGGISTA?

Partiamo dalla formazione, e va detto che in Italia (a differenza dei paesi anglofoni e nord europei) è molto recente l’implementazione di un corso di studi specifico. Essere un progettista del verde presume, comunque, avere competenze che spaziano in diversi ambiti, dalla botanica all’agraria, dall’architettura al design, dalla storia dei giardini agli studi sul paesaggio. Spesso confuso con il ruolo di giardiniere, un paesaggista si occupa invece di: analizzare la situazione e individuare gli obiettivi; mettere a punto il progetto di massima; analizzare il budget; elaborare i disegni esecutivi; individuare e gestire gli strumenti, le modalità, le tempistiche e le fasi degli interventi; ricercare e coordinare le diverse figure professionali; fornire supervisione al cantiere; istruire chi usufruirà del giardino; stendere un piano di manutenzione.

È utile, inoltre, ricordare che il costo della progettazione del verde rientra tra i lavori che possono godere delle agevolazioni “Ecobonus” attualmente in vigore.

 

di Nicoletta Toffano