Nonostante le applicazioni dei nanomateriali ai prodotti di consumo siano ormai comuni, il tema della loro sicurezza per la salute umana e per l’ambiente solo negli ultimi anni ha ricevuto attenzione, con un incremento rilevante degli studi che tuttavia ancora non sono sufficienti a comprenderne la tossicità, pur avendo migliorato le conoscenze su tali aspetti e sulla caratterizzazione di queste sostanze. Elena Ugazio, Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università di Torino.
Nella formulazione dei cosmetici le concentrazioni dei nanomateriali sono ridotte; inoltre, c’è la possibilità che si manifesti il fenomeno dell’aggregazione, con un aumento delle dimensioni della particelle: sono condizioni sufficienti per la sicurezza dei prodotti o sono necessarie specifiche prove sul prodotto finito?
Le condizioni dei test di tossicità o di compatibilità sono di solito più stressanti rispetto a quelle reali, proprio per valutare meglio i rischi; tuttavia, non tutto può essere previsto esattamente in laboratorio. Soprattutto nei prodotti solari, che rappresentano le applicazioni cosmetiche più delicate dei nanomateriali, sia per l’importanza della funzione che svolgono sia per le condizioni di utilizzo che sono davvero aggressive, è opportuno soffermarsi sull’analisi delle interazioni dei filtri UV in forma nano con altri componenti della formula e sulla stabilità delle molecole ad attività fotoprotettiva in condizioni drastiche per il prodotto. Lo studio dell’attività fotocatalitica nel prodotto è cruciale, perché tutti i filtri solari, al di la delle specifiche attività dei composti in forma nano, presentano problematiche di fotostabilità. L’attenzione alla sicurezza d’uso dei nanomateriali è molto cresciuta sia tra i produttori di materie prime sia di prodotti finiti: dopo l’entrata in vigore del Regolamento cosmetico, è aumentata la preoccupazione che l’opinione pubblica tenda a demonizzare i nanomateriali dando per certa una pericolosità che è ancora da dimostrare. Tra i consumatori, invece, ancora è bassa l’attenzione rispetto ai rischi dell’esposizione solare e alle lampade UV ed è scarsa la percezione dell’importanza non solo di proteggersi ma anche di ridurre la dose di radiazioni ed il tempo dell’esposizione. Non si fa abbastanza per educare alla corretta esposizione, materia che dovrebbe essere oggetto di ripetute e persuasive campagne informative fin dall’età scolare.
Esiste un ruolo del formulatore per migliorare la sicurezza del prodotto?
L’attività fotocatalitica del biossido di titanio nanometrico può essere ridotta con opportuni sistemi, ad esempio proteggendo e stabilizzando i nanomateriali con l’incapsulamento in opportuni sistemi di delivery: soluzioni da cercare a livello di sviluppo prodotto da parte delle aziende delle materie prime. Compito del formulatore è innanzitutto scegliere le materie prime più stabili alle radiazioni, utilizzare ingredienti che siano in grado di limitare gli effetti dannosi della luce, aggiungere sostanze radical scavenger che riducano i danni cutanei da presenza di radicali liberi. Inoltre, combinare i diversi filtri solari per ottenere la massima efficacia protettiva minimizzando la concentrazione di ciascun filtro per contenere il rischio di effetti tossici. La combinazione dei filtri UV è una strategia frequentemente adottata: oggi la composizione dei prodotti solari comprende mediamente 4-6 diverse sostanze filtranti. Biossido di titanio e ossido di zinco nanometrici sono inoltre impiegati come eccipienti in altre formulazioni, ad esempio nel make-up dove conferiscono notevoli prestazioni in termini di tenuta, stendibilità e qualità del colore: anche in questi casi l’attenzione all’attività fotocatalitica va considerata e verificata sperimentalmente.
di E. Perani