Bellezza, matematica senza metro

Ruolo del design fra ricerca del bello e dell’innovazione

Giorgetto Giugiaro non ha bisogno di presentazioni. In oltre sessant’anni dedicati al design ha interpretato quella mescolanza di praticità e attrattiva che l’estetica dei prodotti industriali richiede con un tocco personale e visionario, piegando alla propria vena creativa i paletti che di volta in volta il progetto poneva, portando innovazione e fascino nell’auto di lusso come nell’utilitaria, e in tanti oggetti di uso comune usciti dalla sua matita.
Nel raccogliere le sue riflessioni sulla relazione fra forma e bellezza, tema dell’Evento di Kosmetica 2022, siamo partiti da un esempio riguardante il settore cosmetico, chiedendogli quale ispirazione ha mosso le linee del flacone progettato negli anni ‘90 per Shiseido.

Disegnare auto è molto impegnativo, ma ha molti tempi morti -racconta. –Così in Italdesign accettavamo altri incarichi e abbiamo creato il design di molti oggetti. Negli anni ’90, il nostro account manager in Giappone non era specializzato sull’auto, così era frequente avere richieste dai settori più vari. Nelle grandi case come Shiseido o Nikon c’era la curiosità di vedere come avrei affrontato un oggetto diverso dall’auto. L’automobile richiede conoscenza e disciplina, in funzione dei molti vincoli dati dall’esigenza di performance e dalle norme di sicurezza. In qualsiasi campo, le esigenze funzionali e di contenere i costi produttivi tendono a uniformare il prodotto, per questo spesso si ricorre al design per conferire all’oggetto un’attrattiva che lo distingua sul mercato. La creazione di molti oggetti è guidata da questo tipo di analisi e servono informazioni per inquadrare la concorrenza. Poi ci si può sentir liberi di spaziare, anche andando al di là delle logiche strettamente produttive o di costi economici, anche perché, in seguito, saranno gli addetti ai lavori a indirizzare ulteriormente il progetto. Per quanto mi riguarda, parto spesso da aspetti pratici. Nel creare la bottiglietta per Shiseido ho pensato al suo uso, al fatto che si impugna con le mani, mi sono lasciato guidare dalla gestualità: nella sua forma, infatti, c’è qualcosa di logico. Sono affascinato dal gioco estetico-funzionale. Poi, ognuno ha un proprio modo di sfruttare l’essenziale. Pier Luigi Nervi, per esempio, ha fatto dell’estetica la struttura. Lo ammiro perché la sua estetica è strutturale. Lavorare su questa essenza è molto difficile e non tutti hanno interesse in questo… ma questo è un discorso un po’ filosofico e molto lungo. Un altro principio da cui spesso si parte è il contenimento dei costi. In un mercato come quello italiano, storicamente più povero per esempio di quello degli Stati Uniti, le automobili cercano nell’estetica un valore aggiunto, laddove invece gli americani puntano su dimensioni maggiori, prestazioni più elevate, dettagli più lussuosi. Perché anche nella scelta dell’auto le persone non necessariamente hanno interesse a conoscere norme e vincoli costruttivi, li danno per scontati: guardano se è bella o brutta, se costa tanto o poco, valutano le prestazioni, per poi confrontare questi aspetti con le proprie ambizioni e possibilità. Tornando ai profumi, io stesso quando vado in profumeria rimango incantato da queste boccette attraenti, meravigliose, fantasiose. Ma, quando si è trattato di disegnarne una, ho voluto introdurre un punto di vista quasi di razionalità”.

Nel mondo dell’auto, quanta importanza ha il brief e l’interazione con la committenza?
Il committente e la sua organizzazione -il marketing, il commerciale, i responsabili di produzione, vogliono dire la loro. L’aspetto più difficile non è il lato creativo, ma la negoziazione. Ognuno, a seconda del lavoro che svolge, mette il proprio punto su questo oggetto complicato che è l’auto, che alla fine si chiude con l’estetica, ciascuno con le proprie finalità, per emergere, dire, far sapere, giustificare il proprio apporto. Per il creativo non è facile trovare gli spazi di libertà per arrivare a concludere questo oggetto, qualsiasi esso sia. Ovviamente non sono un tuttologo, e ho bisogno di informazioni, di capire. E, d’altra parte, è chiaro che devo affrontare le difficoltà che gli ingegneri e i tecnici avranno poi in produzione. Se fai un prototipo è come fare una scultura o un quadro e tutto va bene, ma quando disegni un oggetto che verrà prodotto in milioni di pezzi tutto cambia e se questo oggetto è l’auto gli aspetti di ingegneria sono preponderanti. Così, per necessità, sono diventato anche un po’ ingegnere, per poter decidere io su che tipo di disegno e di soluzioni adottare, per poter giustificare la mia idea e poterla difendere. Altrimenti si fanno dei disegni che poi passano al vaglio dei tecnici e vengono trasformati, senza l’apporto continuo del creativo. E allora succede che la creatività venga frustrata e ci sono tanti creativi geniali che non hanno la possibilità di portare a compimento la propria idea. In questo senso sono stato fortunato perché ho avuto le opportunità, le persone, le condizioni, i contatti, la salute, per svolgere questo lavoro con attenzione e razionalità e addirittura venivo accusato di troppa efficienza dell’oggetto. La libertà di esprimersi è infinita ma, a seconda dell’oggetto, il quadro dei vincoli, dei costi, della concorrenza sono fattori di cui tenere conto e se lo si fa con attenzione è un lavoro che dà risultati.

Il ruolo del design è legato all’innovazione: quali sono gli aspetti più importanti, oggi, che guidano a quell’innovazione capace di rispondere ai nuovi bisogni?
Il campo è enorme, i ragazzi che vogliono emergere inventano cose impensabili, spinti dal bisogno di ricerca che caratterizza la nostra società, di trovare aspetti mai esplorati. Vediamo oggetti che mai avremmo pensato di vedere: una semplice sedia da ufficio, per esempio, è diventata qualcosa di molto evoluto, perché ci siamo occupati di aspetti sempre più specifici, in uno sforzo analitico che ricorda quasi la speculazione filosofica. Su questo vive un intero mondo industriale. E oggi studiare il fanale di un’auto, nel dettaglio di come si accende e fino all’effetto anche estetico che produce nella sua funzione di segnalare o illuminare, ci impegna in termini di ore quasi quanto in passato il disegno dell’auto intera. L’attenzione al dettaglio, di una cerniera, di un batticalcagno, è inimmaginabile e dà lavoro, crea la novità, migliora l’estetica o il comfort e quindi la nostra vita. C’è, per contro, anche un eccesso in tutto questo, un sovraccarico, una sorta di inquinamento a cui quasi non facciamo caso. È una necessità dettata da inevitabili meccanismi commerciali, in primis quello della concorrenza: si aggiunge qualcosa di differente, che forse non sarebbe necessario, ma che serve ad avere un oggetto più attraente. Spesso è un puntino, qualcosa di minimo, ma scatena una bravura ingegneristica, di fantasia, di operatività…  Per fortuna! perché questo aspetto di eccesso porta, infine, all’innovazione, dobbiamo pagare questo prezzo per innovare. Poi sta al buon senso, all’inventiva, alla cultura della società indicare quali sono i canoni più appropriati. Così, nella moda vediamo abiti stravaganti, acconciature eccessive, creazioni attraenti che stanno bene sulle riviste e nelle sfilate. Ma, nella quotidianità, la volontà di esibirsi trova più praticità nel jeans strappato. Sono contraddizioni continue, però è bello vedere tutta questa creatività.

Anche se è poco funzionale?
La creatività oggi è esplosa, si disegna tutto: la camicia, il colletto, la maniglia, in tutto c’è l’attenzione al ben fare. In questo sforzo il rischio è di andare verso la non efficienza. Ho un paio di forbici bellissime ma scomode, per cui uso le vecchie forbici di mia madre, che era sarta: sono normali, non certo belle, ma funzionali. Stiamo andando verso un mondo in cui c’è di tutto ma non sempre si tratta di cose funzionali. Talvolta la giustificazione è la moda: oggi per l’uomo c’è il modello dei pantaloni stretti, che fanno arrabbiare per quanto sono scomodi, ma devi essere alla moda. C’è un’infinità di cose in contraddizione con il valore della funzionalità. Io sono una persona razionale, ma spesso in questo mondo piace di più l’irrazionale, ciò che attira al di là della necessità. L’oggetto esercita spesso una attrattiva irrazionale. ‘Ha una forma, questo boccettino, che… non resisto’, per tornare ai profumi. Anche ragionando su aspetti di funzionalità si creano cose nuove, ma riconosco che la parte irrazionale è importante. Oggi, poi, si va al di là del bello in senso tradizionale.

Il design ha un ruolo in materia di ecoinnovazione?
Il design è importante perché è una disciplina che obbliga a esplorare e studiare ogni parte come fosse un gioiello, l’incontro tra funzione, estetica e normativa. Quando manca questo studio, si creano squilibri. Nelle architetture, per esempio, in passato si puntava spesso all’estetica. Oggi nell’edilizia si è puntato alla funzionalità, ma le facciate dei palazzi difficilmente sono belle. Se si lascia libertà sull’estetica, poi, si vedono tante case di gusto discutibile. Ho lavorato al progetto di una casa in Francia, dove c’è una disciplina molto stringente sul paesaggio. In Italia abbiamo una costa bellissima rovinata da architetture inguardabili: questi sono i risultati di non proteggere dall’inquinamento visivo. E neanche ci rendiamo conto di quanto la presenza delle auto sia pervasiva, fino a privarci della possibilità di osservare la bellezza delle città, con i palazzi, i portoni, le architetture. In tutti gli aspetti della vita ci vuole una maggiore attenzione. Alcune cose sono accettate perché non sappiamo cosa c’è dietro: credo che pochi continuerebbero a mangiare il foie gras se sapessero come viene prodotto. Così succede che, ancora oggi, tante produzioni avvengano in condizioni lavorative inaccettabili: andando in profondità nelle cose ci rendiamo conto che c’è molto da fare. L’ecologia rappresenta un livello in più da approfondire.

Servono più designer coraggiosi o più imprenditori coraggiosi?
La preparazione del designer è importante. L’imprenditore, nel valutare un progetto che gli viene sottoposto, deve pensare se verrà capito, cosa dovrà investire, cosa perderà, ecc. È un vaglio inevitabile. Copiare un prodotto di successo permette di assicurarsi una parte di quel successo; qualcosa di completamente diverso è ovviamente più rischioso. Quando ho disegnato la golf, inizialmente ero stato messo alla porta. Poi è stata prodotta ed è stato un successo. Storicamente, gli architetti di fama venivano reclutati per le grandi opere perché avevano dimostrato un certo tipo di competenza: dare fiducia a chi ha già dimostrato delle capacità può aiutare nella scelta rispetto all’innovazione. L’imprenditore deve essere lungimirante, certo, ma è anche la figura che deve fare i conti. Non sorprende perciò che l’imprenditoria cerchi di esporsi a rischi accuratamente ponderati e, sono sincero, se avessi dovuto essere io a decidere, non so se avrei mandato in produzione tutti i modelli che ho creato. Servono imprenditori coraggiosi e preparati, che sappiano avere la giusta intuizione nel dare fiducia al lavoro creativo. Ho incontrato imprenditori che mi hanno dato fiducia anche quando ho creato vetture avveniristiche, ma anche qui non si può semplificare. Fare una vettura per cui si prevedono un numero limitato di serie è diverso da una pensata per rimanere anni e anni sul mercato.

Cos’è la bellezza per lei?
Per certi aspetti, potrei dire che la bellezza è matematica. Un bel viso è fatto dagli stessi elementi di un viso qualunque, occhi, naso, sopracciglia… Eppure, per una questione di millimetri, non ce n’è uno uguale all’altro. E, ogni tanto, per caso tutti questi punti sono fra loro alla giusta distanza e, misteriosamente, questa magia della proporzione fa un viso incredibilmente attraente: la distanza degli occhi, del mento, la forma dello zigomo. Questo è matematica. D’altra parte il bello è anche educazione, è anche cultura; ci sono persone non belle ma interessantissime e per questo ci sembrano belle. Allora cos’è il bello? È qualcosa di misterioso e magico, di cui non riusciamo a trovare il metro. Persone che non sono belle in senso classico sono molto attraenti. E funziona così un po’ per tutta l’estetica. E se mi chiede quale vettura amo di più, è la Panda. Forse può suonare strano, tra tante vetture prestigiose, ma la Panda…