Cosmesi “vegetale”: autenticazione delle erbe officinali impiegate

Dalle creme per il viso e il corpo, alle creme anti-età e ai solari protettivi, la gamma dei fitocosmetici a base di piante officinali è ampia e in continua crescita. L’aumentata domanda di prodotti botanici è accompagnata dalla richiesta di assicurazione di qualità, di efficacia e sicurezza. È essenziale l’identificazione e autenticazione delle piante usate per la produzione cosmetica, scopi per i quali sono risultate particolarmente utili le metodiche di “fingerprinting” del DNA per capacità discriminatoria e applicabilità a materie prime processate. In Italia la diffusione dell’uso della fitoterapia è un fenomeno che, per quanto relativamente recente e più contenuto rispetto ad altri Paesi occidentali, ha portato a un’ accresciuta richiesta di prodotti cosmetici naturali, tanto che oggi l’Italia è divenuta una delle più grandi importatrici di erbe officinali. Tra le piante “officinali” rientrano piante medicinali, aromatiche e da profumo, che trovano impiego a scopo terapeutico, come ingredienti nell’industria alimentare o in cosmetica. Anche se nel linguaggio comune spesso i termini pianta medicinale e pianta officinale sono sinonimi, si tratta di due diverse entità; il termine “officinale” è più ampio e solo procedurale, indica cioè quelle piante inserite all’interno di elenchi ufficiali come utilizzabili dalle officine farmaceutiche, a prescindere dal fatto che abbiano o meno proprietà di tipo medicinale. Il termine “medicinale” indica invece quelle piante che contengono sostanze utilizzabili a scopo terapeutico, direttamente o previa estrazione dei principi attivi, cioè le sostanze che possiedono una determinata attività biologica. È quindi chiaro che una pianta può essere officinale in un paese e non in un altro, a seconda delle regolamentazioni vigenti, ma essa sarà una pianta medicinale a prescindere dalle leggi. Le piante officinali sono definite con precisione dal nome scientifico botanico secondo il sistema binomiale che individua ogni specie con due nomi – prima il genere e poi la specie – seguiti spesso dalla varietà e dallo scienziato che l’ha identificata.

Piante officinali nella cosmesi

Le piante officinali sono materie prime cosmetiche utilizzate in numerose formulazioni fin dall’antichità. Sono stati perfezionati metodi di estrazione integrale dalle piante per avere a disposizione i fitocomplessi attivi, sia lipo sia idrosolubili, dove per fitocomplesso si intende un insieme di sostanze di origine vegetale non ottenibile per sintesi chimica. I principi attivi delle piante possono essere ottenuti dal fitocomplesso oppure essere assunti con la droga, termine che indica la parte o le parti della pianta in cui sono presenti i principi attivi. Le droghe vegetali sono essenzialmente piante intere, frammentate o tagliate, parti di piante, alghe, funghi, licheni in uno stato non trattato, generalmente in forma essiccata ma talvolta fresche. Tra le piante fitocosmetiche rientrano i rinforzanti vasali (rusco radice, frutti del mirtillo, foglie del gingko ecc.), emollienti (malva, l’altea, borragine), stimolanti (lavanda, timo, salvia, ginepro, rosmarino), bioattivanti (per esempio, calendula e carota) ecc. Possono essere usate tal quali o attraverso i loro estratti fluidi e, con l’aggiunta di eccipienti naturali, permettono di ottenere veri e propri cosmetici funzionali naturali. Gli eccipienti sono prodotti che servono di supporto e per veicolare estratti attivi e funzionali di piante: sono ottimi eccipienti naturali le polpe di frutta e verdura, lo yogurt, il latte, il miele ecc. che sono già di per sé dotati di una buona azione cutanea emolliente e idratante. Una parte rilevante in fitocosmesi la svolgono anche gli oli essenziali o essenze, che si ottengono per distillazione delle piante aromatiche officinali, ricavando una separazione della pasta volatile distillabile da quella fissa non volatile: questi oli eterei vengono diluiti in solventi rari e applicati in estetica a seconda della loro proprietà. Per esempio, per depurare antisetticamente a fondo la pelle si usano il timo e la lavanda, per la pelle grassa le essenze di maggiorana, per le aride quelle di sandalo o mirto, per le pallide l’elicriso e la verbena, per le senescenti la malvarosa e il basilico.

Cosmetici biologici e naturali: le certificazioni europee

Fino a poco tempo fa nei diversi Paesi esistevano diversi standard ideati dagli Enti Certificatori nazionali e anche all’interno del medesimo Paese c’era molta confusione di terminologia per indicare i vari tipi di prodotti fitocosmetici. Per favorire la chiarezza nel consumatore e per uniformare la produzione di cosmetici biologici sotto un’unica linea guida sono entrate in vigore recentemente due nuove certificazioni europee – Cosmos e NaTrue – che arrivano a distinguere, in base al tipo e alla quantità di ingredienti in essi contenuti, due tipologie di cosmetici: il biologico e il naturale. CosmOS, ovvero Cosmetics Organic Standard, è il disciplinare CE promosso dai principali enti certificatori biologici europei – Ecocert e Cosmebio (Francia), Bdih (Germania), Soil Association (Regno Unito), Bioforum (Belgio) e Icea (Italia) – che ha lo scopo ultimo di ottenere una cosmesi sostenibile su tutto il ciclo produttivo, dall’origine delle materie prime al packaging. In base a CosmOS i cosmetici biologici e quelli naturali devono riportare in etichetta il logo – rispettivamente CosmOS Organic e CosmOS Natural – e l’ente che ha certificato il prodotto. Mentre per i primi è richiesta una determinata percentuale di ingredienti biologici per i secondi invece no. Come quello biologico, anche il prodotto naturale non dovrà avere più del 2% di materie prime di sintesi, mentre per quanto riguarda gli ingredienti ammessi, lo Standard rimanda ai singoli organismi certificatori nazionali (tab. 1). Alcuni organismi certificatori, tra i quali CCPB (Italia), Bio.Inspecta (Svizzera), EcoControl (Germania), hanno poi dato vita e aderito a NaTrue, un altro disciplinare che ha lo scopo di offrire un marchio per orientare il consumatore verso la scelta di prodotti realmente naturali. Oltre ai cosmetici naturali (logo NaTrue una stella) e a quelli biologici (NaTrue tre stelle), Natrue inserisce una terza categoria, quella dei cosmetici naturali con complementi biologici (NaTrue due stelle) che rispetto alla prima categoria, quella dei cosmetici naturali, richiede livelli minimi più alti di sostanze naturali non trasformate, di cui il 70% deve provenire da agricoltura biologica o raccolta spontanea certificata (tab. 1).

 Ingredienti vegetaliIngredienti chimici% bio sul totale% bio sul vegetale
Cosmetici biologici (Cosmos Organic)Elenco sostanze vietateElenco sostanze vietate20,00%95,00%
Cosmetici naturali (Cosmos Natural)Elenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionaleElenco sostanze vietate e criteri dell'ente certificatore nazionaleNon richiestoNon richiesto
Cosmetici naturali (NaTrue *)Minimo richiesto a seconda della categoria cosmeticaMassimo permesso a seconda della categoria cosmeticaNon richiestoNon richiesto
Cosmetici naturali con complementi biologici (NaTrue **)Minimo richiesto sul totale: 15%Massimo permesso sul totale: 15%Non richiesto (dal 2012 minimi richiesti anche per ingredienti chimici)70,00%
Cosmetici biologici (NaTrue ***)Minimo 20%Massimo 15%Non richiesto95,00%
N.B. Le due certificazioni non includono l'acqua nel calcolo della percentuale di biologico contenuta nel cosmetico.

Controlli di qualità

La qualità delle droghe vegetali, ottenibili da piante sia coltivate sia selvatiche, viene garantita da adeguate procedure di campionamento, coltivazione, raccolta, essiccamento, frammentazione e conservazione. Importante è anche la titolazione, il procedimento mediante il quale si determinano le quantità dei principi attivi contenuti nel prodotto fitoterapico, che permette di standardizzare la produzione, facendo sì che la concentrazione delle sostanze attive sia costante. Il controllo qualità è una delle fasi cruciali del processo produttivo: devono essere controllate le materie prime per ricercare fattori inquinanti, presenza di pesticidi, diserbanti ecc., ma anche i semilavorati e i prodotti finiti per verificare che la produzione rimanga entro limiti prestabiliti. Generalmente il controllo qualità è dichiarato in etichetta, perché esso è un fattore importante nella valutazione complessiva del prodotto. Una volta che il prodotto arriva all’officina di laboratorio, deve portare sull’etichetta la composizione e il titolo dei principi attivi; la denominazione, col nome botanico e con quello scientifico della specie; il luogo di coltivazione, se questa è di origine spontanea oppure coltivata e il periodo di raccolta; riferimenti alla droga, parte della pianta utilizzata e il termine massimo di utilizzo, con certificazione della provenienza, che rappresenti una vera e propria carta di identità della pianta; la data e il numero di lotto della preparazione; il nome del produttore o il paese d’origine, il nome dell’importatore o del responsabile dell’immissione in commercio.

Autenticazione delle piante officinali su base genomica

Non sono rari gli eventi di sofisticazione, adulterazione o deterioramento delle droghe vegetali, sia fraudolenti sia fortuiti. L’identificazione e l’autenticazione delle piante officinali usate nella produzione è quindi un passaggio iniziale fondamentale nell’ambito di un più esteso processo di assicurazione qualità. In particolare, autenticare le materie prime per origine e purezza è essenziale per tutte le aziende che hanno come obiettivo quello di creare cosmetici 100% naturali. Il riconoscimento delle piante officinali può essere effettuato con metodiche chimiche o botaniche: le prime sono per lo più tecniche cromatografiche o spettrofotometriche che permettono di verificare la presenza del principio attivo e/o del fitocomplesso ricercato, mentre le metodiche botaniche sono in grado di identificare i caratteri peculiari dei vari generi e specie in base a un’analisi microscopica. Le analisi di tipo botanico tradizionalmente effettuate per l’identificazione di piante a livello di specie hanno però dei limiti legati al fatto che in alcune materie prime che sono state trattate, triturate o alterate non è più possibile effettuare il riconoscimento; inoltre non è possibile ottenere precise indicazioni di tipo botanico sull’area geografica di produzione né sulla varietà utilizzata come materia prima. Per ovviare a questi problemi, sono stati sviluppati già a partire dai primi anni ’90 metodi molecolari su base genomica, che sfruttano il codice a barre del DNA per l’identificazione delle piante officinali, grazie all’invenzione della tecnica di amplificazione del DNA denominata “reazione polimerasica a catena” (PCR) [1, 2]. I metodi molecolari basati sul DNA, che sfruttano la PCR o sue varianti, permettono di identificare in modo univoco e riproducibile il genere, la specie e la varietà di origine della materia prima anche quando questa è stata processata (essiccata, spremuta, triturata, polverizzata …) quindi anche nel prodotto semilavorato o finito. I metodi molecolari consentono inoltre di determinare l’origine geografica dei prodotti, ma anche la presenza di OGM nel prodotto finito o di piante contenenti potenziali allergeni.

Tecnologie di “Fingerprinting” del DNA

Sviluppata in origine per l’amplificazione diretta di regioni definite di DNA, denominate sequenze, la tecnologia PCR può anche essere usata per l’amplificazione di più porzioni di DNA [3]. Il secondo approccio, invece che focalizzarsi su specifici loci genetici, sfrutta le variazioni (polimorfismi) specie o varietà-specifiche presenti nell’intero genoma che risultano in caratteristiche impronte o “fingerprint” di DNA genomico, da cui il nome di questo approccio: “DNA fingerprinting”. Il “fingerprint” è definito da uno o più differenze nel profilo del DNA che si ottiene attraverso l’uso di specifici marcatori molecolari, come per esempio i microsatelliti o gli SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms). I microsatelliti, noti anche come SSR (Simple Sequence Repeats) o STR (short tandem repeats), sono sequenze ripetute di DNA non codificante costituite da unità di ripetizione molto corte (1-5 bp) che, per il loro alto livello di polimorfismo, sono utilizzabili come marcatori molecolari ad alta informatività. Gli SNPs sono invece differenze tra individui della stessa specie o varietà caratterizzati da differenze a carico di un unico nucleotide (l’unità di base del DNA). Le tecnologie di fingerprint del DNA vengono utilizzate principalmente nel settore forense per identificare in modo riproducibile e altamente preciso individui e determinarne le loro relazioni di parentela. Ma possono essere applicate in una gamma variegatissima di settori, tra cui anche quello dell’autenticazione delle piante officinali [4].

Applicazioni del DNA fingerprint nel settore cosmetico

L’industria cosmetica utilizza una gamma molto ampia di prodotti naturali di origine vegetale. Molte di queste specie vegetali sono selvatiche e spesso crescono soltanto in specifiche condizioni climatiche o in specifiche località geografiche. Soltanto determinate specie accumulano i metaboliti o i fitocomplessi con specifiche proprietà (per esempio, lenitiva, antinfiammatoria). In alcuni casi specie affini a quelle di rilevanza per il settore cosmetico non producono le molecole ricercate per le formulazioni cosmetiche. Le tecnologie di fingerprint del DNA permettono, anche in assenza di documentazione o di altre tecniche analitiche, di assegnare la specie di appartenenza di un lotto di materia prima anche se già processata (liofilizzata, sterilizzata ecc.). A oggi, le analisi del DNA sono utilizzate di routine in campioni di radici essiccate per il riconoscimento della specie Panax gingseng e la sua differenziazione da altre specie di Panax considerate adulteranti, anche se miscelate nello stesso lotto nel caso di matrici già triturate. Finora per l’autenticazione di numerose specie di interesse cosmetico (per esempio Valeriana officinalis, Melissa officinalis) sono stati sviluppati metodi del DNA, validati per la loro riproducibilità e sensibilità, applicabili anche a materie prime processate. Le analisi del DNA si distinguono anche per la rapidità con cui possono essere realizzate (normalmente 24-48 ore), permettendo quindi di poter effettuare controlli di qualità delle materie prime al momento del loro conferimento e prima di entrare in produzione. L’altro settore di applicazione delle tecnologie di fingerprint del DNA è quello relativo alle specie di interesse cosmetico che possono essere coltivate (per esempio, camomilla, Matricaria recutita). Mediante programmi di miglioramento genetico sono state selezionate specifiche varietà in grado di accumulare alti livelli del o dei principio/i attivo/i di rilevanza per le formulazioni cosmetiche. Tramite le analisi del DNA è possibile in modo mirato identificare tali varietà, denominate “elite”, e differenziarle da altre di minore interesse per le loro ridotte performance sia a livello agronomico sia di qualità/quantità dei fitocomplessi presenti in specifici organi della pianta.

Conclusioni

Le analisi del DNA sono state applicate con successo all’autenticazione di numerose specie di interesse erboristico, parte delle quali sono applicate anche in cosmetica (tab. 2). L’autenticazione delle piante officinali sfrutta variazioni specie-specifiche o polimorfismi di varie regioni di DNA nucleare e cloroplastico, perché, lo ricordiamo, oltre al DNA genomico organizzato in cromosomi nel nucleo, le cellule delle piante contengono genomi circolari nei cloroplasti e nei mitocondri. Usando metodi basati sulla PCR, l’identificazione di specie è stata ottenuta usando DNA isolato da parti di pianta fresche ed essiccate, estratti di erbe e droghe vegetali processate ma anche prodotti finiti. I metodi di fingerprinting del DNA trovano risultano essere di grande utilità per evidenziare in modo rapido ed efficiente l’eventuale adulterazione o l’errata identificazione di materie prime, che possono essere così scartate senza ulteriori esami morfologici o fisico-chimici.

Nome comune genericoNome scientifico specifico      
AcerolaMalpighia glabra L.
AchilleaAchillea millefolium L.
AloeAloe ferox Miller
AlteaAlthaea officinalis L.
AmamelideHamamelis virginiana L.
Anice stellatoIllicium verum Hooker
BardanaArctium lappa L.
BetullaBetulapubescens Ehrh.
BiancospinoCrataegus monogyna Jacq
BoldoPeumus boldus Molina
BorragineBorago officinalis, L.
CamomillaMatricaria recutita L.
CannellaCinnamomum zeylanicum Blume
CarciofoCynara scolymus L.
Cardo marianoSilybum marianum (L.) Gaertn
CentellaCentella asiatica L.
CicoriaCychorium intybus L.
CimicifugaActaea racemosa L.
CurcumaCurcuma longa L.
EchinaceaEchinacea pallida Britton
EchinaceaEchinacea porpurea Moench.
ElicrisoHelichrysum italicum G.Don.
EleuterococcoEleutherococcus senticosus Maxim
EscolziaEschscholzia californica Cham
GinkgoGinkgo biloba L.
GinsengPanax ginseng Meyer
GiuggiuoloZiziphus jujuba Miller
GlucomannanoAmorphophallus konjac Koch
GriffoniaGriffonia simplicifolia (DC) Baill.
GrindeliaGrindelia robusta Nutt.
GuaranàPaullinia cupana (H.B.K)
IncensoBoswellia serrata Roxb.
IppocastanumAesculus hippocastanum L.
LavandaLavandula officinalis Chax
LavandaLavandula vera DC
LiquiriziaGlycyrrhiza glabra L.
MalvaMalva sylvestris L.
MelissaMelissa officinalis L
Menta dolceMentha viridis L
Menta piperitaMentha piperita L
MirraCommiphora molmol Engler
MirtilloVaccinium myrtillus L.
OrticaUrtica dioica L.
OrtosiphonOrthosiphon stamineus Bent.
PassifloraPassiflora incarnata L.
PiantagginePlantago ovata Forsk
PsillioPlantago ovata Forsk
RodiolaRhodiola rosea L.
RooibosAspalathus linearis (Bur.)
RuscoRuscus aculeatus L.
SalviaSalvia officinlis L.
SambucoSambucus nigra L.
SchisandraSchisandra chinensis Baill.
SerenoaSerenoa repens
SpireaSpirea ulmaria L.
TarassacoTaraxacum officinale Weber
The verdeCamellia sinensis Kuntze
Uva ursinaArctostaphylos uva-ursi L.
ValerianaValeriana officinalis L.
Verga d’oro Solidago virga-ura L.
Vite rossaVitis vinifera L.
ZenzeroZingiber officinalis Rosc.

Bibliografia

1. Savolainen V, Cowan RS, Vogler AP, Roderick GK, Lane R. Towards writing the encyclopedia of life: an introductin to DNA barcoding. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci 2005; 360: 1805 – 11.

2. Ratnasingham S, Hebert PDN. BOLD: the barcode of life data system (www.barcodinglife.org). Mol Ecol Notes 2007; 7: 355 – 64.

3. Williams JG, Kubelik AR, Livak KJ, Rafalski JA, Tingey SV. DNA polymorphisms amplified by arbitrary primers are useful as genetic markers. Nucleic Acids Res 1990; 18: 6531 – 5.

4. Nikolaus J Suker, Maria C Charles. Genome-Based Approaches to the Autentication of Medicinal Plants. Planta Med 2008; 7°: 603 – 23.

 

di S.Guenzi (Biologa) e P.Piffanelli (Resp.Scientifico Piattaforma Genomica, Parco Tecnologico Padano, Lodi)