Creare un profumo: il miracolo dell’arte

aromatherapy and alchemy with pink flowers

Il parere del grande profumiere francese Pierre Bourdon che si racconta a cuore aperto al nostro giornale, dagli inizi di carriera alle tematiche sul profumo di stretta attualità
Come i grandi artisti Pierre Bourdon ci ha abituato alle sorprese e, dopo aver annunciato il suo ritiro dall’attività di profumiere, ha presentato a inizio 2015 cinque nuove creazioni a marchio ‘Pierre Bourdon’. L’occasione per incontrarlo è stata il 35° compleanno del Cosmast, Master in Scienze e Tecnologie Cosmetiche dell’Università di Ferrara, dove l’artista francese ha deliziato la numerosa platea con una lectio magistralis sull’argomento profumo nella splendida cornice di Palazzo Trotti Mosti. A testimonianza del grande talento del ‘nasò francese valgono i nomi dei suoi più grandi successi, come Kouros di Yves Saint Laurent e Cool Water Man Davidoff, realizzati nell’arco di una lunga carriera iniziata nel 1961 e che l’ha visto collaborare con realtà prestigiose come Roure e Takasago.

Monsieur Bourdon come scopre il suo talento per la profumeria e sceglie di diventare un ‘naso’?
Fin da bambino avevo una grande passione per i profumi e per gli odori in generale ma mai avrei pensato di lavorare in tale campo, tanto che mi iscrissi alla facoltà di Scienze Politiche a Parigi. Una volta laureato, rimasi folgorato dalla lettura dell’opera ‘Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust e decisi che nella mia vita sarei voluto diventare un artista; tuttavia non sapevo né dipingere né suonare uno strumento musicale e fu allora che scelsi di diventare un profumiere. Iniziai un percorso all’interno della prestigiosa realtà di Roure ed ebbi l’immensa fortuna di conoscere un profumiere straordinario come Edmond Roudnitzka da cui cercai di carpire i segreti del mestiere. Andavamo spesso a correre insieme e in bicicletta ogni mercoledì, bastava un semplice odore nell’aria a farci parlare di accordi fra le materie prime per ore intere.

Quali sono i segreti per realizzare un profumo di successo e stupire il consumatore?
Personalmente, come credo faccia la maggior parte dei grandi profumieri, non ho mai pensato se una nota potesse piacere o meno al consumatore nel momento in cui creavo una fragranza, ma cercavo solo di seguire il mio istinto e di realizzare ciò che mi ero prefissato di raggiungere nella mia testa. La difficoltà principale del lavoro del profumiere consiste nel creare ‘forme’ invisibili che devono essere rese percettibili e tattili, dobbiamo passare da una forma astratta al visibile. Il profumo è invisibile come la musica e ritengo che un compositore di musica classica, quando debba creare una nuova sinfonia abbia le stesse difficoltà dei profumieri. Una nuova melodia deve possedere una sua personalità specifica in modo che dopo due ascolti possa essere già memorizzata e cantata, il profumo deve avere la medesima capacità: dobbiamo renderlo comprensibile, farlo percepire dal consumatore e l’unico modo per fare ciò è attraverso la semplicità, eliminando i dettagli superficiali che accompagnano la nostra creazione e semplificando la forma all’estremo. Jean Claude Ellena quando ha creato ‘L’eau au the vert’ per Bulgari ha utilizzato al massimo 10 materie prime ed è mio avviso proprio grazie a questa semplicità che la fragranza ha stupito il consumatore. Questa è l’essenza del lavoro del profumiere: rendere visibile ciò che è astratto, dare forma all’invisibile. Nel momento in cui una fragranza conquista il cuore di un consumatore si verifica quello che amo indicare come ‘miracolo dell’arte, la capacità incredibile che una forma d’arte come il profumo ha da sempre di caratterizzare in maniera straordinaria la vita degli individui fin dalla notte dei tempi.

Quali sono a suo avviso i principali cambiamenti fra la profumeria odierna e quella dei primi anni 70?
Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare in un’epoca della profumeria che, non tanto temporalmente, ma soprattutto concettualmente si colloca a metà fra gli inizi del 900 e l’epoca moderna. Dal mio punto di vista la storia della creazione della fragranze va divisa in due grandi periodi e lo spartiacque ideale è rappresentato da Francois Coty. Non è stato solo un creatore capostipite della profumeria moderna, ma un vero precursore dei tempi: cominciava a intuire la rilevanza di concetti come packaging, marketing, pubblicità. La differenza fondamentale che osservo nel modo di creare un essenza ai giorni nostri è legato soprattutto a un aspetto di rischio: un tempo ci si poteva maggiormente arrischiare a uscire con un nuovo profumo. Mio padre, fra i primi a lavorare per la Maison Dior, mi raccontava sempre che per l’uscita di Miss Dior, il primo profumo della casa di moda, utilizzarono solamente 300 litri di alcol, numeri irrisori se paragonati alle tonnellate di alcol utilizzate nelle edt che escono ai giorni nostri. Inoltre una volta il lancio di un profumo veniva deciso solamente dall’artista e dal padrone della casa di moda, mentre adesso ci sono molte figure intermedie, presenti per lo più nel reparto marketing, che intervengono in modo significativo nel rapporto con l’artista. Trovo quindi che la differenza fondamentale sia proprio nei rischi maggiori legati all’uscita di una fragranza, processo che in passato era legato a un rapporto di fiducia diretto e richiedeva investimenti di minore peso se paragonati agli attuali.

Bourdon
Pierre Bourdon

Cosa pensa della Consultazione Europea svoltasi a inizio 2014 sulla tematica degli allergeni nei profumi e della possibilità che quest’ultimi aumentino fino a 89?
Ritengo che diventerà impossibile fare i profumieri se davvero il numero di allergeni si incrementerà in misura cosi massiccia, considerando anche che nell’elenco entreranno oli essenziali che hanno fatto la storia della profumeria: come possiamo pensare a un profumo senza olio di limone, olio di arancio dolce, lavanda o patchouly? Ci rendiamo conto di quale grande patrimonio storico-artistico andrà a perdersi? Eau de toilette storici e ancora best seller come Eau Savage di Christian Dior dovranno essere tolti dagli scaffali e magari rilavorati per ridurre il numero di allergeni presenti, disperdendo tracce e ricordi di tanti consumatori che ancora abitualmente utilizzano tale fragranza. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dalla realizzazione di una nuova edizione di Eau Savage realizzata ad hoc per le persone allergiche, una sorta di ‘flanker’ che andrebbe ad affiancare il prodotto originale consentendo al consumatore la scelta in base alle sue eventuali problematiche a livello dermico. Ricordiamoci sempre che stiamo parlando di una fetta esigua di popolazione (circa 9 %) quando parliamo di persone sensibili alla problematica degli allergeni e dal mio punto di vista togliere a tutti indiscriminatamente la possibilità di ‘godere’ del profumo è un crimine.

Come mai ha deciso dopo essersi ritirato di ritornare a comporre e realizzare una 5 fragranze a suo marchio?
Ho sempre avuto anche in passato il desiderio di uscire con una linea di profumi tutta mia e, avendone finalmente il tempo, ho deciso di realizzare questo antico sogno. Questo mio progetto vuole essere una sorta di tributo a tutta la storia della profumeria, un racconto che permette ai consumatori di viaggiare nello spazio e nel tempo. La fragranza che ho presentato a Ferrara è Le Grand Tour, un omaggio a una terra che adoro come l’Italia e che tende a celebrare il ‘grande girò che compivano gli aristocratici europei a inizio 900 con meta preferenziale proprio il Belpaese. Ho scelto come nota principale della mia fragranza il fico, perché lo ritengo il frutto che meglio rappresenta il sud dell’Italia, e ho cercato di vestirlo nella maniera più adeguata. Nella linea di prodotti sono molto legato anche alla fragranza La Fin d’un Etè, nota femminile su cui ho lavorato per ben 30 anni e che finalmente ho deciso di lanciare sul mercato come omaggio al grande Marcel Proust.

 

di L.Ilorini