Innovazione: liberiamola dai laboratori

aloesL’interesse del mercato cosmetico per prodotti e ingredienti innovativi è alto e non sembra trovare flessione, con una vivace attività di ricerca che coinvolge diversi atenei. Portarne i risultati sul mercato è la vera sfida. La nascita di spin off in campo cosmetico dai dipartimenti universitari è una soluzione imprenditoriale che, oltre a sviluppare le applicazioni e il trasferimento tecnologico in questo settore, ha il vantaggio di dare soddisfazione a giovani ricercatori e di migliorare l’occupazione dei laureati. Può rappresentare inoltre un importante tassello di eccellenza che si aggiunge al Made in Italy cosmetico. Ricerca, trasferimento tecnologico e approccio al mercato a colloquio con Alessandro Filippini che, insieme a due colleghi ricercatori, Francesco Carloni e Dario Zanichelli, si è reso protagonista dell’iniziativa imprenditoriale di Phenbiox, di cui è presidente dalla sua fondazione nel 2006. Nata come spin off dal Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali dell’Università di Bologna, oggi è una realtà affermata nella produzione di principi attivi cosmetici di derivazione vegetale.

Cosa ha segnato il suo passaggio da ricercatore a imprenditore?
Dopo la laurea in Chimica Industriale presso l’Università di Bologna, nel 2004, avevo intrapreso l’attività di ricerca presso il Dipartimento di Chimica Industriale e dei Materiali, come ricercatore a contratto, nella valorizzazione degli scarti della filiera agroalimentare, lavorando in diversi modi sui processi di biocatalisi. In seguito, con due colleghi che erano nella mia stessa posizione di ricercatore a contratto, abbiamo deciso di provare a portare sul mercato le tecnologie che avevamo contribuito a sviluppare nonché le competenze che avevamo acquisito in materia di caratterizzazione dei materiali, elettrochimica, enzimologia e biosensoristica. Abbiamo così partecipato al bando Spinner per l’avvio di impresa, presentando un progetto di recupero di sostanze antiossidanti ad alto valore aggiunto dagli scarti dell’industria agroalimentare che è stato approvato e finanziato. Abbiamo così beneficiato di una borsa di studio finalizzata a farci acquisire competenze imprenditoriali; inoltre, il bando comprendeva l’erogazione di consulenze per realizzare il business plan e la messa a punto dei primi prodotti. Tra i potenziali sbocchi per i derivati vegetali innovativi che eravamo in grado di sviluppare, il settore cosmetico ci sembrava il più recettivo. Così corredati, nel 2006 abbiamo avviato Phenbiox.

Filippini
Alessandro Filippini.

Quali sono state le difficoltà iniziali e che tipo di accoglienza avete avuto dal mercato?
I primi anni sono stati piuttosto duri. Nessuno nella nostra compagine aveva agganci nell’industria cosmetica e abbiamo dovuto creare da zero i contatti con potenziali clienti. Siamo partiti chiamando uno per uno i produttori di cosmetici da un elenco reperito su internet, chiedendo di poter presentare i nostri ingredienti innovativi. Non abbiamo trovato un mercato chiuso, anzi, sia in Italia sia all’estero abbiamo raccolto curiosità e interesse. In questa fase una svolta importante è arrivata dai nostri primi distributori, uno in Italia e uno in Germania, che ci hanno indirizzato verso una caratterizzazione dei prodotti che fosse in linea con le esigenze del settore. In quegli anni abbiamo quindi fatto un grande lavoro per connotare i prodotti, per efficacia, stabilità, utilizzi nelle formulazioni, ecc., corredandoli con una documentazione tecnico-scientifica paragonabile se non migliore rispetto a quella dei concorrenti: caratterizzazioni, schede descrittive, test di efficacia in vivo e in vitro, compilazione di un dossier di prodotto quanto più possibile ampio.

Come avete sviluppato nel tempo il portafoglio prodotti per intercettare l’interesse del mercato?
Inizialmente i prodotti si basavano sulla tecnologia della bioliquefazione, brevettata dal Dipartimento di Chimica Industriale, che permette una degradazione controllata di matrici vegetali per ottenere un fitocomplesso a elevata biodisponibilità, interessante per la cosmesi funzionale. In seguito, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Biologia, abbiamo studiato una linea di attivi derivati da cellule staminali opportunamente stimolate per produrre specifici metaboliti di interesse che arricchissero il fitocomplesso. A queste linee tecnologiche abbiamo affiancato una linea low cost di estratti vegetali biologici certificati ottenuti con metodo fisico a base d’acqua, per circa 200 referenze. Nel tempo abbiamo cercato di completare l’offerta di attivi per i diversi usi cosmetici. A livello di strategia a lungo termine stiamo però lavorando per espanderci in altri settori, in primis quello alimentare, in cui stiamo già sviluppando alcune proposte.

Il rapporto con l’Università di Bologna non è mai venuto meno…
Si è anche potenziato. Per la preparazione dei dossier di prodotto, infatti, abbiamo coinvolto diversi laboratori di ricerca dell’Ateneo di Bologna, creando in questi anni un vero e proprio network scientifico. Oltre che con il Dipartimento di Chimica Industriale, lavoriamo con il Dipartimento di Biologia, con il Dipartimento di Farmacologia, ecc.

Quali sono i vantaggi di questa collaborazione?
Collaborando con laboratori di ricerca in diverse discipline abbiamo la possibilità di fondare la nostra offerta su studi scientifici di elevato profilo. Questo significa che, pur essendo una impresa molto piccola, possiamo fare ricerca a un livello che oggi solo le multinazionali potrebbero permettersi, portando reale innovazione sul mercato. Inoltre, diamo un impulso a creare un sistema virtuoso della ricerca applicata e del trasferimento tecnologico, perché le nostre commesse ai gruppi di ricerca universitari contribuiscono a sostenerli economicamente, in una fase in cui gli investimenti pubblici nella ricerca sono ridotti. I risultati di questa collaborazione sono stati riconosciuti anche nell’ambito del Progetto Ruisnet dell’UE, in cui ci siamo classificati fra i primi trenta casi a livello Europeo per le best practices nella collaborazione università-impresa.

Considerando la vostra esperienza, in quali aspetti dovrebbe migliorare in Italia il trasferimento tecnologico in cosmetologia?
A mio avviso la Chimica delle Formulazioni è oggi un argomento trascurato in ambito chimico universitario: i corsi trattano principalmente argomenti più affini alla sintesi chimica. Credo inoltre che per ottimizzare il trasferimento tecnologico da università a impresa debba innescarsi un reciproco avvicinamento, le armi per fare una ricerca industriale ad alto livello le abbiamo già, ogni gruppo di ricerca è una miniera d’informazioni e di tecnologie. Queste competenze troppo spesso rimangono confinate all’interno dei laboratori universitari e non vengono portate sul mercato. Chi conosce il mercato dovrebbe ricercare queste competenze e tradurle in innovazione di prodotto.

Reti per l’innovazione
«Lavorare con una rete di partner, soprattutto gruppi di ricerca universitari, permette di approfondire i diversi aspetti necessari per portare reali innovazioni sul mercato, perché la ricerca cosmetologica richiede un approccio multidisciplinare. Avere in mano prodotti innovativi è oggi una condizione necessaria per proporsi ai mercati internazionali».

Export: elemento obbligato per la strategia commerciale
«Da un punto di vista commerciale abbiamo puntato subito a una distribuzione estera -riporta Alessandro Filippini. -Infatti, da un’analisi della concorrenza, abbiamo osservato che i nostri competitor ad alto livello sviluppano il proprio business a livello globale. Oggi, siamo distribuiti in venti paesi, coprendo tutte le aree più interessanti per il mercato cosmetico, Asia compresa. In generale i mercati esteri sono più difficili da penetrare, in parte per le distanze, ma soprattutto perché è più difficile instaurare quel contatto diretto con il cliente che si è rivelato strategico per consolidare i rapporti in questa filiera. Lavorare bene con i distributori è certamente importante, per questo cerchiamo di essere il più possibile al loro fianco, soprattutto nelle fiere e manifestazioni internazionali di riferimento nei diversi mercati. Tuttavia non bisogna trascurare il contatto diretto con i clienti, sforzandosi di organizzare anche per tramite del distributore visite alle aziende cosmetiche che utilizzano i propri prodotti».

di E.Perani