Supporto dei claim e prove di efficacia cosmetica

crushed eyeshadowQuasi un anno è passato dalla pubblicazione del Regolamento 655/2013, più di quattro dall’uscita del Regolamento 1223/2009, entrato completamente in vigore anch’esso un anno fa. Cosa sta cambiando nell’affrontare l’aspetto delle prove a sostegno delle dichiarazioni di prodotto e il concetto di efficacia cosmetica, da parte delle aziende? Lo abbiamo chiesto a Paola Perugini, Coordinatore del Master in Scienze Cosmetologiche dell’Università di Pavia. «Al di là dei criteri stabiliti dal 655/2013 per le dichiarazioni sui prodotti –commenta la ricercatrice, -le aziende sono ancora concentrate nell’adeguamento al Regolamento 1223/2009 che obbliga a dimostrare l’efficacia cosmetica all’interno del PIF. Le aziende si stanno domandando quale tipo di prove produrre».

Paola Perugini - Università di Pavia.
Paola Perugini – Università di Pavia.

Il problema posto dal Regolamento 655/2013, sembra passare al momento in secondo piano rispetto alla priorità di dimostrare l’efficacia cosmetica dei prodotti. «Il grosso problema sta a monte delle prove a supporto dei claim –osserva Perugini, –e riguarda come debbano essere gestiti i protocolli di dimostrazione dell’efficacia, un ambito in cui mancano adeguate linee guida di riferimento. Le proprietà cosmetiche possono essere dimostrate con diversi tipi di valutazioni e apparecchiature, mancano però protocolli condivisi e univoci affinché tutti possano parlare lo stesso linguaggio. Le stesse linee guida per la dimostrazione dell’efficacia redatte da Cosmetics Europe sono molto generali, lasciando ampio spazio all’iniziativa individuale proprio sulle metodiche da utilizzare. Ne conseguono problemi sia per la confrontabilità dei dati sia per stabilire protocolli validi e non contestabili dalle autorità di controllo a livello di ispezione o di contenzioso. Infatti, in assenza di percorsi definiti, la scelta del metodo o dei test per comprovare una certa proprietà può essere messa in discussione sulla base di convinzioni o valutazioni personali dell’ispettore». Per dare un contributo a coprire questo vuoto di linee guida, il Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia sta collaborando con Cosmetica Italia e altri stakeholder proprio per creare protocolli che costituiscano una base minima comune, da proporre ai Gruppi di lavoro della Commissione. «L’assenza di protocolli ufficiali è infatti un problema europeo e sta creando una situazione favorevole a operatori poco corretti o a chi ha maggiori possibilità di gestire e finanziare le contestazioni legali, con svantaggio per le PMI» sottolinea Perugini.
Un’altra difficoltà riguarda l’uso, a volte non corretto, dei test di efficacia eseguiti dai produttori di materie prime come prove definitive per il prodotto finito da inserire nel PIF, prosegue la docente «ma il Regolamento 1223/2009 sottolinea che non è possibile attribuire al prodotto finito le proprietà delle materie prime in assenza di ulteriori indagini, concetto ribadito anche dal 655/2013 per la materia dei claim. Infatti queste prove riguardano le materie prime inserite in una formula di base, così la loro validità non può essere estesa a formulazioni differenti senza ulteriori indagini».

di E. Perani