Una cosmesi che racconta il territorio e la sua cultura

Con l’idea di avviare una coltura totalmente sostenibile e ad alta marginalità in rapporto alla superficie di suolo, Edoardo Tardioli e Mattia Vicarelli iniziano a coltivare lo zafferano su un piccolo appezzamento di famiglia. Entrambi hanno formazione in campo agronomico: Edoardo si è da poco laureato in Scienze e Tecnologie Agroalimentari con specializzazione in Enologia all’Università di Perugia e Mattia sta completando un simile percorso nello stesso ateneo. Siamo in Umbria e l’anno è il 2020, tutto è fermo per la pandemia e i due giovani vogliono reagire con un progetto innovativo ma profondamente radicato nella tradizione del loro territorio, in cui lo zafferano, Crocus sativus, è coltivato fin dal Medioevo, legato alla presenza dei cavalieri Templari. Grazie al coinvolgimento di altre giovani expertise, l’idea di busiess è l’utilizzo dei preziosi stigmi color fuoco al fine di creare una linea cosmetica a totale contenuto di ingredienti naturali e ben connotata sul piano dell’efficacia. Definite le formulazioni, con la preparazione di un ‘lotto zero’ di prova nasce Templarea.

Edoardo Tardioli

Edoardo Tardioli, quali sono state le fasi di avvio del progetto Templarea?
È stato entusiasmante scoprire che proprio la zona in cui è ubicato il podere di mio nonno è vocata per la coltivazione dello zafferano. Ho voluto allora interpellare le storiche realtà locali per procurarmi i bulbi del territorio umbro. Così ho trapiantato bulbi di Cascia per il 60% e di Città della Pieve per il 20%, infine ho completato il primo trapianto con bulbi provenienti dalla Maremma per un totale di circa 10000 pezzi. Questa differenziazione ci permetterà nel tempo di capire quale varietà genetica sviluppi la migliore produttività in relazione alle condizioni pedoclimatiche specifiche del mio terreno; inoltre è importante per la qualità del prodotto ma anche per la resistenza ai patogeni. Abbiamo infatti deciso di adottare il metodo biologico, che esclude l’uso di pesticidi, erbicidi e concimi di sintesi, anche se per ora non siamo certificati, viste le ridotte dimensioni dell’appezzamento e la fase aurorale del progetto. Gli aspetti della sostenibilità sono per noi molto importanti: per la fertilità del terreno adottiamo la pratica del sovescio di leguminose. La rimozione delle erbe infestanti avviene tramite animali da cortile nella tarda primavera, con il vantaggio di arricchire ulteriormente il terreno con le loro deiezioni, mentre durante il germogliamento dei bulbi viene praticata meccanicamente. La modalità di trapianto, su cunette, previene i ristagni d’acqua particolarmente dannosi per i bulbi.

Cosa sappiamo delle proprietà cosmetiche dello zafferano?
Nella letteratura scientifica si trovano studi che riguardano le proprietà cosmetiche di alcune componenti dello zafferano, mentre si sa poco dell’intero fitocomplesso. Contiene oltre 150 sostanze aromatiche volatili, fra cui carotenoidi come crocetina, alfa-crocina, picrocrocina e safranale, vitamine A, B1 (tiamina) e B2 (riboflavina), sostanze con un rilevante potenziale antiossidante. Inoltre, i riscontri preliminari avuti dai prodotti finiti del lotto zero, che abbiamo regalato a conoscenti per prova, inclusi estetiste e rivenditori del biologico, mostrano evidenze sorprendenti: sull’acne e sulle macchie cutanee in particolare, si hanno miglioramenti tangibili in pochi giorni di uso continuativo. Ci sono quindi premesse molto incoraggianti e con l’università di Perugia, che già ha lavorato sullo zafferano, intraprenderemo un progetto per connotare l’estratto dal punto di vista della composizione e concentrazione di potenziali attivi cosmetici e loro proprietà cutanee.

Come si comporrà la linea e quando sarete sul mercato?
Stiamo sviluppando tre balsami dalla texture cerosa, che si liquefa al calore delle dita, e due creme, una emulsione A/O idratante e una O/A rivitalizzante. Per il packaging abbiamo voluto evitare la plastica, perché vogliamo la massima coerenza con un prodotto realizzato con elevati standard di naturalità e di attenzione all’ambiente nella scelta degli ingredienti e dei metodi di coltivazione. I balsami sono pensati per una confezione in alluminio, le creme nel vetro. In questo momento stiamo lavorando all’industrializzazione delle formule, già sviluppate come prototipi, cercando un partner industriale che possa occuparsi della produzione ma anche dei test, della parte regolatoria e ci accompagni verso il lancio di questi prodotti innovativi.

Da agronomi e da imprenditori, vedete nel legame che si sta costruendo tra l’agricoltura e il mondo cosmetico un ruolo nel migliorare il bilancio dell’azienda agricola, attraverso la valorizzazione dei prodotti e dei sottoprodotti?
Gli aspetti di valorizzazione hanno guidato le nostre scelte verso una coltura ad elevata resa come lo zafferano. A noi interessava una trasformazione che ci permettesse di lavorare il nostro prodotto a livello locale, ma la tradizione culinaria della nostra regione non utilizza questa spezia, per questo abbiamo pensato a qualcosa di alternativo ma affine, come il cosmetico. È difficile riuscire a valorizzare adeguatamente il prodotto dell’agricoltura, è vero. Se manca questo aspetto, i margini non ci sono più, per questo diventa cruciale poter valorizzare anche i sottoprodotti. La ridotta marginalità è una delle cause dell’abbandono del lavoro agricolo, già in sé molto duro: il rischio di veder crollare la produzione agricola italiana con i prossimi passaggi generazionali è alto. Ma è al contempo una sfida interessante per i giovani, quella di costruire una nuova civiltà agricola, secondo concetti innovativi, circolari e sostenibili, in cui anche i sottoprodotti entrino nelle filiere produttive e non vengano considerati rifiuti. Concetti che oltre a essere in linea con i cambiamenti richiesti dalla transizione ecologica sono anche in chiave con il territorio italiano e la sua tradizione di piccole eccellenze locali, particolarmente sviluppata nelle aree collinari e montane, dove cercare la qualità è una necessità legata alle piccole superfici. L’abbandono dell’agricoltura rappresenta la perdita di una parte del nostro retaggio culturale, una riduzione di quella biodiversità dei coltivi fondamentale per rispondere in modo resiliente ai cambiamenti climatici, nonché la perdita del ruolo di custodi del territorio che gli agricoltori hanno sempre svolto contribuendo a contrastare il dissesto idrogeologico. Il cosmetico è una finalizzazione ad alto valore aggiunto, tecnologica e innovativa non solo per un prodotto già prezioso come lo zafferano ma anche per tanti scarti che attualmente non vengono valorizzati, rappresenta così un ulteriore modo, che si affianca alla filiera enogastronomica, per parlare di un territorio e delle sue ricchezze.