Sebastian Plan (Abstraction Paris): «Così sono diventato profumiere»

Sebastian Plan (Abstraction Paris): «Così sono diventato profumiere»
Sebastian Plan (Abstraction Paris): «Così sono diventato profumiere»
Sebastian Plan (foto di Julie Bricka)

Creato dal profumiere Sebastian Plan, il marchio francese Abstraction Paris ha debuttato a maggio 2022 con una gamma di cinque duetti di fragranze dai nomi evocativi, formulati e ideati dallo stesso Plan e da alcuni suoi amici profumieri: Alexander Lee, Amélie Jacquin, Mylène Alran e Alexandra Carlin.

A Montmartre, Parigi, il marchio si presenta in un atelier esclusivamente dedicato alla propria serie di profumi, una parte dei quali (che verrà resa disponibile a settembre 2023) viene processata con metodi ispirati alla vera tradizione enologica: allo stesso modo in cui i vini vengono invecchiati, le formulazioni vengono infatti conservate in una cantina, in modo che il concentrato di profumo possa maturare come un vino pregiato. Ma cosa ha portato Sebastian Plan a creare Abstraction Paris? Glielo abbiamo chiesto personalmente.

Qual è il tuo primo ricordo olfattivo?
Direi senza dubbio l’odore del cappotto di mia mamma quando ritornava a casa dopo il lavoro. All’epoca, quando avevo circa tre anni, identificavo questo profumo come “il profumo del lavoro”, senza rendermi conto che era in effetti l’odore di un laboratorio di profumi. Questo profumo era onnipresente durante la mia gioventù. Infatti, mia mamma lavorava per il settore delle fragranze di L’Oréal, mentre mia zia è una rappresentante di materie prime utilizzate in profumeria. Durante le riunioni di famiglia si parlava spesso del loro lavoro e dunque fin da molto giovane, magari inconsapevolmente, per me l’idea di lavoro era strettamente associata alla profumeria. Così a 13-14 anni, quando in Francia viene richiesto di trascorrere un periodo di tirocinio all’interno di un’azienda per avere un primo “assaggio” del mondo lavorativo, ebbi la possibilità di lavorare per Charabot (un’azienda che è stata acquistata da Robertet nel 2007) come assistente di un profumiere. Durante il mio primo giorno di lavoro, uscendo dall’ascensore, rimasi colpito dall’odore del laboratorio di profumeria e fui in grado di stabilire la connessione con l’odore che per anni, nella mia infanzia, avevo sentito sul cappotto di mia madre. Fu proprio questo, forse, il momento in cui decisi di voler fare della profumeria il mio lavoro.

Dunque, da quel momento in poi le tue scelte scolastiche e lavorative furono basate su questo obiettivo finale?
Assolutamente si. Decisi di studiare chimica con il fine ultimo di essere ammesso all’ISIPCA (Institut supérieur international du parfum, de la cosmétique et de l’aromatique alimentaire, ndr), dove conclusi il mio percorso nel 2007.

Sapevi fin dall’inizio di voler creare il tuo marchio?
No. Nessuno nella mia famiglia è un imprenditore, non è nella nostra cultura e sono sempre stato felice di lavorare come dipendente. Semplicemente ad un certo punto non riuscivo a trovare abbastanza senso in quello che stavo facendo. Dopo aver lavorato per sei anni da Robertet a Grasse, nel 2014 decisi di accettare un lavoro da Cosmo International Fragrances in Svizzera. Qui passavo le mie giornate dietro ad uno schermo, a lavorare su formule e fragranze per conto del team di marketing. Penso che durante questa esperienza mi mancasse conoscere e avere un contatto diretto con il cliente. Dunque, decisi di licenziarmi senza avere un vero e proprio piano B: non sapevo davvero bene cosa avrei voluto fare, ma sapevo di voler accumulare dell’esperienza all’interno di un’azienda più grande, lavorando su progetti che avrebbero raggiunto più persone. Così, dopo questa esperienza, lavorai per sei mesi in L’Oréal come Fragrance Development Manager. Questa esperienza fu molto diversa da tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento e mi aiutò a comprendere le richieste del mercato, nutrendo la mia curiosità sul funzionamento di un marchio. Nel 2018 decisi di frequentare un Master in Strategia e Gestione del business internazionale presso l’ESSEC di Parigi. Qui ebbi la possibilità di lavorare a diversi progetti con persone con una formazione molto diversa dalla mia, che accettarono sempre ben volentieri la mia ricorrente proposta di porre un ipotetico marchio di profumi quale tema di ognuno di questi progetti. Questo fece sì che, in pratica, alla fine dell’anno avessi già in mano un business plan per un ipotetico marchio di profumi. Semplicemente avevo bisogno di più tempo per elaborare queste idee e convincermi che potessero funzionare realmente. Allo stesso tempo, durante il mio corso, accettai un lavoro part time come commesso per un negozio del marchio Atelier Cologne. Era proprio come se fossi tornato a fare la vita da studente! Penso che questa esperienza sia stata fondamentale per avere un’idea più chiara di ciò che i clienti stavano cercando, di cosa si aspettavano da un marchio, delle loro preferenze. All’epoca non mi rendevo conto che stavo già imparando cosa avrei potuto applicare per il mio progetto futuro, al quale cominciai a lavorare seriamente nel 2020, proprio quando arrivò il lockdown.

Per quanto riguarda la tua esperienza come venditore, quale sarebbe il tuo consiglio per qualcuno che non è esperto nello scegliere il profumo giusto per sé stesso? 
Per me i profumi riguardano le emozioni. Dal mio punto di vista la preferenza per una materia prima piuttosto che per un’altra è più utile quando si sceglie un profumo per la casa, una candela o un bagnoschiuma perché, essendo un odore che ti piace, ti farà sentire a tuo agio. Penso che le materie prime abbiano invece una minore rilevanza quando si tratta di scegliere un profumo da indossare. Ad esempio, potrebbe succedere che alcune materie prime che normalmente non ti piacciono abbiano un effetto sull’intera formula che potrebbe piacerti. Per me un profumo andrebbe annusato, indossato, e analizzato dal punto di vista emotivo.

Essendo il tuo un marchio di nicchia, diresti che i tuoi clienti sono per la maggioranza esperti del settore dei profumi?
Dipende. Per questi primi anni di attività ho deciso di non voler dare troppa importanza all’aspetto della comunicazione legata al marchio, proprio per poter creare una piccola comunità di persone che abbiano qualsiasi tipo di profilo: da quelle che vengono a conoscenza del marchio perché, attirate dall’aspetto del negozio, vi entrano per pura curiosità, a quelle che magari ne hanno sentito parlare per passaparola, fino agli appassionati della profumeria di nicchia. Ad esempio, un’ora fa un uomo che stava aspettando la moglie impegnata nel negozio a fianco è entrato nel negozio, semplicemente spinto dalla curiosità. Inizialmente quasi imbarazzato e preoccupato di rubarmi del tempo, mi ha confidato di non essere assolutamente il tipo di profilo dal background di nicchia, essendo il suo profumo preferito Fahrenheit di Dior. Tuttavia, dopo cinque minuti era completamente coinvolto e impaziente di sentire il prossimo profumo, di ascoltarne la prossima storia e di individuare le emozioni che queste gli suscitavano.

Quale profumo famoso in tutto il mondo vorresti aver creato?
Direi proprio Fahrenheit. Negli anni ’90, quando ancora non conoscevo molto bene l’ambito della profumeria, spesso sceglievo le fragranze in base alle emozioni che mi suscitavano. Fahrenheit di Dior, Minotaure di Paloma Picasso e Cacharel for men, all’epoca innegabilmente distinguibile per i suoi forti sentori di noce moscata (oggi, purtroppo, un po’ meno per via delle regolazioni), erano per me inebrianti. Ti toccavano nel cuore ed erano unici nel loro genere, soprattutto Fahrenheit.

Con i nuovi regolamenti è più difficile lavorare con materie prime di origine naturale?
Ovviamente, per via della loro complessità intrinseca, lavorare con materie prime di origine naturale è più difficile rispetto a lavorare con quelle sintetiche. Tuttavia, molto spesso i fornitori sono molto consapevoli e rispettosi delle attuali restrizioni e regolamentazioni. Per riprendere l’esempio della noce moscata, questa contiene il safrolo, una molecola attualmente soggetta a restrizioni. I fornitori di olio essenziale di noce moscata sono in grado di lavorarlo in modo tale da ridurre la quantità di safrolo a quella accettabile in base alle regolamentazioni. Ovviamente, queste modifiche hanno un impatto olfattivo, ed è proprio il lavoro del profumiere riuscire ad aggirarle per continuare a lavorare con le materie prime di origine naturale.

Quanto è importante utilizzare materie prime naturali?
Per me i profumi sono come il corpo umano: le materie prime di origine sintetica rappresentano le ossa, mentre le materie prime naturali costituirebbero la muscolatura.

Quale futuro vorresti per il tuo brand? 
Ho principalmente due obiettivi. Dal punto di vista della produzione, vorrei poter integrare alcune materie prime chiave per il marchio alle miscele per i profumi della collezione che attualmente compro da Givaudan, Symrise e Mane. Ad esempio, nei due profumi formulati da me personalmente utilizzo una rosa speciale che vorrei poter utilizzare anche negli altri profumi in cui la rosa è presente anche solo in tracce. In questo modo potrei creare una sorta di fil rouge tra tutti i miei prodotti. Dal punto di vista della sostenibilità, vorrei, invece, poter utilizzare solo materie prime provenienti dalla chimica verde o derivate da processi di approvvigionamento sostenibili. Per il momento, i miei prossimi lanci saranno sicuramente i profumi “invecchiati”. In futuro mi piacerebbe sicuramente ampliare la mia gamma di profumi, anche perché ci sono altri amici intimi con cui mi piacerebbe lavorare sul concetto di astrazione. Tuttavia, al momento, penso che aggiungere profumi alla collezione potrebbe rendere il marchio troppo complicato e saturo.