Nel panorama italiano delle produzioni cosmetiche il consulente cosmetologo riveste un’importanza rilevante: a questa figura è affidato non solo lo studio della formulazione ma sempre più spesso l’elaborazione dell’idea di marketing, che risponda alle esigenze del consumatore e interpreti le tendenze del momento. L’intreccio di contatti e l’esperienza a tutto campo fanno del formulatore libero professionista una delle figure più aggiornate sui trend di innovazione e di mercato nel contesto italiano fatto di PMI. Di questo è convinta Carmela D’Addario, cosmetologa titolare di uno studio di consulenze cosmetiche in campo tecnico e regolatorio a Monza, avviato nel 2003 dopo un iter professionale che l’ha vista operare nell’industria cosmetica in diversi ruoli a partire dal completamento del proprio percorso formativo, con la laurea in Farmacia all’Università degli Studi di Bari e la specializzazione in Scienza e Tecnologia Cosmetiche, conseguita nel 1996 presso l’Università degli Studi di Milano. Inizia dalla ricerca sulle materie prime in Diana De Silva, per proseguire nella ricerca e sviluppo dei Laboratori GUIEU SpA; al suo curriculum professionale non manca la direzione di stabilimento nonché la direzione tecnica e di marketing operativo, un bagaglio di esperienza variegato in cui la costante è la passione per la cosmetologia e per la ricerca di soluzioni formulative originali.
Quali tendenze emergono in materia di innovazione cosmetica dal mercato e dalle richieste delle aziende?
Mentre fino a qualche anno fa si tendeva segmentare il mercato cosmetico secondo criteri molto ampi, per esempio il genere, le fasce d’età, il tipo di pelle, oggi l’analisi del mercato è molto più fine e cerca di individuare segmenti di consumatori in base agli stili di vita e alle specifiche esigenze. Da qualche anno, per esempio, si osserva un boom del ricorso alla chirurgia estetica o alla medicina estetica, che rappresenta una tendenza trasversale per le donne e gli uomini di tutte le età e che addirittura interessa anche i giovanissimi. Il problema della pelle che cede, secondo alcuni studi, rientra fra le quattro principali preoccupazioni dei consumatori. Il cosmetico, di conseguenza, vuole rivolgersi a questo pubblico con prodotti specifici per le esigenze molto diverse legate alla varietà degli inestetismi, proponendosi come soluzione non invasiva in sostituzione all’intervento o per rimandare il ricorso alla chirurgia. Uno studio inglese ha evidenziato, nel 2011 rispetto al 2010, un’impennata del 150% nelle vendite di cosmetici per ridurre le grinze della scollatura e per il rilasciamento del collo. La Cos-me-estetica, un termine in cui ho voluto richiamare il cosmetico e la medicina estetica, è certamente una tendenza di oggi destinata a una forte espansione.
Ci sono altri esempi?
Un’altra macro-tendenza che viene interpretata con moltissime proposte cosmetiche specifiche è il tentativo di rispondere all’esigenza della mancanza di tempo. Le donne dei paesi sviluppati -ma anche quelle dei paesi in via di sviluppo, come ha evidenziato una recente ricerca di Nielsen per Unipro- vedono il moltiplicarsi dei loro ruoli, sono infatti lavoratrici e madri con un elevatissimo coinvolgimento nella gestione della casa e della famiglia e per questo sono afflitte dall’orologio e stressate. Il tempo da dedicare alla cura della propria persona deve essere ritagliato minuto per minuto. Quindi nascono servizi dedicati: per esempio, oggi dal parrucchiere insieme alla messa in piega è possibile fare un trattamento viso e nel centro estetico o nella SPA contestualmente al massaggio si possono degustare tisane drenanti a cui si possono aggiungere servizi di trucco o di acconciatura. Anche il cosmetico si offre come prodotto multifunzionale, che fa più cose in un solo passaggio e permette di risparmiare tempo: dal detergente quotidiano acquistato nel mass market che oltre a detergere idrata e protegge la pelle oppure ha una funzione antibatterica, alle soluzioni 2 in1, fino ai prodotti più sofisticati della profumeria o della farmacia, che associano le funzionalità più svariate, dal solare che combatte la cellulite al filone del make up curativo. Questo trend spiega per esempio il successo delle BB cream che oggi contano numerosi lanci da parte delle principali marche del cosmetico. Nate in Germania per il supporto ai trattamenti estetici laser, sono state poi sviluppate in Asia per diventare un prodotto quotidiano, che copre le imperfezioni della pelle, quindi con funzione di base per il trucco, ma che al contempo svolge attività funzionale, dall’idratazione all’antiage. Anche il mondo sognante del make up, quindi, fa propria l’esigenza del tutto pratica di risparmiare tempo.
Esiste un ruolo del consulente per delineare una più precisa segmentazione del mercato?
Mentre le aziende più grandi e le multinazionali hanno la disponibilità economica di finanziare in proprio le ricerche di mercato coinvolgendo società specializzate, le PMI, che sono la realtà più rappresentata nel settore cosmetico italiano, tendono ad appoggiarsi al consulente. Questa figura, infatti, essendo in contatto con il mondo delle materie prime e con tutta la catena di fornitura del cosmetico, che ormai si dipana a livello internazionale, ha una visione più completa delle tendenze. Può mettere in gioco un’esperienza derivata dalla collaborazione con le grandi marche nei diversi canali e dai contatti con il mondo della distribuzione, inoltre trae informazioni e percezioni dalla costante frequentazione delle fiere ed eventi scientifici internazionali. Per un consulente credo che sia davvero importante conservare una curiosità a tutto campo per il mondo del cosmetico e lo spirito delle prove in laboratorio sulle materie prime, senza dare per scontate le informazioni ricevute dai fornitori, un aspetto per cui personalmente nutro una vera passione. Una formulazione studiata ad hoc richiede tempo e ha costi superiori che non tutte le aziende sono tuttavia disposte a sostenere.
A quali esigenze risponderanno le materie prime di domani?
Considerando gli attivi, si va verso prodotti altamente funzionali: effetto filler, effetto rimpolpante in cui però non basta il claim, ma serve un’efficacia comprovata e sempre più che sia visibile nel breve termine. Non è solo una questione di normativa, che comunque oramai richiede dati significativi a supporto dell’efficacia, ma soprattutto di mercato. Il consumatore è diventato diffidente rispetto ai claim miracolistici e vuole vedere subito il risultato. Anche il formulatore, molto più che in passato, s’interessa alla validità delle prove di efficacia ed esclude ingredienti poco convincenti. C’è poi l’evoluzione delle materie prime naturali, anche qui guidata da un mercato che non è più disposto a compromessi in fatto di gradevolezza: non basta che il cosmetico sia naturale e bio, ma deve avere le stesse performance del convenzionale. Per rispondere a questo oggi il mercato delle materie prime offre ingredienti strutturali che permettono di ottenere texture piacevolissime e prodotti performanti anche nel campo del tutto naturale. È cambiato il modo di produrre l’ingrediente naturale, non si parla più di semplici estratti vegetali, ma di prodotti altamente tecnologici, ottenuti attraverso il ricorso alla chimica verde e alle biotecnologie.
Per le aziende italiane l’export rappresenta una fondamentale opportunità: considerando la sua esperienza di consulenza normativa, quali sono le difficoltà di affrontare le diverse legislazioni dei mercati del mondo?
Purtroppo la maggior parte delle aziende italiane non è ancora entrata nell’ottica di programmare il proprio ingresso sui mercati esteri, così l’approccio più frequente è affrontare lo sviluppo prodotto pensando al mercato italiano e “se poi va bene” provare a vendere all’estero. In realtà, optando per l’estero dopo aver sviluppato i prodotti diventa tutto più difficile, a partire dall’aderire agli obblighi regolatori. Il panorama legislativo e burocratico è talmente differenziato fra i diversi mercati che si rende necessario sviluppare i prodotti pensando già ai mercati di sbocco. La Cina, per esempio, è un mercato enorme con potenzialità importanti che si sta dando regole proprie, tanto che se s’intende portare un prodotto su quel mercato conviene avvalersi di ingredienti certificati come conformi alla legislazione cinese. Nei paesi arabi, per fare un altro esempio, è indispensabile la cosiddetta “no pork declaration”, che assicuri l’assenza di contaminazioni con derivati del maiale, animale proibito nei paesi di religione musulmana. Questi adempimenti burocratici implicano una opportuna selezione dei fornitori di materie prime, da farsi a livello di sviluppo prodotto e che diventa molto difficile a posteriori. Improvvisare tentativi è già un rischio sui mercati europei, in cui la legislazione sarà uniforme all’entrata in vigore del Regolamento, su mercati extra-UE si rivelerebbe un insuccesso. C’è un salto culturale da fare: non più “vendo il mio prodotto all’estero” ma “costruisco un prodotto pensando a un certo mercato e alle sue regole”. Il Made in Italy è molto apprezzato ovunque nel mondo e tende a vendere bene, quest’opportunità deve essere colta con la massima attenzione alle regole dei mercati di arrivo.
di E.Perani