La via italiana della seta

Il recupero di una coltura e di una filiera tradizionale come la gelsi-bachicoltura mette insieme soggetti pubblici e privati per ottenere, nell’ottica di un’economia circolare, una linea di cosmesi funzionale a elevato valore aggiunto.

Metafora di una pelle senza difetti, la seta, con le sue componenti proteiche, può diventare un prezioso attivo cosmetico. Proprio la sericina e la fibroina non idrolizzate sono gli ingredienti attivi della linea IMERSA, lanciata nel 2017 da un’idea di Martina Gamboni e Stefano Lorenzoni. Compagni nella vita, sono entrambi imprenditori: lei fondatrice dell’agenzia di comunicazione e marketing Strategic Footprints, lui dell’azienda biotech Leonardino. Il concept di questo prodotto, made in Italy anche negli ingredienti, dalla voce dei suoi ideatori.

Dottor Lorenzoni, perché una linea a base di proteine della seta?
Con Leonardino abbiamo lavorato molto sulla seta, studiando applicazioni della fibroina rivolte soprattutto al mondo medicale, nostro core business. La tecnologia messa a punto da Leonardino permette di estrarre dalla seta la fibroina, principale costituente della fibra, e la sericina, che è il collante del bozzolo del baco da seta, mantenendone intatta l’integrità. Si tratta infatti di un procedimento che utilizza acqua e non solventi per separare queste due componenti, che vengono isolate senza essere idrolizzate. Nel cercare ambiti applicativi a elevato valore aggiunto per queste proteine, che ne valorizzassero le proprietà naturali, abbiamo considerato lo skin care, anche in seguito a studi clinici eseguiti su volontari, che evidenziavano l’efficacia della sericina come idratante, elasticizzante e protettivo cutaneo. Questo è alla base della tecnologia di IMERSA.

Martina Gamboni e Stefano Lorenzoni

Qual è il razionale scientifico?
La sericina è una proteina globulare caratterizzata da elevata affinità con l’acqua e le proteine fibrose. Proprio queste proprietà la rendono affine alla cheratina della pelle, sulla quale crea un film traspirante che svolge una funzione protettiva, contribuendo anche a richiamare e trattenere l’acqua. Inoltre, migliora l’elasticità cutanea, con azione positiva sulle rughe. La tecnologia ci permette di valorizzare le proprietà di questa proteina che viene inserita integra nella formula, mostrando la massima efficacia già a concentrazioni di 0,1-0,3%.

Dottoressa Gamboni, come si compone la linea?
IMERSA è una linea dedicata alle esigenze fondamentali della cute, per tutte le pelli e in tutte le stagioni. In primis l’idratazione, che costituisce il passaggio indispensabile per una pelle sana, quindi bella. Vogliamo, infatti, promuovere un concetto di bellezza naturale, che nasce dalla cura. La cosmesi IMERSA è fatta di prodotti essenziali, che fanno molto bene ciò che promettono. Sono pensati per una donna moderna, che non ha molto tempo e quando ne dedica un po’ a sé stessa deve avere il massimo della funzionalità e della sensorialità. La linea si compone di un cleansing gel, un siero idratante e una crema giorno: questa è la routine che consigliamo per una pelle sempre pulita, idratata e protetta. Viene completata da un sapone per il corpo e una maschera asciutta, il nostro prodotto più innovativo: composta da soli due ingredienti, sericina e fibroina, si attiva con l’acqua semplicemente appoggiandola sul viso bagnato. I prodotti vengono sviluppati da Leonardino, che produce il principio attivo e le maschere. La produzione delle formulazioni liquide e delle emulsioni viene invece affidata a terzisti da noi selezionati, ai quali forniamo il principio attivo e la nostra formula.

Avete in programma di ampliare il numero delle referenze?
Lanceremo uno scrub fatto con i bozzoli utilizzati nella loro naturalità. Attivati in acqua tiepida, possono essere passati sul viso per un’azione levigante molto delicata, che al contempo rilascia la sericina con le sue proprietà idratanti e protettive. Inoltre, stiamo sviluppando una crema notte e un’evoluzione del siero idratante. Non ci sentiamo legati alle logiche di mercato e non facciamo lanci tattici. Sviluppiamo i prodotti che riteniamo innovativi e utili per la nostra utenza, con cui abbiamo un rapporto diretto. Siamo un brand innovativo, che si avvale del digitale per avere una più stretta relazione con i propri clienti. Quando studiamo le innovazioni da portare sul mercato teniamo in considerazione soprattutto le esigenze che ci vengono manifestate.

Per questo avete scelto di distribuire attraverso il vostro e-commerce?
Crediamo molto nell’educazione al prodotto e teniamo a comunicare direttamente con il nostro consumatore le proprietà della sericina. In questa fase iniziale, controllando direttamente la distribuzione, possiamo dialogare con gli utenti che richiedono informazioni di ogni tipo e che vogliono saperne di più su questo nuovo principio attivo. Per esempio, abbiamo incluso il test sul nichel dando seguito alla richiesta arrivata da una sola cliente.

Stiamo comunque valutando anche altre modalità distributive, soprattutto per i mercati internazionali. IMERSA, infatti, ha destato grande interesse all’estero e stiamo programmando di presentarci in una selezione di importanti punti vendita, in particolare nei mercati francese, inglese e statunitense.

Quale riscontro sta avendo il prodotto in Italia?
In poco più di un anno sul mercato abbiamo avuto molti riscontri positivi, con un altissimo numero di returning customer. Il siero, in particolare, è il prodotto più apprezzato, proprio per la sua piacevolezza ed eccezionale efficacia, con riscontri da un pubblico davvero ampio, dai 25 ai 55 anni. Questo successo ci dà grande soddisfazione.

SETA ETICA

La sericina contenuta nei prodotti IMERSA proviene da Seta Etica, una filiera di produzione di bachi da seta interamente italiana. «Nasce da un progetto che ha riunito alcune aziende agricole del Veneto in cui, con il supporto dell’ente Crea per la ricerca in agricoltura, è stata reintrodotta la gelsi-bachicoltura -spiega Lorenzoni. – Si tratta di un’attività agricola tradizionale, scomparsa a partire dal secondo dopoguerra. Fino alla fine degli anni ‘60, l’Italia aveva una produzione di seta superiore anche a quella della Cina. La bachicoltura rappresentava una delle più importanti integrazioni al reddito degli agricoltori, ma l’agricoltura industriale ha cancellato queste produzioni: da circa cinquant’anni non si fila più in Italia, mentre è marginalmente sopravvissuta solo la gelsicoltura, ma con applicazioni a basso valore. Nel tessile, oggi il nostro Paese importa il 100% del filato dalla Cina. La memoria di questa produzione, tuttavia, appartiene alla nostra tradizione e, con l’aiuto del Crea, sono state rintracciate aziende che in passato allevavano i bachi per riavviare piccole produzioni, finanziate anche attraverso i Piani di Sviluppo Rurale, secondo disciplinari che ne stabiliscono una qualità certificata e tracciata in tutti i suoi passaggi, adeguata anche alle applicazioni medicali e cosmetiche. Il baco è un animale molto delicato, che in presenza di inquinanti non fila. Le aree dedicate alla bachicoltura devono quindi essere all’interno di aziende che praticano l’agricoltura biologica e lontano da aree in cui vengono utilizzati pesticidi. La carta vincente è stata associare a queste produzioni applicazioni ad alto valore aggiunto come quelle biotecnologiche. Infatti, le produzioni italiane di seta non potrebbero competere in nessun modo con i prezzi della Cina, inferiori di almeno cinque volte. L’applicazione di nicchia permette di pagare per la materia prima un premium price, che consente di sostenere i costi legati alla gelsi-bachicoltura di qualità».