Opportunità in nutricosmetica

La letteratura scientifica in materia di nutricosmetica è in aumento, evidenziando risultati interessanti dal punto di vista dell’efficacia del supporto nutrizionale allo skincare. Ma ancora siamo lontani dal disporre di una mole di dati che dimostri i meccanismi, i dosaggi ottimali, le sinergie per i molti principi potenzialmente utili a supportare la fisiologia cutanea. Il panorama frammentato è ancora privo di metodologie standard e le review sono ancora in numero limitato. In questo quadro, si inserisce parte dell’attività di ricerca di Sonia Laneri, docente di Analisi e Chimica dei prodotti cosmetici, responsabile del Laboratorio R&D Cosmetics, e del suo gruppo di ricercatori presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Napoli Federico II. In collaborazione con il gruppo di nutraceutica dello stesso Dipartimento, si è dedicata anche a indagare l’associazione fra integratori e cosmetici finalizzata al miglioramento di alcuni parametri cutanei.

Sonia Laneri

Tra i diversi progetti di ricerca in nutricosmetica intrapresi, riporta Laneri “abbiamo svolto uno studio sull’abbinamento integratore/cosmetico valutando con apparecchiature di bioingegneria cutanea la loro azione antiageing mirata alla compattezza ed elasticità cutanea e a un miglioramento dell’indice di collagene valutato mediante tecniche di imaging. Siamo partiti da un integratore già in commercio contenente vitamina E, vitamina C sotto forma di estratto di Acerola, curcuma e nicotinamide, e abbiamo creato una crema cosmetica con gli stessi attivi in concentrazioni opportune per garantire l’efficacia e massimizzare la gradevolezza dell’applicazione”.

Uno degli scopi della ricerca è stato appunto il confronto fra l’uso del solo cosmetico rispetto alla combinazione cosmetico+integratore. “Un gruppo di 25 volontari ha utilizzato integratore + crema e altri 25 solo la crema –spiega la docente. -I risultati sono stati migliori con la combinazione dei prodotti rispetto a chi aveva utilizzato la sola crema, che pur si è dimostrata efficace su tutti i parametri cutanei oggetto di valutazione. In generale, integrare una serie di nutrienti ha un ruolo nel migliorare lo stato della cute. Nella quotidianità, infatti, la dieta può essere poco bilanciata e possono crearsi stati carenziali; altresì ci sono condizioni di aumentato bisogno, per esempio nella donna in menopausa, nella gravidanza, oppure legate allo stile di vita, a eventuali patologie o bisogni individuali: l’integrazione va a sopperire queste necessità. Sono aspetti che, tuttavia, richiedono ulteriori e specifici studi”.

Integratori da upcycling

Un altro ambito della nostra ricerca riguarda l’upcycling di scarti dell’agricoltura, per ottenere principi da utilizzare negli integratori e nei cosmetici” prosegue Laneri. La possibilità di produrre alimenti complementari da sottoprodotti agricoli è una opportunità molto importante per rendere concreta una economia circolare che è urgente avviare, soprattutto nel comparto alimentare, dove si evidenziano prodotti sottosfruttati e sprechi a tutti i livelli della filiera.

Stiamo studiando ad esempio come estratti dai fiori di zucchina, da bucce di mele e altre sostanze di scarto di alimenti, possano essere utilizzati sempre nell’abbinamento in&out. Sono infatti molti i vegetali, frutta e ortaggi, ricchi, per esempio, in antiossidanti. Riuscire a utilizzare gli scarti agricoli, estremamente abbondanti e destinati allo smaltimento, per produrre sostanze che possono arricchire la dieta, compensando carenze, e al contempo essere utilizzate anche per via cutanea per migliorare la nostra pelle, è un concetto in linea con i principi dell’economia circolare che permette di sfruttare meglio i prodotti del campo. L’attenzione all’ambiente, infatti, è fondamentale: l’economia deve cambiare nel senso della circolarità, ma le filiere ancora devono essere costruite passo per passo, e l’Università rappresenta un tassello per creare un rapporto proficuo tra ricerca e industria. L’upcycling dovrà diventare il modo di produrre, l’unico possibile, perché nulla più dovrà essere buttato. L’agricoltura al momento ha enormi volumi di scarti: parti non edibili delle colture, ma anche scarti delle lavorazioni industriali, come le bucce di pomodoro residuo delle produzioni di pelati o di salsa, da cui si estrae il licopene, le scorze degli agrumi, fonte di polifenoli e di una molteplicità di sostanze e di aromi. Inoltre, ci sono i frutti che non hanno le qualità estetiche od organolettiche per essere commercializzati come tali o per essere trasformati nelle filiere agroalimentari, ma sono fonte potenziale di principi per il mondo cosmetico e degli integratori”.

Circolo virtuoso

L’impegno nella valorizzazione di matrici vegetali di scarto tramite forme di riciclo creativo presenta vantaggi che vanno ben oltre le già importanti opportunità di avviare filiere circolari, sottolinea la responsabile del Laboratorio R&D Cosmetics della Federico II. “L’upcycling presenta ricadute positive anche in termini di impatto dell’agricoltura, che per valorizzare i propri scarti in settori come quello cosmetico e nutraceutico dovrà ridurre il ricorso a pesticidi, potenzialmente pericolosi per la salute umana quando concentrati negli estratti botanici. Infatti, anche gli aspetti legati ai contaminanti devono essere oggetto di controllo, di conseguenza è opportuno che pesticidi in grado di lasciare residui vengano ridotti se non eliminati a livello di pratiche agricole”.

Nello studiare e nel dare impulso a questo nuovo modo di produrre, la ricerca universitaria ha un ruolo fondamentale “la connessione fra Università, territorio e attività produttiva è molto importante –conclude Laneri, -con mutuo vantaggio: l’industria può attingere a un’esperienza decennale, a conoscenze che promuovono l’innovazione e il trasferimento tecnologico; inoltre, la collaborazione con enti autorevoli come le Università supporta il razionale scientifico e conferisce valore aggiunto ai prodotti. Per l’Università questa collaborazione è uno stimolo a risolvere problemi di ricerca applicata, oltre che fonte di finanziamento. L’area della nutricosmetica è certamente un campo in cui queste connessioni possono consolidarsi a vantaggio di tutto il sistema”.