Rendere conto della sostenibilità: strumenti per le PMI

Le PMI non hanno obblighi alla rendicontazione di sostenibilità ai sensi del D.Lgs 254/2016, ma sempre più hanno interesse a far conoscere il proprio impegno rispetto ai temi sociali e ambientali. Crescere sul fronte della RSI e della sua rendicontazione è utile perché c’è una forte spinta della società e del legislatore verso la cultura della responsabilità. Avvocato Silvia Batello, presso lo Studio Legale Roedl & Partner Italy, illustra come impostare la rendicontazione di sostenibilità sia non solo uno strumento per descrivere il proprio impegno ma possa costituire la base per sviluppare il percorso di sostenibilità aziendale.

Avv. Silvia Batello

Quali sono gli strumenti più utili alle PMI per rendicontare il proprio impegno nella sostenibilità?
Il bilancio di sostenibilità è un documento che, redatto nella forma che l’impresa ritiene più aderente alle proprie esigenze, permette all’azienda di raccontarsi agli stakeholder, di descrivere ciò che sta facendo ed enunciare i propri obiettivi di sostenibilità. Essendo al contempo frutto di una analisi interna, costituisce un esercizio utile per le PMI, in quanto porta l’impresa a ragionare su se stessa e su dove vuole andare.
Altro strumento interessante e utile per raccontare l’azienda all’esterno è il codice etico, vero e proprio manifesto dei principi ispiratori dell’azienda, con cui questa esprime la propria visione e valori e che può essere assumere, per esempio, la forma di decalogo. Il codice etico può essere utilizzato formalmente nell’ambito della propria catena di fornitura, tramite il richiamo all’interno dei contratti con i propri fornitori, ponendo quindi l’obbligo per questi ultimi di rispettarne i termini e ritenendo inadempiente che venisse meno a quei principi. Non solo belle parole, quindi, ma uno strumento da utilizzare attivamente per cambiare i comportamenti nell’ambito della supply chain.
Sono entrambi strumenti validi e uno non esclude l’altro. Il codice etico è di preparazione più semplice, essendo una carta di principi in cui l’azienda crede. Il bilancio di sostenibilità è invece uno strumento più impegnativo, da redigere con cadenza regolare, che attua una analisi ben precisa del percorso dell’impresa per conseguire obiettivi di sostenibilità e può essere partecipato dagli stakeholder.

Come procedere per redigere il bilancio di sostenibilità e come evitare il greenwashing?
Il greenwashing in questo ambito non conviene, in quanto è un boomerang che rischia di danneggiare seriamente la reputazione dell’impresa. La criticità sta nel definire gli obiettivi, per cui il consiglio, soprattutto all’inizio, è individuarne pochi, ma buoni e raggiungibili. Per essere credibili nei confronti degli stakeholder l’ideale è individuarli con la loro partecipazione. Questo significa stilare un elenco di tutti i portatori di interesse, interni ed esterni, e coinvolgerli fin dalle prime fasi, ciascuno nel modo più consono , ad esempio creando momenti di confronto con i dipendenti sulla vita aziendale, diffondendo ai clienti e ai fornitori un questionario per raccogliere le criticità da essi percepite. In questo modo, attraverso un corretto stakeholder engagement, gli obiettivi saranno prescelti sulla base delle reali aspettative che emergono dal contesto in cui si opera. Non tutto potrà ovviamente trovare risposta da parte dell’azienda, si dovranno individuare gli obiettivi prioritari e tra questi scegliere quali perseguire, contemperando le esigenze dell’impresa e partendo, soprattutto se si è all’inizio, da quelli più semplici da raggiungere e che anno dopo anno potranno essere mantenuti e migliorati, per allargare in seguito ad altri più ambiziosi.

Esistono standard armonizzati per questo tipo di rendicontazione…
Al di là dello schema prescelto, l’aspetto importante è il lavoro a monte di individuazione degli obiettivi e di analisi di quanto svolto per alzare di volta in volta l’asticella in maniera commisurata al contesto e alle possibilità dell’impresa. Ci sono poi diversi schemi per impostare il lavoro, definiti dagli standard internazionali, che possono anche portare alla certificazione di parte terza. Uno schema molto pratico è quello degli standard GRI, che possono fornire una griglia di lavoro ben sperimentata e nota a tutti. Questo non significa che l’impresa, soprattutto se è ai suoi primi bilanci di sostenibilità, debba preoccuparsi di andare alla certificazione, che può essere valutata in un secondo momento in funzione di eventuali obiettivi strategici che la rendano necessaria. La scelta dello schema da seguire è in mano all’impresa, dipenderà da come è organizzata, dalla sua esperienza dei diversi standard ecc. Per esempio la linea guida ISO 26000 può essere considerata più agevole dalle realtà che già hanno conseguito certificazioni ISO e ben conoscono l’impostazione di questi schemi. Il report integrato, finanziario e non finanziario, invece, generalmente redatto sulla base dei principi dell’Integrated Reporting Council (IRC) è un esercizio molto interessante ma piuttosto complesso, che richiede un disegno ben definito a monte su come orientare tutto il business alla sostenibilità e un grande lavoro di squadra per integrare tutte le informazioni dalle diverse funzioni.

Nel dialogo con gli stakeholder c’è il rischio di trascurare gli obiettivi ambientali privilegiando quelli sociali?
La questione ambientale è molto sotto i riflettori dell’opinione pubblica e definita da importantissimi trend internazionali, come le politiche europee, ormai orientate a mitigare l’emergenza climatica e a ridurre gli impatti ambientali e che hanno messo in moto una macchina di incentivi molto articolata. Significativo, per esempio, il Regolamento Tassonomia del 2020, che classifica gli investimenti ecosostenibili secondo criteri ambientali e di neutralità climatica. In virtù di queste misure e di una sensibilità crescente dei consumatori e degli investitori, gli obiettivi ambientali rientrano tra le priorità delle imprese, che nel pianificare i propri programmi di sostenibilità dovrebbero affiancare alla parte sociale una serie di obiettivi ambientali, che possono essere partecipati coinvolgendo ad esempio il terzo settore, come le Onlus ambientaliste.

Saper valorizzare nella comunicazione il bilancio sociale o il codice etico è una criticità per le PMI?
La comunicazione ha la sua importanza, sia in termini di valorizzare il report sui propri canali, sia di scriverlo in modo che sia fruibile al pubblico allargato degli stakeholder pur fornendo informazioni significative. Tuttavia il valore per l’impresa derivato da questo impegno è legato soprattutto a come questi documenti vengono creati: dalla riflessione sui principi fondanti dell’impresa e del suo business e soprattutto dalle relazioni con i propri stakeholder, che rappresentano il contesto in cui l’impresa opera e che devono essere coinvolti tutti, comprese le istituzioni, la comunità locale, fornitori, dipendenti e anche competitor. Questo è il vero valore per l’impresa, che potrà trarre vantaggio in primis dalla qualità delle relazioni instaurate per redigere il bilancio di sostenibilità.