La fragranza non è solo profumeria alcolica, ma un elemento presente nella maggior parte dei cosmetici, olfattivamente connotati a seconda del tipo di prodotto, del suo posizionamento, del marchio. Tendenze e fattori per una scelta olfattiva vincente. Nella scelta di una fragranza o nella costruzione di una firma olfattiva, trovare il connubio perfetto con il prodotto e con il marchio è la sfida che quotidianamente affronta Marcella Bartoletti con l’attività di Maba – Sense the Magic Happen, la società di consulenza in fragrance strategy da lei fondata nel 2011. Laureata in chimica organica presso l’Università di Milano, dopo una breve esperienza in Procter & Gamble e un periodo in Boehringer Ingelheim, entra in Unilever, dove rimane per diciannove anni lavorando nella ricerca e sviluppo di prodotti Home & Personal Care (HPC). Passa successivamente ai ruoli di Operations Director for HPC prima e poi di Global Fragrance Director, guidando un team internazionale e promuovendo un approccio coordinato e strutturato alla fragranza nell’ambito dello sviluppo di tutti i prodotti HPC in Unilever a livello globale. Marcella è un ‘nasò certificato presso la scuola di profumeria di Givaudan.
Come nasce la sua passione per il mondo olfattivo?
Pur avendo avuto da sempre un’attenzione particolare per gli odori, la vera passione è nata dal contatto con i consumatori, nel periodo in cui in Unilever mi sono occupata di indagini di mercato finalizzate allo sviluppo prodotto. Dialogando con loro e ascoltandone le motivazioni che guidano le scelte dei prodotti sono rimasta colpita e affascinata da quanto le fragranze contribuiscano al legame tra il consumatore e un certo prodotto e il suo marchio, secondo meccanismi di tipo emozionale. Da allora ho concepito in modo diverso il ruolo delle profumazioni e ho lavorato molto, a livello di sviluppo prodotto, per valorizzare questa caratteristica potentissima per il rapporto con il consumatore. Con Maba lavoro su questi aspetti per una clientela nazionale e internazionale in tutte le possibili applicazioni: dal supporto strategico, alla scelta della fragranza per i prodotti di largo consumo o per la profumeria alcolica, alla creazione di firme olfattive che rappresentino in maniera univoca un marchio, molto richieste dalla moda, e altre operazioni di scent marketing.
Qual è il ruolo della fragranza nei prodotti di consumo?
Ogni consumatore ha, nella propria lista della spesa, prodotti per i quali una marca vale l’altra e altri su cui, invece, non accetta compromessi, fino a cambiare punto vendita pur di trovarli. Questa straordinaria affezione al prodotto è data da esperienze sensoriali difficili da razionalizzare, fra cui il profumo è sempre determinante: alcuni studi dimostrano che il ricordo di una emozione olfattiva è tra i più persistenti e duraturi. La parte emozionale sviluppa i nostri gusti e forma le nostre preferenze, confermando o meno una certa scelta iniziale, fino a impedirci di ricadere nell’acquisto di prodotti alternativi. Per questo la scelta della fragranza non dovrebbe mai essere casuale, ma parte della strategia di marketing.
Come fare la scelta giusta?
Bisogna innanzitutto dimenticare le nostre preferenze personali e identificarsi con il naso del consumatore target. È necessario inoltre focalizzare l’elemento emotivo che il prodotto può suscitare: si deve ragionare sul marchio e sul suo significato, sul prodotto e sulla storia che vuole raccontare per trovare gli elementi olfattivi coerenti con queste narrazioni. Facciamo un esempio. La donna Dove e la donna L’Oreal sono completamente diverse: naturale e non artefatta la prima, che interpreta la donna reale nella concretezza quotidiana, una donna perfetta la seconda, ambiziosa, che investe sul proprio valore, incarnata da testimonial famose. Le fragranze di questi due marchi sono molto diverse e per entrambi molto azzeccate, frutto di uno studio mirato alla coerenza del messaggio olfattivo con tutti gli altri aspetti del prodotto. Nel caso della saponetta Dove, la fragranza, seppur evolvendo negli anni, ha mantenuto la sua firma olfattiva originaria risultando ben poco mutata dal 1957: le consumatrici vi si sono identificate e, modificandola, si rischierebbe di perderle. Questo è un livello molto difficile da raggiungere, ma assicura la fidelizzazione del proprio consumatore di riferimento.
Come stanno cambiando i gusti olfattivi dei consumatori?
I trend olfattivi sono diversi a seconda dell’area geografica e della categoria di prodotto. Le diversità tra le eredità socio-culturali, i valori religiosi, le abitudini di consumo e uso dei prodotti, le condizioni climatiche spesso sono all’origine di regionalità molto forti. I gusti dei consumatori sono costantemente in movimento e possono anche cambiare in un arco temporale ristretto. Tuttavia, è possibile individuare tendenze più ampie e stabili: mi piace parlare di meteorologia olfattiva, dove il “temporale” di una moda può sconvolgere temporaneamente il panorama locale, ma in cui è possibile effettuare previsioni più precise basandosi sulla validità di alcune tendenze generali anche in relazione al periodo in cui è programmato il lancio. Per esempio, oggi nei prodotti per la cura del corpo hanno molto successo note gourmand -caffè, cioccolato, vaniglia, mandorle- mentre uno shampoo con una fragranza connotata da note oriental in questa fase rischierebbe di non avere seguito.
È necessario inserire fragranze differenti per ciascun mercato?
Non sempre. La creatività deve essere canalizzata secondo le specifiche ambizioni legate al lancio e la fragranza risultante deve soddisfare le caratteristiche univoche del marchio e il suo posizionamento. Sviluppare un prodotto da proporre in Italia e in Cina può essere una sfida grandissima, ma non impossibile. Quello italiano è un mercato maturo, con precisi gusti circa le profumazioni di base dei prodotti, con una gamma di profumazioni che rispecchiano una cultura e un vissuto personale e/o collettivo -si pensi agli odori dell’area mediterranea o alpina. In Cina, per ragioni legate al periodo storico relativamente recente del comunismo, manca quasi del tutto un’eredità olfattiva rispetto ai prodotti di consumo, che fino a non molti anni fa erano privi di profumazioni e difficilmente reperibili. Il gusto olfattivo per le diverse categorie di prodotto si sta formando adesso, quindi bisogna scegliere con cautela. La sfida va affrontata ricordando la diversa specificità dei vissuti, analizzando le connotazioni regionali nei gusti olfattivi e lavorando sugli elementi comuni per creare una fragranza specifica che possa essere amata nei due paesi.
Lavorando per elementi comuni non si corre il rischio di standardizzare?
No. Partire “con l’obiettivo finale in testa” non significa standardizzare il prodotto ma, anzi, caratterizzarlo attraverso elementi distintivi. È un’operazione laboriosa, ma ben più sicura che riproporre su un mercato estero un prodotto che ha avuto successo nel mercato domestico, perché non è detto che funzioni: ne sono la prova i molti best seller della profumeria alcolica che sui mercati asiatici o sudamericani non sono così apprezzati.
Le tendenze nella profumeria alcolica sono però influenzate anche dal fattore moda e prestigio del marchio…
Sono fattori rilevanti in quei mercati e per quei segmenti di consumatori in cui è forte l’elemento ‘aspirazionale’, quindi il desiderio, il sogno di appartenere al mondo che la fragranza e il suo marchio rappresentano, pagando un prezzo tutto sommato accessibile. Se questo vale per i segmenti più giovani del mercato cinese, per il sud-est asiatico o per la Russia, ha un peso diverso in Brasile e nel resto dell’America Latina, dove le fragranze alcoliche raggiungono vendite fra le più alte al mondo, ma le profumazioni legate alle marche della vendita diretta vengono preferite alle griffe dei canali selettivi. Difficoltà diverse si riscontrano dove il gusto olfattivo ha esigenze culturali raffinate, come in India, o legate a note molto connotanti e polarizzanti, come l’oud in Medio Oriente.
Il mercato della fragranza alcolica vive una fase di fatica nei mercati maturi…
Si tratta di mercati saturi di referenze. Oltre alle difficoltà legate alla crisi, una parte del problema è dovuta ai troppi nuovi lanci. Secondo una stima che comprende la profumeria selettiva, semi-selettiva e di nicchia, sono oltre 2000 le fragranze lanciate sul mercato internazionale nel 2011. Questo disorienta il consumatore. Di fronte a scaffali colmi di nuove marche, varianti, rivisitazioni, flankers, edizioni limitate, la scelta rischia di ricadere sui classici e i top seller, con acquisti che, di fatto, non interpellano il gusto olfattivo e non ne rappresentano l’evoluzione. Il 90% di queste novità infatti tende a scomparire dal mercato già l’anno successivo. In questa confusione si rischia di non migliorare le vendite, di inflazionare lo strumento del lancio e, cosa più grave, di sfilacciare il rapporto con il consumatore, perdendo quel legame emozionale che si crea grazie alla memoria olfattiva, a favore di un legame basato più sulla moda dove più spesso è l’investimento nell’advertising a far la differenza nel breve termine. Inoltre si perdono gli stimoli per creare fragranze davvero straordianarie, che rimarrebbero seppellite nella molteplicità dei lanci tattici, di valore puramente commerciale e senza una vera ricerca olfattiva.
Si sente l’esigenza di una formazione specifica sulla fragranza, in Italia?
Formare persone che sappiano valorizzare il potere della fragranza può fare la differenza in fatto di competitività. Non si tratta di avere nuovi nasi ma di sviluppare competenze di scent management, un know how, che non si acquisisce in corsi di pochi giorni. Investire in una formazione di elevato livello in tal senso è fondamentale.
di E. Perani