Essere italiani: valore aggiunto

All’estero esiste un terreno favorevole ad accogliere l’eccellenza del saper fare italiano, considerato sinonimo di qualità e passione. Comunicare e rafforzare il Made in Italy rappresenta un’opportunità strategica per il cosmetico, con ricadute positive anche sul mercato interno. Debora Paglieri è presidente e amministratore delegato di Paglieri Spa, in cui è entrata nel 1989, dopo gli studi di Lingue all’Università di Genova. Nel Consiglio di Amministrazione entra nel 1996, per poi inserirsi alla direzione strategica dell’impresa di famiglia, contribuendo a guidare i cambiamenti che hanno fatto della storica azienda, fondata nel 1876, un gruppo presente in diversi canali e mercati: dall’espansione in profumeria, con l’acquisizione di Acquolina e Pink Sugar, fino alla farmacia, con Schiapparelli, ultima acquisizione. Parallelamente, ricopre diversi incarichi istituzionali in varie associazioni di categoria facenti capo a Confindustria, è nel Direttivo di Centromarca (Associazione nazionale delle aziende di marca) e in quello di UPA (Unione Pubblicitari Associati). Nel 2011 è stata nominata Cavaliere del Lavoro.

Come si sta evolvendo il mercato cosmetico italiano nella fase presente?

Il consumatore non rinuncia a concedersi momenti di benessere, ma è molto attento al rapporto qualità/prezzo e vuole risparmiare. La pressione promozionale è intensa, arrivando anche a superare il 40%. In questa situazione, che sembra dovrà protrarsi nel medio periodo, si osserva uno sforzo verso il taglio dei prezzi, che interessa la GDO ma anche i canali specializzati come profumeria e farmacia, per sostenere i consumi. Come accade nei momenti di crisi profonda e perdurante, si sta osservando uno stravolgimento del modo di fare distribuzione. Ne è un esempio il successo della distribuzione specializzata, che propone una eccellente profondità di assortimento, affiancando marche tipiche della profumeria o del comparto professionale a quelle classiche della GDO, con logiche di prezzo estremamente premianti per il consumatore.

Debora Paglieri è presidente e amministratore delegato di Paglieri Spa

Con quali scopi siete entrati nelle farmacie?

La nostra strategia prevede una diversificazione del business nei diversi canali distributivi. Nel 2010 abbiamo acquisito il marchio Schiapparelli per espanderci in farmacia, analogamente a quanto è avvenuto qualche anno prima con Selectiva, che produce e distribuisce Acquolina e Pink Sugar nel canale profumeria. Schiapparelli, al momento ancora in fase di start up, ci è piaciuta perché è una realtà italiana con una storia che ha molto in comune con quella di Paglieri. Inoltre, abbiamo verificato che presso i farmacisti il marchio manteneva un percepito molto positivo e molto forte. Oggi siamo dunque presenti in farmacia non solo con i cosmetici di Schiapparelli, ma anche con integratori e OTC, in linea con i nostri piani di espansione in un settore differente da quello cosmetico, per quanto affine.

Quali mercati ritiene più promettenti e quali approcci?

Paglieri ha in Italia una copertura ottimale del mercato, mentre la presenza estera, pur avviata da anni in 45 paesi, ancora realizza fatturati contenuti. Fino a ieri ci appoggiavamo a distributori, ma adesso è necessario un approccio più strutturato e abbiamo, per esempio, creato una subsidiary nello stato di New York. Inoltre abbiamo aperto ai nuovi mercati come la Cina, mentre distribuiamo direttamente in Germania e Austria dove la nostra presenza è già solida. Infine stiamo valutando una partnership produttiva con il distributore in Libia, che ci permetterà di servire più agevolmente il Nord Africa. Nelle strategie future includeremo il Brasile, che sente molto il fascino del prodotto italiano, in cui si sta sviluppando una classe media con una certa disponibilità economica e che costituisce un mercato molto vasto.

In cosa dovrebbe migliorare sistema del Made in Italy? C’è un ruolo delle imprese?

Le aziende italiane dovrebbero soprattutto prendere coscienza del fatto che l’italianità è percepita all’estero come valore aggiunto. Infatti gli stranieri attribuiscono al prodotto italiano creatività, qualità, amore, ingegno, passione. Questo deve diventare un punto di forza da comunicare, soprattutto per i produttori che, sviluppando e fabbricando in Italia, pagano un prezzo alto a causa della burocrazia e dell’elevato costo del lavoro e dell’energia. Tenere alto il concetto di Made in Italy è anche compito delle imprese. All’estero, l’Italia è considerata più per la validità delle proprie manifatture che per i punti deboli del sistema-paese. Questa immagine è una grande opportunità per il nostro settore, solo in minima parte sfruttata dalle imprese.

Come mantenere la solidità del controllo familiare dell’impresa?

Come famiglia abbiamo investito sempre molto nell’azienda, motivati da una grande passione per questa impresa. Mantenere l’azienda nelle mani della famiglia per cinque generazioni comporta momenti di difficoltà, in particolare quando la visione sul business diverge fra i diversi azionisti. Il contributo di componenti esterni alla famiglia può essere utile. Oggi, per esempio, la direzione generale è esterna, mentre gli azionisti e il board detengono la decisionalità su strategie e policy; anche nel board c’è un membro indipendente. Fra le aziende familiari italiane è diffusa la convinzione che il controllo del capitale debba essere completamente nelle mani della famiglia. Io personalmente sono favorevole a una apertura del capitale quando c’è un progetto interessante da intraprendere. Aprire il capitale, limitatamente a specifici progetti e su quote di minoranza, può essere utile per evitare una eccessiva esposizione finanziaria nei confronti delle banche e per la crescita manageriale dell’impresa. Mantenere gli equilibri fra gli azionisti comporta una certa abilità, un’attività politica che richiede energie importanti dell’imprenditore, ma determinante nella gestione dell’impresa.

 

di E. Perani