Paola Lombardo si laurea in CTF all’Università degli Studi di Genova. Consegue poi l’abilitazione alla professione di farmacista e, nel 2000, la specializzazione in Scienze e Tecnologie Cosmetiche presso l’Università degli Studi di Milano. Inizia l’attività di formulatore presso il Laboratorio R&D di Bottega Verde per poi essere assunta in quello di OFI come responsabile. Nel 2006 il passaggio a responsabile R&D in Biofarmitalia in cui, dal 2008, riveste anche il ruolo di direttore tecnico.
Su quali aspetti è opportuno fondare il laboratorio R&D nel terzismo cosmetico?
Velocità di risposta e di esecuzione, capacità di ascolto e interazione con il cliente devono essere parte integrante della forma mentis di chi opera in R&D. L’apertura di un nuovo progetto, nei limiti del possibile, deve essere definita con una proposta dettagliata che ne metta in evidenza i requisiti di base in termini di tempistica e costi (per esempio, eventuali preclusioni o preferenze relativamente al tipo di ingredienti funzionali, ai sistemi conservanti da utilizzare, test di efficacia e sicurezza consigliati, condizioni inerenti la stabilità del prodotto ecc). Mi rendo conto del fatto che non sia sempre possibile pianificare tempi e costi in maniera precisa e che molte volte quest’attività possa sembrare troppo rigida agli occhi del cliente, ma sicuramente, se condotta con determinazione, porterà vantaggi a entrambe le parti coinvolte nello sviluppo. Inoltre, l’etica e la coscienza del formulatore non devono essere perse di vista: la visione completa del canale di distribuzione dove verrà commercializzato il prodotto ci dovrà guidare per quanto riguarda l’aspetto economico, senza però dimenticare che la scelta dei componenti con cui verrà formulato saranno alla base del suo successo. La scelta dello staff di collaboratori, infine, è da sempre fondamentale: essere circondati da persone con iniziativa, autonomia e capacità di affermazione delle proprie idee è di grande aiuto nella creazione di un team valido e orientato al successo del proprio lavoro.
Quali tendenze si riscontrano nello specifico mercato del prodotto da farmacia?
L’attenzione, soprattutto nel campo dei dispositivi medici, si è spostata verso problematiche che sino a qualche anno fa non erano prese particolarmente in considerazione: patologie fastidiose quali l’herpes o le afte a livello del cavo orale hanno creato e aperto una serie di importanti mercati di nicchia, che hanno visto l’introduzione di prodotti mirati in grado di alleviarne i disagi (patch, colluttori, gel ecc.). Anche nell’ambito dell’estetica, puntare a problematiche particolari quali per esempio la secchezza del tallone ha condotto allo sviluppo di prodotti di successo. L’avere a disposizione tecnologie particolari, quali patch e film fast dissolving, è di grande aiuto nel lancio di prodotti in grado di abbinare funzionalità e creare innovazione e curiosità nel mercato e agli occhi del consumatore.
Quali sono le problematiche per prodotti che associano il cosmetico al dispositivo medico e/o che trasformano il cosmetico in dispositivo medico?
A seconda del tipo di prodotto questa scelta può avere un senso o costituire solamente una complicazione. Per i dispositivi medici l’ottemperanza alle disposizioni regolatorie richiede la stesura di un pacchetto documentale piuttosto consistente, che allunga di molto i tempi dello sviluppo prodotto con aggravio dei costi, a fronte di una connotazione, quella di dispositivo medico, che non è detto venga percepita come valore aggiunto dal consumatore. D’altro canto, lo sviluppo di “dispositivi medici-cosmetici” per conto di aziende farmaceutiche quasi sempre comporta la traslazione di standard di qualità farmaceutici a un prodotto che farmaco non è: la risultante sarà sempre la stessa, ossia quella di lanciare sul mercato un prodotto con standard di qualità elevati che però ha richiesto tempi/costi di sviluppo importanti. Va comunque precisato che aziende disposte ad avere alta qualità non hanno problemi ad affrontare tutte le spese necessarie per soddisfare questo tipo di requisito. Il lato sicuramente positivo di collaborare con determinati tipi di clienti, è quello di lavorare in maniera approfondita sulla formulazione, che deve essere snella nel numero dei componenti ed efficace: una richiesta sempre più frequente infatti, è quella di mettere a punto metodi analitici in grado di monitorare la vita di un ingrediente funzionale/conservante all’interno di una formulazione per tutto l’arco della stabilità e per i futuri lotti di produzione, pertanto, nell’ottica di una collaborazione attiva ed efficace tra R&D e Controllo Qualità, la semplicità della formulazione diventa un punto focale. La collaborazione stretta fra R&D, Controllo qualità, Assicurazione qualità e Reparto regolatorio è diventata un requisito basilare nello sviluppo di quasi tutti i progetti.
E quanto ai riscontri di mercato?
In termini generali, per il consumatore, indipendentemente dalla classificazione regolatoria, sarà la qualità promessa e realmente percepita del prodotto a determinarne il riacquisto. La trasformazione di un cosmetico in dispositivo medico viene percepita come una connotazione importante per il medico e il farmacista e necessita di una notevole competenza regolatoria, per comprendere come attuare questo obiettivo rispondendo alla normativa senza forzare le caratteristiche del prodotto in modo ingannevole. Nella mia esperienza, vedo un bilancio piuttosto positivo per le aziende farmaceutiche, che sono già strategicamente nell’ottica di lavorare secondo certi standard qualitativi e sono strutturate per sostenerne i costi, in particolare nel caso in cui il prodotto venga sviluppato ex-novo. Il bilancio è più controverso nei casi di aziende cosmetiche che scelgano di appoggiarsi a un terzista per registrare cosmetici già commercializzati come dispositivi medici: in questo caso la qualità e la gradevolezza della formulazione devono rimanere identiche a quelle di partenza che hanno contribuito ad affermarla con successo sul mercato, la fascia di prezzo non potrà discostarsi troppo da quella iniziale e la comunicazione dovrà essere ripensata nell’ottica del dispositivo medico. Un lavoro lungo, costoso e non privo di rischi, in quanto un consumatore fidelizzato al prodotto, pur percependo positivamente una comunicazione diversa e più sobria rispetto al cosmetico, potrebbe non gradire, per esempio, il seppur minimo cambiamento di texture, evitando pertanto il riacquisto dello storico prodotto nella nuova veste di medical device.
Lei è esperta di sistemi di rilascio, crede che possano costituire una tendenza per il prodotto cosmetico che si propone alla farmacia?
Lavorare su matrici di rilascio innovative richiede una pianificazione dettagliata in termini di tempi e costi alla luce del fatto che nella maggior parte dei casi l’innovazione deve essere protetta da brevetto. L’idea vincente è quella di lavorare su matrici multifunzionali: dobbiamo immaginare una sorta di “contenitore” che, opportunamente funzionalizzato, possa trovare spazio nella realizzazione di prodotti fruibili nel campo cosmetico, farmaceutico, dispositivo medico e, in alcuni casi, nel settore dell’integrazione alimentare. L’utilizzo in applicazioni strettamente cosmetiche, essendo influenzato dalle tendenze moda, vede momenti di forte sviluppo alternarsi a fasi di scarso interesse. A tal proposito ritengo che la classica emulsione sia stata e sempre sarà intramontabile nella mente del consumatore. Tecnologie di rilascio e veicolazione di ingredienti funzionali da utilizzare nello skin care, pur rivestendo un largo interesse a livello di innovazione nell’ambito della cosmesi funzionale, hanno tuttavia un inquadramento regolatorio spesso controverso.
Che tipo d’incertezza normativa si riscontra?
La cosmesi funzionale vive la grande contraddizione di proporre l’utilizzo di ingredienti e sistemi di veicolazione che difficilmente si riescono a interfacciare con la definizione normativa di cosmetico. Secondo tale definizione le preparazioni cosmetiche dovrebbero essere “destinate a essere applicate sulle superfici esterne del corpo oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo, esclusivo o prevalente, di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, correggere gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”: immaginare che prodotti classificati come cosmetici siano di fatto border line e contemporaneamente rispettino al cento per cento la definizione di cosmetico non è sempre facile. Una considerazione che mi sento di fare riguarda alcuni ingredienti che, seppur di abituale utilizzo nell’ambito cosmetico, non possono essere utilizzati nell’area dei medical device in quanto aventi presunte proprietà metaboliche. Forse sarebbe il caso di adeguare la definizione di cosmetico alla realtà dei fatti e di una richiesta di mercato profondamente cambiata.
di E.Perani