Reti di imprese: una super-industria tutta da costruire

Migliorare la competitività dell’industria manifatturiera italiana è la sfida che si pone nel quadro dei mercati mondiali, che l’avvento delle nuove economie e i postumi della crisi hanno completamente mutato. Le potenzialità delle reti di impresa commentate da Marco Piacentini, consulente esperto in strategia di prodotto e di business nei mercati consumer di alta gamma.

Su quali aspetti si gioca la competitività per l’industria italiana, così come è strutturata, considerando la fase economica?

Marco Piacentini,consulente esperto in strategia di prodotto e di business nei mercati consumer di alta gamma.

La fase di mercato attuale vede una sofferenza importante all’interno dei settori dei beni di largo consumo e dei beni durevoli. Tutti settori che hanno naturale sbocco sul mercato nazionale dei consumatori. L’erosione dei risparmi delle famiglie e un clima di incertezza hanno infatti ridotto la capacità di spesa e favorito lo sviluppo di una forte sensibilità al rapporto qualità prezzo nel consumatore medio. Ogni acquisto è ben ponderato, il consumatore accede a diverse fonti d’informazione (internet per esempio) per trovare il prodotto migliore al prezzo migliore e il ciclo di ricambio dei beni durevoli ha rallentato (è ripartito il mercato delle riparazioni). Se questo è, in termini assoluti, una buona cosa, tuttavia caratterizza un inasprimento della competizione lato aziende. Ricordiamo che il mercato consumer nazionale attinge da un’offerta globale. Quindi la competizione è globale. Notizie meno nere, ma sempre sui toni del grigio, arrivano dall’industria di intermedi produttivi. In questo caso il mercato di riferimento è la filiera industriale globale e la quota di esportazione supera in media il 60%. Eccezioni puntuali, legate a eccellenze specifiche, si trovano nei settori tradizionali italiani (alimentare, moda, meccanica), in cui ben lavorano aziende con prodotti di nicchia o di alta gamma. Il mercato di sbocco però è ancora globale, anche se a concorrenza ridotta (prodotti tipici e di alta qualità). La capacità di raggiungere i mercati internazionali è quindi strategica. Gli aspetti su cui si gioca la competitività dell’industria sono dunque: la capacità di inserirsi nelle supply chain internazionali con componenti di altissima qualità e specificità, la capacità di offrire sul mercato nazionale prodotti con rapporto qualità/prezzo molto alto e di fornire al mercato globale prodotti tipici di alta gamma, con un elevato livello di personalizzazione.

Quali sono le caratteristiche che una azienda deve avere per poter cogliere queste opportunità?

Offrire prodotti o servizi che sono unici, indispensabili e personalizzati per il cliente. Il prezzo è una variabile di secondo livello. Deve rispettare certo il principio della convenienza, ma non può essere l’elemento discriminante per l’acquisto. È fondamentale quindi possedere grandi capacità di ricerca e sviluppo prodotto, flessibilità e conoscenza del settore. Queste sono doti tipiche delle imprese snelle, piccole e dinamiche, come la maggior parte delle buone industrie italiane, già molto apprezzate nel mondo per queste caratteristiche (si veda come molti di questi piccoli gioielli siano stati acquistati da gruppi esteri, ultimo caso, Loro Piana). Ma queste qualità devono essere coniugate con capacità tipiche della grande azienda: forti leve negoziali, capacità di investimento nella comunicazione e marketing, comprensione dei mercati globali, struttura economico finanziaria. In questo caso le aziende italiane sono meno forti (ed è per questo che, riprendo l’inciso precedente, alcune tra le migliori sono state assorbite da gruppi internazionali). Tipicamente, aziende con risorse di questo tipo hanno dimensioni superiori rispetto alle italiane, maggiori capacità di investimento e di redditività del capitale investito, una gestione della liquidità più efficiente e una rotazione dei magazzini più alta. Conseguentemente, riescono a mantenere tempi di pagamento più veloci e ad avere un accesso al credito facilitato e meno costoso. Credo che per superare questi limiti sia necessario iniziare a fare sistema. La rete d’impresa costituisce un livello organizzativo superiore, strutturato per lavorare al servizio delle imprese che la compongono, che trasforma tante piccole aziende in una super-industria capace di cogliere le opportunità di mercati che, per dimensioni e caratteristiche, sarebbero altrimenti irraggiungibili e insoddisfabili.

Una evoluzione indispensabile?

Sono convinto che in questa fase l’organizzazione in reti d’impresa sia una necessità. Le ridotte dimensioni delle aziende italiane, il loro isolamento e la frammentazione del nostro sistema produttivo rallentano il rilancio del paese. Il mercato è irreversibilmente cambiato e siamo rimasti indietro. Quello che fino a ieri funzionava oggi non funziona più. A mio avviso, il cambiamento non è ulteriormente procrastinabile. L’aggregazione è indispensabile. Il forte individualismo che appartiene alla nostra cultura industriale oggi non può più funzionare per molte ragioni, anche se in passato ha creato eccellenze produttive a livello globale. Altri tempi. Oggi, la rivoluzione di internet consente un accesso gratuito e indifferenziato alle informazioni. Dal punto di vista industriale, la conseguente disintermediazione della comunicazione permette l’interazione diretta con i consumatori nei mercati di interesse e impone una maggiore trasparenza in ogni area del business, a partire dalla comunicazione. Il valore di una marca e la sua distruzione sono oggi fenomeni che viaggiano a velocità mai viste in precedenza. Ricordiamo anche l’esigenza di ripensare i canali distributivi. Da anni ormai, pur in periodo di crisi, si assiste alla crescita delle vendite online e da mobile. Anche in questo caso è il successo di una «rete», il Web.

 

di E.Perani